A poche ore dalla decisiva gara 7 di finale della Eastern Conference da cui uscirà la sfidante dei Golden State Warriors nelle Finals NBA in programma dal prossimo giovedì, continuiamo nelle nostre pagelle alla regular season, restando ancora sul versante Est nell’ultima Division non ancora affrontata, la Central.
Chicago Bulls: promossi. Dalle 31 vittorie della scorsa stagione alle 46 di quest’anno, con tanto di qualificazione ai Playoffs con il sesto record della Conference, poi chiusi anzitempo con l’eliminazione al primo turno contro i Milwaukee Bucks. Una posizione finale in regular season che sta quasi stretta ai Bulls per quanto mostrato in questo 2021-22, con la squadra partita nel migliore dei modi e a lungo stazionante nelle posizioni di vertice dell’Est prima di incappare in una serie di infortuni che hanno evidentemente stravolto i piani del roster allenato da Billie Donovan. La rivoluzione attuata a partire dalla seconda parte di stagione passata però, con il GM Karnisovas deciso nell’aggiungere da subito giocatori di impatto con la trade per Nikola Vucevic a cui sono seguiti in estate le firme di DeMar DeRozan, Lonzo Ball e Alex Caruso, ha dato a pieno i suoi frutti mostrando una squadra finalmente pronta a livello mentale a competere per la post-season e ad abbandonare la mediocrità degli ultimi anni. Nonostante questo però, la scarsa profondità della panchina acuita dagli infortuni di Patrick Williams a inizio anno e della coppia Ball-Caruso nella fase cruciale della stagione ha fatto emergere con urgenza la necessità di interventi nella prossima off-season per allungare le alternative a roster, aggiungendo un’ala versatile in grado di offrire un piano B contro determinati avversari non adatti alla (scarsa) presenza difensiva di Vucevic e un altro esterno produttivo in uscita dalla panchina. Per la rinascita di DeRozan e i tanti lampi mostrati in generale da tutto il team la franchigia merita comunque applausi. Con la speranza che il perno attorno al quale proseguire nel trend positivo, Zach LaVine, decida nei prossimi giorni di rinnovare la fiducia alla franchigia legandosi a Chicago con un nuovo contratto. Senza di lui, ogni buon intento andrebbe ricalibrato optando per una nuova ricostruzione.
Cleveland Cavaliers: promossi a pieni voti. Quella dell’Ohio è un’altra squadra in piena rivoluzione che ha raccolto sorprendenti risultati. Il mix draft-trade e firme in off-season che nel giro dell’ultimo anno e mezzo ha portato alla corte di Bickerstaff il rookie delle meraviglie Evan Mobley, il lungo Jarrett Allen (nella trade Harden-Sixers) e il finlandese Lauri Markannen, firmato in free agency nello scetticismo generale proprio per i tanti centimetri contemporaneamente presenti a roster e nell’NBA moderna sempre più versatile, ha mostrato tutta la luce di un progetto tecnico interessante e lungimirante. I 3 big-men, uniti alla stagione della definitiva esplosione di Darius Garland, sono stati i fattori della rinascita di una franchigia in grado finalmente di voltare pagina dopo gli anni bui post-addio di LeBron James, in piena corsa per le prime posizioni a Est prima che, come nel caso di Chicago, fossero gli infortuni a frenare l’inerzia vincente di inizio stagione: prima Ricky Rubio con la rottura del crociato, poi i problemi all’accoppiata Mobley-Allen, il tutto non considerando la rinuncia a Collin Sexton per praticamente l’intero 2021-22, hanno infatti rovinato i sogni di gloria di Cleveland. Che tuttavia ha tantissimi buoni motivi per sorridere: il core giovane, il talento e la fisicità accumulati nelle ultime off-seasons e la volontà del GM Altman di migliorare ancora il roster in vista del prossimo anno fanno dormire sogni tranquilli: i Cavs vogliono diventare la franchigia del futuro e hanno tutte le carte in regola per farlo.
