Ronzio, dolore, inchiostro, pelle. Quattro parole che congiunte danno vita al tatuaggio, l’arte del “fai da tela”, rimbalzo, sudore, sacrificio, allenamento. Quattro parole che all’unisono danno vita alla pallacanestro.
La base di ogni progetto inizia sempre con una bozza: disegnata, scarabocchiata e impressa su un foglio bianco consumando tutto l’inchiostro necessario per non dimenticare nessun dettaglio importante nel proprio percorso di vita.
Achille Polonara, ala dell’Anadolu Efes e protagonista in passato tra Ancona, Teramo, Reggio Emilia, Sassari, Baskonia e Fenerbahçe, ha cominciato appena maggiorenne a tracciare il suo, trovando il suo trait d’union nell’arte del tattoo.
“Nella mia famiglia sono l’unico ad avere tatuaggi, quindi ho dovuto lottare molto con i miei genitori per convincerli sul fatto che per me erano e sono un elemento veramente importante, oltre che una grande passione. Ho aspettato di compiere 18 anni per realizzare il primo tatuaggio, sapendo che i miei genitori non avrebbero mai firmato per farmene realizzare uno avevo “accantonato” l’idea attendendo il momento giusto”.
Il primo inchiostro sulla pelle di Achille è stato un tributo alla pallacanestro: “Il primo tatuaggio l’ho realizzato con due miei compagni di squadra e di casa quando ero a Teramo, Vanni Laquintana e Silvio Molinaro. Giocavamo insieme nelle giovanili di Teramo, andavamo nella stessa scuola e praticamente siamo come fratelli. Nonostante magari ci vediamo poco, ci sentiamo spesso e sono comunque i miei migliori amici e quindi abbiamo deciso di farci questa palla da basket con le nostre iniziali ‘S’ ‘A’ ‘V’”. La mancanza dell’ago sulla pelle non si è fatta attendere e così Achille ha deciso di personalizzare ulteriormente il tatuaggio, aggiungendo la scritta “Ball Don’t Lie”. Citazione storica di Rasheed Wallace, uno degli idoli dell’ala azzurra.
Nonostante la maggiore età e il disappunto dei genitori, anche mamma Daniela e papà Domenico, le persone a lui più care hanno trovato uno spazio speciale sulla pelle di Achille: “Sul polso sinistro ho il diminutivo ‘Dani’ e su quello sinistro ho ‘Novi’, diminutivo di Novello, il soprannome con cui è sempre stato chiamato mio padre”. Il legame con i genitori è comunque molto forte, sebbene le distanze e la lontananza siano state sempre rilevanti: “Sono andato via di casa a 15 anni, abbastanza presto diciamo, avendo questo sogno di diventare un giocatore di basket, di prendere questa strada in un club che allora era in Serie A come Teramo. Ma non tanti ragazzi vanno via di casa così presto; quindi, non è stato facile né per me né loro. Penso ai miei che, avevano comunque un figlio di 15 anni, un ragazzino veramente piccolo, che diventa grande in fretta occupandosi di se stesso da solo nel quotidiano. Mi sono stati sempre vicino anche quando non stavamo assieme sotto uno stesso tetto. I miei punti cardini dal principio della mia carriera ad oggi".
La macchinetta del tatuatore prosegue il suo mapping, capitolando sull’avambraccio destro, dove troviamo delle cuffie retrò, simbolo del suo rapporto con la musica. “Non ho una playlist vera e propria per ogni partita. Mi piacciono le novità e di conseguenza aspetto impazientemente il venerdi per scoprire nuove playlist su Spotify per conoscere canzoni ed album nuovi. Certo, nella mia playlist, tra i miei artisti non può mancare Travis Scott; segno Butterfly Effect tra quelle che più apprezzo”.
Nonostante la permanenza ad Istanbul da oltre un anno ormai (vista la sua precedente esperienza la passata stagione al Fenerbahçe), manca ancora un brano in lingua turca nella sua playlist: “È una lingua veramente difficile; o prendo lezioni come ha fatto Gigi Datome in passato o la vedo veramente dura… conosco in totale dieci parole".
