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LBA Longform - I 26 anni di Diego Flaccadori tra Monaco e Trento: “Lavoriamo per vincere il più possibile. Trinchieri fondamentale per me”

La guardia ha cambiato in corsa la sua mano tiratrice, ma mai il suo obiettivo

LBA Longform - I 26 anni di Diego Flaccadori tra Monaco e Trento: “Lavoriamo per vincere il più possibile. Trinchieri fondamentale per me”

di Cesare Milanti

27 aprile 2020. Sono trascorsi circa 50 giorni dallo scoppio della pandemia in Europa, con tutto ciò che ne consegue: lockdown, limitazioni, coprifuoco, mascherine. Tante novità nelle nostre vite, una routine quotidiana sconvolta dall’arrivo di una minaccia tangibile, ma invisibile. Tra di esse, l’interruzione gioco forza dello sport, pallacanestro inclusa. In Germania, però, si decide di ripartire, per primi: avviene nel calcio e avviene nel basket, con lo studio e l’approvazione di un modello simile a quello che sarebbe stato applicato dalla NBA a Disney World a fine luglio.

Si opta per una nuova formula a 10 squadre: vengono scelte le migliori nove della regular season fino allo stop temporaneo del campionato più gli Skyliners Frankfurt. Due gironi da cinque squadre ciascuno, con tutte le partite disputate all’Audi Dome di Monaco di Baviera, la casa dei campioni di Germania allenati da Oliver Kostić, subentrato dopo l’esonero di Dejan Radonjić. Si comincia il 6 giugno, ma per i bavaresi non è il più incoraggiante degli inizi: sconfitta 85-95 contro il Ratiopharm Ulm, che all’epoca vantava a roster l’ex Milano e Trieste Zoran Dragic e l’ex Brindisi Derek Willis.

Serve una svolta già dalla partita successiva, quella contro la parziale terza forza del campionato, il Crailsheim Merlins. La riscossa avviene, grazie a delle ottime prestazioni di Mathias Lessort, Vladimir Lucic e Maodo Lo. In questa sede, però, non ci occuperemo di quel percorso dei bavaresi, che finirà appena dopo la fase a gironi, contro il Riesen Ludwigsburg. Quella vittoria 79-110 nella seconda partita di questo atipico torneo conta in particolare per un giocatore che ha scritto il passato recente (e il presente) della LBA.

Sul 33-49 per gli ospiti - padroni di casa per quest’occasione, visto il parquet dove si gioca -, Diego Flaccadori va in lunetta e converte entrambi i tiri liberi. A cinque minuti dal termine della gara, poi, infila una tripla dall’angolo dopo uno scarico di Lessort. Tutto normale, se non fosse che sia a tempo fermo che per questa conclusione dall’arco, il numero 12 ha tirato con la mano destra. Da quando ha iniziato a palleggiare in giovanissima età a Bergamo, ha sempre usato la sinistra. Sempre. Una scelta alquanto curiosa, che ha portato il nativo di Seriate a una nuova fase della sua carriera.

Prima di ispezionare l’oggi di Flaccadori, è però necessario dare un’occhiata al suo ieri. Nato nella provincia bergamasca, il suo avvicinamento al basket inizia grazie a un altro appassionato cestistico in famiglia: “Un giorno mio nonno mi ha portato a vedere una partita del Celana Basket, la squadra che militava in A2 in quegli anni a Bergamo: quel giorno ho deciso che avrei iniziato a giocare a pallacanestro”. Insomma, un colpo di fulmine, interiorizzato e sviluppato nel corso dell’infanzia e dell’adolescenza, sempre rimanendo a portata di mano - riferimento non voluto ma particolarmente azzeccato -, vicino a casa, all’Excelsior prima e al BluOrobica dopo: “Il mio percorso nelle giovanili è stato stupendo, i miei migliori amici arrivano da quel periodo. Sicuramente, perché no, un giorno sarebbe bello giocare per la squadra della mia città. In questo momento c’è un bel progetto a Bergamo, però è ancora presto per parlarne”.

Nel frattempo, il suo nome inizia a circolare abbastanza da farlo catapultare nel giro delle Nazionale giovanili. L’esordio arriva con un paio di punti in un’amichevole datata 20 luglio 2011 contro la Francia, nell’U15; da lì in poi tante esperienze in U16, U18, U19 e U20, fino a quella che sarebbe stata la chiamata della Nazionale maggiore, il 23 febbraio 2018 contro l’Olanda: “Il percorso con le Nazionali giovanili mi ha arricchito tantissimo, facendomi vivere esperienze fortissime. L’esordio con la Nazionale maggiore nel 2018 è stato uno dei momenti chiave nella mia carriera: il mio sogno è quello di disputare un’Olimpiade, come qualsiasi atleta nel mondo dello sport”.