Detroit Pistons: rimandati. Partire con l’ambizione di puntare al draft successivo e rinunciare a prescindere a competere in una Conference più forte che mai non poteva che condurre al 2021-22 dei Pistons, non a caso titolari del terzo peggior record dell’anno non sfociato però nella top3 pick tanto attesa alla lottery. La prima scelta 2021 Cade Cunningham, dopo una partenza tentennante, ha mostrato di poter essere l’uomo su cui costruire le fortune della squadra della Motor-City, rivelandosi quel giocatore in grado sulle due metà campo di guidare i suoi con una leadership che sorprende vista la giovane età. Il problema della franchigia oggi è però trovare un adeguato contorno al prodotto di Oklahoma, che solo negli ultimi due mesi di stagione regolare ha beneficiato del supporto di Saddiq Bey e del neo-arrivato Marvin Bagley III, scommessa vinta dalla dirigenza che ha visto nell’ex Kings quel lungo ideale per fisicità e atletismo per completare il gioco di Cunningham. L’infortunio di Jerami Grant ha portato a riflessioni circa l’opportunità di mantenere a roster un giocatore evidentemente oltre la timeline della franchigia, volenteroso di competere da subito e apparso poco incline ad accettare il progetto di rebuilding e la missione di accumulare il minor numero di vittorie in ottica draft. I vari Diallo, Jackson e Stewart potranno rappresentare al più elementi di supporto, ma un’ossatura va trovata ed è in questa direzione che il front-office dovrà muoversi nella prossima off-season, che tra draft e trade deve aggiungere altri tasselli per far brillare il talento di Cunningham e accelerare la ripartenza di Detroit.
Indiana Pacers: bocciati. 25 vittorie, per una franchigia da molti etichettata a inizio stagione come una delle possibili rivelazioni dell’anno, rappresentano ovviamente un fallimento. La nomina a capo allenatore di Rick Carlisle lasciava immaginare, anche a stagione in corso, un cambio di marcia che prima o poi sarebbe sopraggiunto. E invece, in casa Pacers il trend negativo non ha fatto altro che proseguire fino ad far abbandonare nel post All-Star Game ogni velleità di Playoffs per programmare il 2022-23. Si spiega così la trade Sabonis, il più ricercato tra le star della squadra, che il front-office ha saputo abilmente trasformare nel talentuoso esterno Tyrese Haliburton e nel tiratore Buddy Hield, il cui contratto sarà presumibilmente scambiato in estate per aggiungere altri tasselli giovani e in rampa di lancio con cui proseguire la ricostruzione. I miglioramenti di Isaiah Jackson, salito di livello di partita in partita, lasciano ben sperare anche in caso di partenza di Myles Turner, altro elemento mai realmente esploso e con una lunga lista di pretendenti, e che salvo ripensamenti potrebbe essere scambiato in estate assieme a Malcolm Brogdon, altro giocatore richiesto un po’ ovunque e fuori dal progetto di ricostruzione a questo punto prioritario per Indiana. Dal draft (che ha portato la sesta scelta) e da queste mosse passano le fortune dei nuovi Pacers che partiti con sogni di Playoffs si sono scoperti improvvisamente un team molto meno pronto di quanto si pensasse. Ripartire con nuove basi, però, non è necessariamente un male.
Milwaukee Bucks: rimandati. Non può essere altrimenti per i campioni NBA in carica, che privati sul più bello del secondo miglior giocatore della squadra Khris Middleton, si sono scoperti molto più vulnerabili e prevedibili di quanto non dicano i risultati comunque conseguiti in post-season, con il primo turno passato in scioltezza contro i Chicago Bulls e la semifinale di Conference persa solo al settimo round contro i Boston Celtics. Tutto merito, quasi esclusivo, di un Giannis Antetokounmpo che l’anello al dito ha reso ancora più consapevole e padrone dei suoi punti di forza, in una run Playoffs che ha avuto livelli di onnipotenza difficilmente replicabili. Purtroppo per lui, però, l’assenza dello scorer numero 1 del roster con la conseguente “promozione” a secondo violino di Jrue Holiday ha messo a nudo tutti i limiti offensivi di una squadra che ha dimostrato di non avere altri giocatori in grado di creare punti dal palleggio e troppi role players a cui chiedere più di quanto tecnicamente nelle loro corde non era possibile. Giocatori come Grayson Allen e George Hill, chiamati a prendersi più responsabilità per ridistribuire i tiri del campione olimpico la scorsa estate con la maglia di Team USA, hanno mostrato tutte le loro lacune a certi livelli e i sontuosi Playoffs giocati da Bobby Portis, uniti al supporto che mai è mancato da parte di Wesley Matthews e Brook Lopez, hanno solo contributo ad allungare una stagione che l’infortunio di Middleton aveva in qualche modo già indirizzato. La situazione salariale, oggi, non offre molti margini per operare, ma lasciare questo Giannis in un roster con così evidenti falle sarebbe una clamorosa occasione persa. Servirà fantasia, ma The Greek Freak deve poter puntare all’anello ogni anno.