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Courtside NBA - Chi sale e chi scende nella settimana

Uno sguardo alla situazione oltreoceano

Courtside NBA - Chi sale e chi scende nella settimana

Superata la trade deadline con i clamorosi scambi delle ultime ore che hanno rivoluzionato i roster di diverse squadre, su tutte Nets e Sixers che guardano con rinnovate ambizioni al resto della stagione e alla post-season, è tempo di rituffarci nel basket giocato per scoprire chi sale e chi scende nell’ultima settimana NBA.

Chi sale: Phoenix Suns – Miami Heat

Phoenix Suns: la sinfonia egregiamente orchestrata da Chris Paul (terzo attacco e terza difesa NBA, ma miglior Net Rating che misura la differenza proprio tra i primi due indici con +8.3) può vantare oggi il primo record della lega (46-10) con un margine più che rassicurante su Golden State e anche sulle capofila della Eastern Conference, dettaglio da non sottovalutare dal momento che oggi Phoenix godrebbe del fattore campo fino alle Finals. Da inizio 2022 a oggi le vittorie sono 19, a fronte di sole 2 sconfitte, e limitando il discorso all’ultima settimana la squadra allenata da Monty Williams ha inanellato successi contro 3 delle migliori squadre NBA come Chicago Bulls, Philadelphia 76ers e Milwaukee Bucks, oltre all’ultima W ottenuta nella notte contro gli Orlando Magic. Nelle ultime ore di mercato sono anche arrivati due giocatori che allungheranno ulteriormente le rotazioni come Torrey Craig e Aaron Holiday, ai quali spetterà il compito di portare energia in difesa e concedere più minuti di riposo ai titolari, su tutti Chris Paul, Devin Booker e Mikal Bridges, consentendo loro di iniziare a gestire le energie in ottica post-season. Il backup di DeAndre Ayton esisteva già e si chiama JaVale McGee, al quale la dirigenza ha aggiunto con una firma d’emergenza rivelatasi poi estremamente fruttuosa l’ex Hornets Bismack Biyombo, che si è sempre fatto trovare pronto quando chiamato in causa, risultando complemento funzionale al pick and roll con CP3 e una presenza difensiva utile nei minuti di qualità offerti. Phoenix oggi può quindi gestire un roster ancora più profondo e che gira a meraviglia in un basket che produce 26.8 assist a partita (quinta squadra in NBA) e si sta dimostrando evoluzione sia di quanto già visto un anno fa che dei progressi mostrati nella bolla di Orlando, vero spartiacque culturale di un roster cresciuto nell’allora giovane star del team e oggi conclamata stella della lega come Devin Booker, e nella dimensione offensiva e soprattutto difensiva di Bridges e Ayton, pilastri di una squadra che costruisce le sue fortune nella propria metà campo e con un attacco bilanciato (dai 7.4 punti di Shamet ai 25.5 di Booker ci sono 10 giocatori regolarmente nelle rotazioni, ai quali si sono aggiunti Craig e Holiday subito di impatto nella notte con 14 e 10 punti segnati contro i Magic). Nella Western Conference con meno certezze di sempre vista la discesa verticale dei Lakers di LeBron James e i problemi di infortuni di potenziali contender come Los Angeles Clippers e Denver Nuggets, l’obiettivo del team dell’Arizona può e deve essere almeno quello di bissare il risultato dello scorso anno ovvero le Finals NBA. Il record parla chiaro e accumulato un margine rassicurante sulle inseguitrici, il riposo che Williams offrirà alle sue superstar potrà essere un fattore quando da aprile in poi, oltre ai valori in campo, conterà tanto la benzina rimasta.

Miami Heat: Nel selvaggio Est con molte meno sicurezze della Western Conference, il momento estremamente positivo di Miami, 5 vittorie consecutive e 7 delle ultime 10, successi in settimana arrivati contro Hornets, Wizards, Pelicans e Nets, coincide coi recuperi in pianta stabile dei giocatori che negli ultimi due mesi avevano consentito coi loro infortuni di lanciare con decisione in campo gli undrafted e gregari di lusso di casa Heat, guidati dal terzetto Gabe Vincent, Max Struss e Omer Yurtseven. Parliamo ovviamente di Kyle Lowry e Bam Adebayo, il cui rientro ha dato ulteriore energia a un roster dalle caratteristiche spiccatamente difensive e che proprio dalla propria metà campo cerca la molla per costruire in transizione e situazioni di early offense i suoi vantaggi. Il tutto nell’attesa di poter inserire quel Victor Oladipo che potrebbe rappresentare un’ulteriore freccia in attacco nonché il giocatore con Lowry e Herro in grado di risolvere situazioni di giochi spezzati e di impasse offensiva (l’assenza di altri creatori di gioco è un limite evidente di questogruppo). Nel frattempo, Miami sperimenta e inventa rotazioni che da situazioni di emergenza finiscono con il dare a coach Spoelstra sempre più elementi su cui contare, concedendo agli starters il giusto riposo e provando a preservare al massimo il core con cui la franchigia della Florida punta senza mezzi termini a inserirsi tra le papabili contender. L’aggiunta di PJ Tucker, in assoluto una delle migliori firme della off-season, unita a quella di Kyle Lowry, ha dato a una squadra già forte di una ben precisa identità in difesa un upgrade (oggi Miami è prima per sfondamenti subiti a partita con 1.42 e ai piani alti di tutte le altre metriche relative alle hustle stats) che rende gli Heat minaccia da evitare per tutte le rivali nella corsa alle Finals. Ancora una volta, la sagacia sul mercato unita a un players development e a uno scouting minuzioso che parte della mente del leggendario Pat Riley, ha creato il giusto mix di star, veterani, role players e gregari di lusso che affidati alle sapienti mani di Erik Spoelstra si sono issati al vertice dell’Est e non sembrano intenzionati ad arretrare di un centimetro. Con Miami si faranno i conti fino alla fine.

