Di Filippo Stasi
Andrea Zerini, partiamo dall’ultima vittoria ottenuta contro Derthona: conquistata di puro cuore, ruotando in 7 giocatori… Coach Sacripanti l'ha definita un'impresa ancor più valorosa di quella compiuta due settimane fa contro la Virtus Bologna. È il PalaBarbuto che riesce a dare una marcia in più a questa Gevi Napoli, alla terza vittoria consecutiva in casa? Costruire un fortino difficile da espugnare tra le mura del PalaBarbuto è di capitale importanza, specialmente per una neopromossa. L’ultima è stata una vittoria veramente voluta dal gruppo e la dedichiamo a Frank Elegar, che si è infortunato durante il riscaldamento. Siamo riusciti a sopperire alla sua assenza - oltre a quelle di Parks e del neo arrivato Pargo - dimostrando di potercela giocare con tutti, se scendiamo in campo convinti che il lavoro svolto in settimana sia stato buono. Ora siamo tra le sette squadre a quota 6 punti, a metà classifica. C’è rammarico per i punti mancati fuori casa, sia a Reggio Emilia che a Trieste non siamo andati lontani dal successo… Ma per fortuna in casa nostra, forti del sostegno dei nostri straordinari tifosi, finora ci stiamo battuti bene.
38 minuti in campo per te contro Derthona, hai giocato quasi tutta la gara riuscendo a non commettere neanche un solo fallo. Una statistica curiosa questa, perché hai difeso come di consueto con energia e generosità, aiutando i compagni. Velicka si è preso la scena con 26 punti segnati, ma l'unsung hero sei stato tu: gladiatorio in campo, ma ci vuole anche tecnica difensiva per gestirsi così bene nell’arco dell’intera gara... Sono rimasto sorpreso anch’io quando ho notato di aver terminato la partita con zero falli commessi, di solito qualche irregolarità ci scappa tra i vari contatti di gioco che un lungo deve sostenere. Sapevo di dovermi in qualche modo gestire per via delle rotazioni ridotte e di dover dosare con oculatezza l’aggressività agonistica che sono solito mettere in campo, talvolta anche in maniera eccessiva. Sono stato più concentrato e accorto nell’evitare contatti veniali, soprattutto all’inizio del match, per non condizionare la mia partita sin da subito. Ma per il resto sento di aver giocato come al solito, non facendo mancare presenza, sostanza e lavoro sporco sotto canestro.
Coach Sacripanti è un allenatore che avevi già avuto modo di conoscere nel tuo trascorso ad Avellino, tra il 2016 e il 2018. Ci racconti cosa lo ha reso uno degli allenatori più navigati del nostro basket? Coach Pino Sacripanti è un fine conoscitore di pallacanestro e la sua esperienza ultraventennale al massimo livello, su diverse panchine d’Italia, già parla da sé. È un allenatore che crede tantissimo nella bontà del lavoro da svolgere in settimana, che si prepara con metodo, studiando l’avversario di turno ed è poi bravo a trasferirci quali sono i dettagli sui quali lavorare maggiormente in allenamento per arrivare pronti alla partita del weekend. Sa leggere bene le situazioni che andremo ad affrontare in partita e questo aspetto è fondamentale per noi, che non siamo certo la squadra più talentuosa del campionato. Più abbiamo chiaro cosa serve fare in campo, più chance abbiamo di fare risultato. Un condottiero come coach Sacripanti è un valore aggiunto per Napoli e non sono io a dirlo: dal suo arrivo il Club ha raccolto tanto, riuscendo a tornare nella massima serie 13 anni dopo l’ultima stagione.
Nel corso della tua carriera, hai vissuto in diverse città italiane, lasciando ottimi ricordi ovunque. Brindisi, Avellino, Brescia e ora Napoli... Che significato hanno per te queste piazze e con quali compagni hai avuto modo di legare maggiormente? Innanzitutto mi fa piacere sentire - ogni volta che faccio ritorno in posti dove ho giocato in passato - l’affetto dai miei ex tifosi. Ricevere il loro apprezzamento nei miei confronti è una soddisfazione che mi fa capire che sto svolgendo bene il mio lavoro. Brindisi ha rappresentato la mia prima esperienza ad alti livelli: conservo ricordi indimenticabili, come la Coppa Italia vinta in Serie A2 e la promozione in A1. Nel corso dei cinque anni in Puglia ho peraltro vestito i colori della Nazionale e sono stato compagno di un giocatore - toscano come me - che l’Azzurro l’ha vissuto molto più del sottoscritto: Massimo Bulleri. Arrivò a Brindisi al tramonto della sua carriera, mettendo a disposizione di tutti la sua enorme esperienza. Penso di aver imparato tanto dal Bullo, oltre ad essermi divertito un mondo con lui durante le trasferte, essendo stato suo compagno di stanza. Ma ci sono molti altri ragazzi coi quali ho stretto un bel legame extra campo: domenica ad esempio ho rivisto Ariel Filloy, col quale ho giocato ad Avellino. L’ho maledetto in tutte le lingue perché non sbagliava mai! Le ha provate tutte per soffiarci la vittoria (ride, ndr). Dopo Brindisi, appunto, ho fatto un passo in avanti arrivando a giocare una semifinale scudetto con Avellino nel 2017, persa contro Venezia, di lì a poco Campione d’Italia. E nel 2018 sempre la Reyer, ‘bestia nera’ della Scandone in quel biennio, ci ha battuto pure in finale della FIBA Europe Cup. Nei due anni seguenti a Brescia ho potuto disputare l’Eurocup e solo l’emergenza Covid-19, purtroppo, ha stroncato una stagione (2019-20) che fino a quel punto era stata magica, considerando che eravamo terzi in Serie A e alle Top 16 in Eurocup. La stagione seguente sono ripartito dalla A2 con Napoli, convinto dal progetto tecnico di coach Sacripanti. Direi che è stata la scelta giusta, sono felice qui.
Sui social sei molto attivo: dallo scorso anno hai un canale Twitch dove, tra le altre cose, parli di pallacanestro nella trasmissione Little Talks. E poi usi hashtag davvero singolari, come #DajeChicco e #Spongebob... Hai voglia di svelarci gli aneddoti che si celano dietro questi due # ricorrenti nei tuoi post? Ah ah, certo! Nascono entrambi negli anni trascorsi a Brindisi. #DajeChicco nasce da un’espressione che utilizzava Marco Sist, che tutt’oggi è preparatore atletico della Happy Casa. Per spronarmi in sala pesi quando mi vedeva titubante a iniziare a lavorare, mi urlava proprio “Daje Chicco, daje!” con il suo accento molto marcato, essendo di Aprilia. Mi ha sempre fatto ridere e mi è rimasto, lo continuo a inserire nei post come sprone a dare sempre il massimo. #Spongebob nasce invece da un compagno di squadra sempre degli anni di Brindisi che ogni volta, finito allenamento, dopo essersi fatto la doccia, si rivestiva immediatamente senza asciugarsi! Pensavamo fosse una spugna, da lì il nomignolo… Mentre Little Talks è una trasmissione che assieme a due miei storici amici di Firenze stiamo cercando di proporre per parlare soprattutto di NBA. Ne siamo appassionati e abbiamo pensato di condividere le nostre considerazioni con altre persone. Chi vincerà l’anello quest’anno? Le favorite d’obbligo sono Milwaukee, Brooklyn e anche i Lakers, sebbene non stiano certo brillando. Sono curioso di capire se Golden State tornerà competitiva nella corsa al titolo, mentre come sorpresa stagionale dico Chicago, la squadra che mi intriga di più.