Un paio d’anni dopo aver indossato per la prima volta l’azzurro, arriva la prima grande occasione a livello professionistico. Adriano Vertemati - che avrebbe ritrovato nello staff tecnico di Andrea Trinchieri a Monaco di Baviera - vuole dargli una chance nella sua Treviglio, in Serie A2 Silver. In spogliatoio trova Novar Gadson, Tommaso Marino, un giovane Raphael Gaspardo ed Emanuele Rossi, leader carismatico di quel gruppo: “La mia esperienza tra i professionisti a Treviglio è stato un anno che mi ha fatto percorrere una transizione tra il mondo dei giovani e dei professionisti. Avere in squadra giocatori come Emanuele Rossi, che è stato una pedina fondamentale sia per la squadra che per me, per crescere e diventare uomo, è il ricordo più bello che ho. Il bellissimo gruppo che si è creato in quell’anno, divertendoci ogni giorno in palestra”. Anche in questo caso, però, il cordone ombelicale rimane saldo: da Seriate a Treviglio è una mezz’oretta di macchina. Serve uno strappo per far sbocciare il talento di Diego Flaccadori, facendolo maturare. Serve aria nuova, quella di montagna.

Fondata nel 1995 dalla fusione di due piccole realtà cestistiche avvolte dalle montagne, la Dolomiti Sport B.C. Trento e la Pallacanestro Villazzano, l’Aquila Basket Trento si è trovata in C2 quando Diego Flaccadori aveva circa quattro anni. Nel 2013/2014, a qualche anno ed esperienza di distanza, il gruppo allenato da Maurizio Buscaglia e che contava nelle sue fila Davide Pascolo, Toto Forray - in Trentino dal 2011, quando la società militava in Serie A Dilettanti -, Filippo Baldi Rossi e Brandon Triche spazza via l’Orlandina Basket di Gianmarco Pozzecco, con Matteo Soragna e Gianluca Basile sul viale del tramonto, oltre a Dominique Archie e Keddric Mays in gran spolvero.

È una storica promozione in Serie A per i bianconeri, che in estate aggiungono nuovi elementi, già pronti e da svezzare. Se tra i primi ci sono Tony Mitchell - che in quella stagione dominerà il campionato con 20.1 punti a partita e il titolo di MVP della regular season -, Josh Owens e Jamarr Sanders, nel secondo gruppo c’è sicuramente Diego Flaccadori, che disputa pochi minuti in uscita dalla panchina nel 2014/2015. Quando è chiamato in causa, però, c’è: lo dimostrano i 10 punti in 20 minuti contro la Sidigas Avellino di Frank Vitucci, Adam Hanga e Adrian Banks.

Il primo approccio con la Serie A è di quelli tosti ma soddisfacenti: l’annata si conclude con un quarto posto in regular season e una sconfitta ai quarti di finale contro la Dinamo Sassari del Triplete. Soprattutto, Diego si trova a suo agio anche fuori dal campo: “Trento è una delle città più belle d’Italia. Si vive benissimo e fin dal primo giorno mi sono trovato molto bene: ho legato tantissime amicizie, ho tante persone fuori dal campo con cui passo le mie giornate e le mie esperienze. Credo che il rapporto che ho, oltre che con i miei amici, con tutta la città e i tifosi è di rispetto reciproco che fa sì che possa veramente sentirmi un giocatore amato. Mi hanno sempre trattato e fatto sentire uno di loro”. Trento che, facendo un piccolo flash forward, è anche il luogo in cui Flaccadori ha aperto anche un paio di attività imprenditoriali, tra B&B e paninoteca. Segno che la lungimiranza fa parte del suo corredo non solo cestistico: “È ancora molto presto per pensare al futuro, ma cerco di avere più vie possibili una volta smesso di giocare. In questo momento non saprei se mi piacerebbe fare ancora parte del mondo della pallacanestro, ma è uno sport che amo follemente e quindi, molto probabilmente, potrebbe essere. Allo stesso tempo, ho anche tanti altri interessi: i due percorsi che ho fuori dal campo mi danno soddisfazione, quindi una volta smesso credo che bisognerà essere un tuttofare”. Ma torniamo al passato.

Un passato fatto di momenti altissimi, come il cammino fino alle semifinali di Eurocup 2015/2016, con dei quarti di finale contro la “retrocessa” dall’Eurolega Olimpia Milano in cui l’Aquila ha spiccato il volo, ma anche di grandi successi dal retrogusto amaro. La Trento che tra 2017 e 2018 arriva in Finale Scudetto, infatti, è una squadra che per due annate consecutive sbatte contro dei gruppi più organizzati e ricchi di talento: la Reyer Venezia di Marquez Haynes e l’Olimpia Milano di Andrew Goudelock.