Chi scende: Washington Wizards – New York Knicks

Washington Wizards: Cosa succede se la squadra reduce dalla miglior partenza in regular season della storia della franchigia inizia a perdere partite su partite fino a sprofondare all’undicesimo posto della Eastern Conference (dopo averla guidata) vedendo nel contempo la propria superstar andare ai box e dover quasi certamente rinunciare a giocare fino al prossimo anno? Ovviamente, come sempre in questi casi, si entra in panic-mode. E il panico, in casa Wizards, ha portato all’unico epilogo possibile per un roster che inizialmente appariva come profondo e ben assortito salvo entrare in una spirale negativa che ne ha messo a nudo i vuoti in termini di complementarità tra giocatori e lacune tecniche: le trade. Via Montrezl Harrell in direzione Charlotte Hornets, ma soprattutto via Spencer Dinwiddie e Davis Bertans per fare posto alla possibile nuova spalla di Bradley Beal (il cui contratto in scadenza 2023 va in qualche modo esteso convincendo il giocatore con un progetto tecnico di un certo tipo) ovvero Kristaps Porzingis, in uscita dai Mavericks e reduce dai soliti problemi fisici che ne hanno limitato, come da tempo a questa parte, l’utilizzo. La voglia di rivalsa del lettone però, unita ad un ruolo che sarà evidentemente più centrale e si spera in maggior sintonia con gli altri senatori del gruppo (è rumors più volte rilanciato quello di un feeling scarso in quel di Dallas con Luka Doncic) è la grande scommessa di casa Wizards, che rinunciano quindi al discontinuo Dinwiddie e al mai bocciato Bertans, giocatore diventato lontano parente di quello ammirato a San Antonio e nel primo anno in Capitale che gli aveva fatto meritare il lungo e remunerativo contratto di cui è titolare per i prossimi 4 anni. Le sconfitte dell’ultima settimana quindi, arrivate contro Kings, Suns e Heat e intervallate dalla vittoria contro i Nets, passano in secondo piano se la franchigia ha effettivamente optato per una ricostruzione che in qualche modo convinca Beal a rinnovare la fiducia al progetto tecnico. Un progetto che potrebbe comunque ricavare nuova linfa in caso di qualificazione al torneo play-in (oggi il decimo posto degli Hawks resta distante appena una partita e l’impressione è che gli ultimi posti saranno assegnati solo nelle ultime partite) e che a questo punto si prepara a dare carta bianca a Porzingis e a Kyle Kuzma, unica vera nota lieta di stagione. Non è tantissimo, ma aver posticipato a lungo questa piccola rivoluzione portava con sé il rischio di arrivare ad un vicolo cieco. Esattamente il limbo in cui oggi si trova Washington. Serviranno pazienza e idee, oltre a un atto di fiducia di Beal senza il quale ricostruire sarebbe ancora più difficile.

New York Knicks: I Knicks erano tra le squadre date per potenzialmente più attive nelle ultime ore di trade deadline, interessati a scambiare non solo pedine ai margini del roster (su tutti quel Cam Reddish acquistato poche settimane prima dagli Hawks in cambio di Kevin Knox ma usato col contagocce e a quanto pare non apprezzato da coach Tom Thibodeau) ma anche giocatori attualmente titolari come Kemba Walker e Evan Fournier. E se le due più importanti firme estive della franchigia diventano asset da offrire sul mercato dopo appena 3 mesi di stagione regolare e poco più di 50 partite, è evidente che a New York qualcuno abbia implicitamente ammesso il fallimento della strategia di rafforzamento dell’ultima off-season, in cui l’obiettivo dichiarato era quello di aggiungere imprevedibilità e dimensione perimetrale a una squadra troppo dipendente dagli isolamenti di Julius Randle e in cerca di maggior respiro offensivo dopo le difficoltà emerse nei Playoffs contro Atlanta. A guardare il poco onorevole 25esimo offensive rating della squadra, si può dire senza timore di essere smentiti che il mercato non sia riuscito quindi a migliorare questi Knicks, alle prese con i problemi di un gruppo che viaggia su correnti alternate quando si parla di starters (finora disastrosi e non ingannino le ultime 5 partite di un Randle insolitamente nervoso e in aperto conflitto con compagni, staff tecnico e anche tifosi) e second-unit (tra le pochissime note liete di stagione nel continuo apporto di energia dei vari Toppin, Quickley, Grimes). New York ha perso 8 delle ultime 10 partite e attualmente più che il record, dato che il decimo posto resta ancora a portata di mano e distante appena 2 gare, a preoccupare è l’umore di una squadra con due titolari consapevoli di essere stati piazzati sul mercato in attesa del miglior offerente, una stella sempre più nervosa e lontana parente del Most Improved Player 2021, e reduce anche dalla umiliante sconfitta contro i mediocri Trail Blazers ormai privi di stelle e votati alla ricostruzione, giunta dopo essere stati in vantaggio di 23 punti e bruciando il secondo maggior margine di punti delle ultime 25 stagioni. Tutto quello che sarebbe servito a ridosso della trade deadline non è arrivato e oggi l’appiattimento in casa Knicks rischia di far ripiombare la squadra nelle insicurezze dell’era pre-Thibodeau, la cui panchina sembra subire i primi scricchiolii dopo le gioie di appena un anno fa. In questo, le pressioni di un ambiente che sa infiammarsi e deprimersi nel giro di poche settimane non aiutano. Tempi bui nella Grande Mela.

 

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