Ha voluto appositamente stare lontano dai riflettori per annunciare il suo ritiro dal basket giocato Massimo Chessa, giocatore del Banco di Sardegna Sassari che, a 35 anni e dopo 8 stagioni vissute in Serie A tra Biella e la Dinamo, ha deciso di dire “basta” scegliendo quindi, come il capitano Jack Devecchi, di far calare il sipario sul proprio percorso da cestista professionista.
“Chi lo doveva sapere, gli amici, la famiglia, lo sapeva già. Non ho mai amato interviste, telecamere, mi mettono un po' di tensione, così ho preferito non fare alcuna conferenza stampa e aspettare la fine della stagione perché volevo godermela sino alla fine. Ero davvero emozionato e se fosse durata un po' di più ci sarebbe scappata qualche lacrima” ha dichiarato ad Antonello Palmas su "La Nuova Sardegna" il classe 1988, arrivato a ritirarsi senza alcun rimpianto.
“Rimpianti no, divertito sì, tanto. In 18 anni di carriera ci sono momenti belli e meno belli, non c'è chi ha avuto solo anni positivi. Alcuni sono stati proprio tosti a livello mentale e fisico, ma altri molto appaganti. E meno male, altrimenti non sarei riuscito a fare una carriera così lunga da pro. In campo ho dato tutto quello che avevo, sono contento di aver giocato, aver dato il mio contributo, essermi guadagnato il mio spazio senza infortunarmi come accaduto in altre stagioni. Per me, Devecchi, Gandini, che siamo quelli da più tempo nel gruppo, è stato più semplice mettere a proprio agio gli altri, magari con una pacca sulla spalla, una battuta, un aiuto, consigliando dove andare a mangiare la sera, cercando di essere sempre positivi anche nei momenti di difficoltà, che non è mai facile. Ci alternavano bene in questo”.
Con Devecchi, Chessa ha poi condiviso la gioia e l’onore di aver regalato a Sassari qualcosa di unico come il triplete della stagione 2014/15.
“Sono arrivato l'anno prima a metà stagione vincendo subito la Coppa Italia: bello, ma lì sono tre partite secche, e se ci arrivi nel momento giusto puoi portarla a casa, infatti spesso ci sono sorprese. Ma vincere lo scudetto dopo aver preso Supercoppa e Coppa Italia è davvero impensabile, una gioia incredibile, se penso a cosa abbiamo fatto ancora mi chiedo quanti possano fare un'impresa del genere”.
Prima e dopo quell’annata, Chessa ha giocato nel massimo campionato per tre stagioni a Biella e altre quattro stagioni in Sardegna, oltre ai trascorsi avuti in A2 con Torino, Verona, Trapani, Virtus Roma e Napoli.
“Li reputo tutti importanti. A Biella sono stato 3 anni, crescendo molto dal punto di vista fisico e tecnico. Verona è la città che in sé adoro di più, ma ho avuto un'annata travagliata per gli infortuni e ho giocato male. A Roma sono legatissimo, ci è cresciuto mio figlio nei primi anni, ho fatto un'annata bellissima, ci siano salvati con Piero Bucchi al secondo, al terzo abbiamo vinto il campionato e c'è quindi la soddisfazione di aver riportato la Capitale in Serie A, anche se poi è finita male. Coi tifosi di Sassari ci siamo ritrovati più volte, sono andato a Biella, sono tornato, dopo lo scudetto avevo bisogno di nuove avventure e sono ripartito per poi ritornare ancora. Quest'anno ho dimostrato di saperci stare e dare un contributo. Credo che sia stato apprezzato. Sapevo dall'inizio qual era il mio ruolo e avevo messo anche in preventivo di non fare alcun minuto”.
Parlando di differenze, spesso in campo si è notata quella fisica tra lui, i pari ruolo e in generale la media degli altri giocatori. Chessa però non si è mai dato per vinto e di fronte a questa disparità fisica ha sempre provato a dare il contributo facendo valere altre qualità: “Avevo talento e ho cercato di sopperire in altri modi. Per tanti anni me lo sono detto: se avessi avuto un fisico diverso, se madre natura mi avesse fornito due gambe esplosive come se ne vedono in giro, mi avrebbe aiutato tanto” ha affermato con onestà l’ormai ex numero dieci bianco-blu, pronto a intraprendere un futuro lontano dalla palla a spicchi.
“Ho altro in mente. Un amico che fa l'agente di commercio e ha una sua agenzia mi darà una grossa mano, dovrà fare dei corsi di formazione e dare un esame, L'obiettivo è questo. Sicuramente lo spogliatoio mi mancherà tanto. Per l'adrenalina non so come farò, sono andato giocare a padel questa settimana, è divertente ma non eccitante come un gara di pallacanestro. Ma quando andrò a vedere delle partite la sentirò tornare. Mi capita spesso anche guardando gare di altre squadre e altre categorie” ha rivelato serenamente un Chessa la cui passione per il basket, d’ora in avanti, vivrà anche se non soprattutto attraverso le gesta del figlio: “A mio figlio piace tantissimo, lo pratica 3 volte alla settimana e non vede mai l'ora di andare al palazzetto o assistere a qualsiasi partita. Magari un giorno farà un altro sport, ora va anche a nuotare. Ma non ci vedo lo stesso amore per la palla a spicchi. E anche per me era così”.