Intervistato sui quotidiani locali “La Nuova di Venezia e Mestre” e “Il Gazzettino – Venezia”, coach Neven Spahija fa il punto della situazione, partendo dal finale amaro dell’annata 2022/23: “Sono molto addolorato per come sono andati i playoff e, quando si perde così, la responsabilità è dell'allenatore. Non è giusto nascondersi dietro al fatto che ero a Venezia da tre mesi, perché in stagione regolare abbiamo comunque fatto vedere buone cose. Ho capito gli errori, ho parlato con la società e stilato un report sulle mie idee del perché, per due anni di fila, la squadra è uscita al primo turno. Per giocare un basket ad alto livello serve il giusto mix fra giovani e veterani. Avere solo veterani è difficile da gestire, contro Sassari era la prima volta che giocavamo due partite in tre giorni. Nel basket contano rimbalzi, palle vaganti e in quattro gare Sassari ci ha ammazzato”.
L’indicazione per l’anno che verrà è molto chiara: “Serve più atletismo. Dalla prossima stagione vorrei far vedere un basket diverso e qualcosa si è intravisto. Quando hai più corpo e atletismo è più facile. Vogliamo divertire in un Taliercio pieno come nel derby con Treviso".
Spahija ha poi commentato l’arrivo di Lele Molin nello staff tecnico: “Voglio cambiare un po' il modo di lavorare. Molin è fra i migliori allenatori in Italia, intendo allenatori e non assistenti. Conosco la sua carriera, ricordo le sfide da avversari contro lui ed Ettore Messina in Eurolega. Molin è straordinario, eccellente nella parte difensiva".
Dal punto di vista del mercato, confermato quasi totalmente in blocco il gruppo italiani (Spissu, Tessitori, De Nicolao, Brooks, Chillo e il rientrante Davide Casarin)? “I giocatori italiani sono già tutti qui. Sul fronte giovani, l'Adidas Eurocamp di Treviso è una vetrina interessante ma quei prospetti puntano ai palcoscenici Nba ed Eurolega. Noi siamo in terza fila ma presenti. Sono ottimista, so dove dobbiamo migliorare. Poi sarà fondamentale la chimica. Costruire una squadra con talenti non è facile, la scorsa estate l'ha dimostrato”.
“Voglio che la Reyer diventi un fiume, non un lago. Mi spiego. Il mercato è una battaglia e sono fortunato perché ho contatti con agenti che conosco da anni. La Reyer è un club che vuole crescere, con un proprietario importante e ambizioso. I giocatori non devono venire qui per svernare, ma svilupparsi e decidere di restare. Può darsi arrivi qualche elemento affermato ma deve essere giovane e per me significa 26-27 anni”, chiosa Spahija.