Anche Diego - il cui pianto a dirotto al termine del confronto con i lagunari ha rappresentato un highlight significativo del cammino di Trento -, infatti, vede queste due serie come una medaglia a due facce: “I momenti migliori di quegli anni sono le due Finali Scudetto contro Venezia e Milano, con le ultime partite di quelle serie che sono state però i momenti peggiori, perché per quanto siano state bellissime da raggiungere hanno fatto male. La seconda, purtroppo, non ho avuto l’occasione di giocarla per l’operazione al cuore ma penso che in quella stagione si sia vista la squadra più forte che c’è stata a Trento”. Un gruppo in cui, per fare qualche nome, c’erano il rientrante Dominique Sutton e il dominatore sotto canestro Dustin Hogue, oltre a Bétinho Gomes. Tutti compagni di squadra che hanno reso Diego Flaccadori un giocatore migliore, e viceversa.

Le sue parole dolci come una mela appena caduta dall’albero, però, sono tutte per altri tre elementi che hanno scritto la Storia con l’iniziale maiuscola al PalaTrento: “Toto Forray e Aaron Craft sono stati due giocatori molto importanti per la società e per la mia crescita personale, ma non dimenticherei assolutamente Shavon Shields, che è stato il giocatore con cui condividevo il ruolo: in allenamento c’era una sfida continua tra noi due per provare a spingersi a un livello successivo”. Senza dimenticare chi ha puntato su di lui fin dall’inizio, plasmandolo per renderlo uno degli italiani più ricercati del campionato di LBA: “Buscaglia è stato uno degli allenatori più importanti per me, perché è stato quello che ha avuto il coraggio di prendermi a 17/18 anni, consentendomi di farmi fare un progetto importante e lungo cinque anni. Una crescita anno per anno che è andata pari passo con le nostre speranze e aspettative. Il consiglio più importante che ho avuto da Maurizio è stato quello di essere sempre me stesso, senza cercare di essere un giocatore diverso”.

Ad intervallare l’attuale esperienza a Trento da quei cinque anni consecutivi trascorsi sotto le Dolomiti, c’è un’avventura che tanti altri italiani hanno tentato: un’esperienza in un campionato estero, la Bundesliga, che lui definisce con “un livello di fisicità e pressione difensiva maggiore, mentre in Italia c’è più talento e qualità individuale”. Dopo Nicolò Melli e Daniel Hackett al Bamberg e prima di Simone Fontecchio all’ALBA Berlino e Michele Vitali (sempre al Bamberg), Diego Flaccadori risponde in maniera affermativa alla chiamata di Daniele Baiesi, che lo convince ad unirsi a un roster ricco di giocatori del calibro di Petteri Koponen, Vladimir Lucic, Greg Monroe, Mathias Lessort e Maodo Lo, tra gli altri: “La decisione di andare al Bayern Monaco è stata molto semplice: avevo voglia di mettermi in gioco a un livello superiore e di provare una sfida, andando fuori dall’Italia giocando da straniero. Quando hai la possibilità di andare a far parte di un roster di quel calibro non ci pensi molto. Non ho dovuto ragionarci più di tanto”.

La stagione, come anticipato in precedenza, si interrompe per l’avvento della pandemia, con Diego che non perde un secondo del suo tempo in quarantena per provare l’impossibile: cambiare mano di tiro. Ci riesce grazie all’aiuto con il Player Development Coach dei bavaresi Emilio Kovacic, con gli ottimi risultati che si sono visti a partire dal ritorno alle attività. L’anno successivo è un ulteriore step nel suo processo di crescita, con l’arrivo di un nuovo allenatore fidato in panchina e un nuovo cambiamento nel suo gioco: “Trinchieri è stato fondamentale, perché mi ha fatto fare il cambiamento più importante della mia carriera, ossia quello di diventare playmaker: mi ha fatto capire che, per provare a rimanere a un livello alto come l’Eurolega, avevo la necessità di cambiare ruolo. Quando un allenatore del genere ti dà un consiglio simile ti fidi, e mi sono fidato ciecamente iniziando con lui questo percorso di cambiamento. Al Bayern Monaco, in generale, è stata un’esperienza molto formativa, che mi porto dietro ogni giorno”.

