Intervistato da Giulia Arturi su “La Gazzetta dello Sport”, coach Christian ha raccontato di come si sente nella città giuliana e dei mantra della sua squadra: “Mi piace poter chiamare Trieste casa. Io voglio aiutare i ragazzi a volare alto, a puntare al cielo e rimanere in fiducia. Le squadre che vincono sono le più connesse al loro interno. Di passione ne abbiamo tanta. È un gruppo di giocatori di esperienza, che sanno riconoscere i momenti. Avere passione per uno scopo fa la differenza: vogliamo realizzare qualcosa di mai visto e i giocatori lo fanno con spirito competitivo e di squadra. Non lavoriamo solo per vincere la prossima partita, ma per esprimere la migliore versione di noi stessi”.
“Sarei poco saggio, per esempio, a non ascoltare giocatori come Colbey Ross quest'anno o Ariel Filloy fanno scorso. O Jeff Brooks, che è stato allenato dai migliori. Non significa non saper fare il proprio lavoro, ma accogliere degli spunti. Alla fine, ad esempio, vogliamo dare la palla in isolamento a Ross, no? Poca importa come ci si arriva. Le persone di successo sono quelle che pongono le giuste domande e non hanno paura di scoprire le risposte. Fino a che c'è voglia di imparare, siamo sulla buona strada”, prosegue Christian. “Le grandi squadre fanno delle cose che sembrano semplici, ma che sono in realtà molto complesse. Lì si vuole arrivare. Le qualità fuori dagli schemi cambiano le cose: sono la capacità di connettersi l'un l'altro per poter esprimersi al meglio. Vogliamo un ambiente collaborativo e competitivo”.
A Trieste c’è un approccio Data Driven: “Andiamo in profondità nelle analisi. Il mio staff è centrale in questo: prendiamo ogni spunto per migliorare in tutto quello che possiamo. Stiamo vincendo non per caso, ma perché stiamo facendo bene alcune cose. Teniamoci quelle e proviamo a migliorare le altre”.