“Sono più nervoso oggi che prima di qualsiasi partita abbia mai giocato. Ma sono anche felice”, ha detto Keith Langford prima di andare a centro campo e ricevere la maglia della Hall of Fame dell’Olimpia e la targa speciale preparata per lui. Aveva un discorso stampato nella mente che ha provato a ripetere. Si è inceppato una volta, all’inizio, poi si è bloccato una seconda volta perché il coro “Keith Langford, Keith Langford” non cessava di riempire le volte del Forum. “Dopo il mio primo anno a Milano, era stato un brutto anno per noi, mi chiesero se volessi andarmene. No, risposi, voglio finire quello che abbiamo cominciato e l’abbiamo fatto”, ha raccontato pensando a quello scudetto che mancava da 18 anni e proprio per questo venne accolto come un evento. Per questo la sera del 27 giugno 2014 non ci fu alcuna cerimonia di premiazione, solo tanta gioia, in campo e fuori. Langford ha la medaglia dello scudetto, ma non aveva mai alzato la coppa. L’ha fatto ieri davanti a 12.000 spettatori. “Quando sono venuto a Milano ero già un giocatore affermato, ma solo qui ho fatto il salto di qualità che mi ha portato a diventare… sì a diventare grande”, ha detto. Il fratello giocatore era a bordo campo, gli occhi gonfi; la moglie che l’ha accompagnato da Austin lasciando a casa i due bambini, 10 e 5 anni, ha ripreso tutto con il cellulare, sorridendo tutto il tempo. Bruno Cerella è arrivato a salutarlo. C’era anche lui tra i compagni di squadra. Come Nik Melli: “Nik era un ragazzo ai tempi, era giovane, ora voglio pensare che sia ancora giovane perché se non lo è lui figuriamoci io,” scherzava Keith che ha compiuto 40 anni nel 2023. “Mi manca tutto questo”, ha detto riferendosi al calore del pubblico. “Questo è il motivo per cui giochiamo”, ha finito.