Se nella sua prima annata a Monaco di Baviera aveva assaporato l’Eurolega per poi vederla sfumare causa Covid-19, nella seconda stagione il Bayern arriva a un passo dal sogno Final Four, proprio contro quella Milano che gli aveva negato la gioia dello Scudetto nel 2018, in cui ora gioca il suo ex compagno di squadra e miglioramenti reciproci Shavon Shields, che nella decisiva Gara 4 al Mediolanum Forum ne piazza 34: “Dell’esperienza in Eurolega non si può chiedere di meglio: avere la possibilità di giocare contro i migliori giocatori d’Europa (cita spesso la partita in cui Shane Larkin ha siglato 49 punti, proprio contro il suo Bayern Monaco, ndr) è un’emozione forte, che richiede un livello di attenzione e di cura dei dettagli di altissimo livello. L’anno scorso è stato un anno incredibile, ci è mancato veramente poco per andare alla Final Four. Uno dei momenti che non scorderò mai, purtroppo, è stato l’alley-oop in Gara 1 di Zach LeDay. Quelle vittorie pesanti fatte l’anno scorso in campi difficili o la partita contro lo Zenit durante il mio primo anno (in cui segna 11 punti con il 100% dal campo, suo career high in Eurolega, ndr) sono ricordi indimenticabili, che mi porterò dietro sempre”. Niente F4, ma una Coppa di Germania in tasca prima di tornare temporaneamente a casa, in prestito dai biancorossi per dimostrare quanto sia definitivamente cresciuto.

Nell’estate 2021, dunque, Diego Flaccadori torna alla Dolomiti Energia, e fin da subito dimostra di essere un giocatore diverso da quello che aveva lasciato l’Italia nel 2019: passa da un rendimento da 9.3 punti, 2.5 rimbalzi e 1.5 assist a partita a medie attuali di 14.7 punti, 3.9 rimbalzi e 3.4 assist. Un exploit notevole, che lui stesso definisce in questi termini: “Credo che questo miglioramento sia dovuto a un mix di cose: sicuramente c’entrano il cambio di ruolo e mano, ma quello che è cambiato di più è la convinzione nei miei mezzi e in quello che posso mostrare in campo. L’anno con Trinchieri è stato fondamentale in questo, perché mi ha fatto rendere conto di quello che potevo fare in campo, e di come poter essere efficace. Questa è la cosa che più è cambiata tra l’ultimo anno a Trento e questa stagione”. In più, sulla panchina di Trento quest’anno ha trovato un’entità cestistica come Lele Molin: “Lele mi sta facendo avere il primo anno da super protagonista, dandomi in mano la squadra: con lui ho un rapporto incredibile che coltiviamo ogni giorno per crescere individualmente e come squadra”.

Arrivati a un punto della stagione in cui l’Aquila Basket si trova in un limbo di metà classifica con i playoff ancora decisamente alla portata, e con sfide importanti all’orizzonte contro Happy Casa Brindisi e Virtus Segafredo Bologna, con Diego Flaccadori che ha già ampiamente dimostrato il suo ruolo da leader in questa LBA 2021/2022, sorge spontaneo un quesito: perché tornare a Trento? La sua risposta è di quelle decise e perentorie: “Il mio obiettivo, quando ho deciso di tornare in prestito a Trento, era quello di trovare una situazione in cui poter essere davvero protagonista. Quando Trento mi ha chiamato, presentandomi il progetto che la società aveva in mente, è stato molto facile scegliere di tornare qui, perché conoscendo l’ambiente e la società sapevo che avrebbe potuto essere la soluzione adatta per me, per provare a fare un anno importante”.

Idee chiar(issim)e di un playmaker che si è preso in mano questa squadra, che vanta elementi di livello come Cameron Reynolds e Jordan Caroline, oltre all’esperienza di Toto Forray e dell’arrivo a stagione in corso Dominique Johnson. Un gruppo che, però, ha fatto vedere il meglio di sé solo a tratti: “Finora è stata una stagione con alti e bassi. Sappiamo di avere dei limiti e sappiamo di non essere lunghissimi come roster: questa è la spiegazione della difficoltà di disputare due competizioni. Il campionato per la società è molto importante, quindi forse le energie fisiche e mentali usate durante il weekend ci sono venute meno durante la settimana, in Eurocup (in cui l’unica vittoria stagionale dei bianconeri è arrivata con 22 punti dello stesso Flaccadori, ndr). Siamo in piena corsa playoff, ma dobbiamo anche guardarci indietro perché la classifica è molto corta e non dobbiamo pensare troppo in là: bisogna giocare partita per partita, lavorando settimana dopo settimana per provare da qui a fine anno a raggiungere più vittorie possibili. Personalmente sono contento: avendo un ruolo così importante, è anche normale fare prestazioni di livello. Sono contento e spero di poter chiudere la stagione nel migliore dei modi”.

Sembra che Diego Flaccadori, tra una vita a Trento intervallata dalla parentesi al Bayern Monaco, con un coming soon nella prossima stagione, abbia decenni di carriera nelle gambe. Invece oggi spegne 26 candeline all’ombra delle Dolomiti, scappando poco dopo aver espresso il classico desiderio sulla torta verso un finale di stagione che ha del fondamentale. Ci sono canestri da realizzare, vittorie da accumulare e palloni da far rimbalzare in cabina di regia, ormai il suo habitat naturale. Che ciò avvenga con la mano destra o con quella sinistra, non importa più.

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