Spostandoci poco più in basso, sempre sull’avambraccio destro, si notano anche le figure in miniatura della sua nuova famiglia, con la moglie Erika, la figlia Vitoria e i suoi due cani. Manca però un’ultima aggiunta, quella di Achille Jr., nato nello scorso settembre durante la cavalcata azzurra all’Eurobasket e non ancora parte di questo quadretto familiare: “Ho in programma di aggiungere mio figlio al tatuaggio appena tornerò in Italia la prossima estate e visiterò il tatuatore che mi ha realizzato anche l’originale. Purtroppo, dopo l’Europeo con la Nazionale il tempo a disposizione non è stato molto e ho approfittato dei due giorni di relax per salutare tutte quelle persone che non rivedrò fino a giugno”.
A tal proposito, Polonara racconta anche dove ha realizzato i suoi tatuaggi: “La maggior parte li ho realizzati a Carpi nello studio di Alle Tattoo; altri in uno studio a Varese e da un tatuatore a Battipaglia, la città di mia moglie”. Proprio con Erika, il numero 33 condivide questa passione dei tatuaggi e un percorso assieme nato con Cupido di eccezione: “Non mi vergogno a dire come l’ho conosciuta ma quasi… Ci siamo scritti su Instagram. Al giorno d’oggi non è una novità ma nel 2016 lo era abbastanza perché comunque ne parlavi con i tuoi amici e mi dicevano ‘ma tu sei pazzo’. Giocavo a Reggio Emilia e lei viveva a Battipaglia, facendo il calcolo sono 1400 km tra andata e ritorno. Nonostante non ci fossimo mai visti, abbiamo iniziato a messaggiare, chiamarci, videochiamarci e poi per fortuna in un fine settimana, dato che giocavamo di sabato, avevamo domenica e lunedì libero. Quindi la domenica mattina, dopo che avevamo vinto, prendo la macchina e vado a Battipaglia, ho dormito lì e lunedì sera sono tornato a Reggio Emilia. Non ero ancora convinto che fosse la ragazza giusta, ma che c’era un gran potenziale per poterlo diventare”. Proprio alla sua attuale moglie, Achille ha dedicato una scritta sul polso destro “Tu y yo” con un cuore, ricordando i tempi in cui loro due erano a Vitoria.
La bobina immaginaria del tatuatore è ancora carica e Achille ne approfitta per continuare il viaggio tra i suoi tatuaggi incrociando i cerchi olimpici che si trovano sul pettorale destro: “Ero in difficoltà su dove posizionarlo; infatti, è stato cronologicamente uno degli ultimi. Mi vengono ancora i brividi ripensando alle Olimpiadi. È stata un’esperienza incredibile, bellissima, indimenticabile dentro e fuori dal campo. Mi ricordo questa mensa enormi a due piani, aperta 24 ore su 24 in cui potevi incontrare gli atleti di tutti gli sport e di tutte le Nazioni che mangiavano, che si incontravano, che chiedevano la foto ad un altro atleta. In attesa al self-service potevi incontrare Novak Djokovic o sedersi al Luka Doncic di turno. Assistere alle vittorie degli altri atleti azzurri a Casa Italia è stato veramente bello, ho ancora impresse le medaglie di Tamberi, Tortu e Jacobs.
Nonostante la convivenza con gli altri atleti, Achille però non ha osato chiedere selfie a qualche star in quei giorni magici: “Li avrei voluti fare ma, per esempio, vedere Djokovic con questo vassoio in mano e con centinaia di atleti intorno… non oso immaginare cosa provi in questo momento ad essere così popolare e così forte. Arrivava a mensa a mezzogiorno e fino alle 13.30 stava lì con gente che lo tartassava chiedendogli foto su foto, quindi ho preferito lasciarlo stare”.
Restando sul petto, ci si sposta a sinistra, Polonara ha una scritta “Rispetto per tutti, paura per nessuno”: “È una delle tante frasi che mi ha sempre detto mio padre, sin da quando ero piccolo ed è sempre una frase che mi è rimasta in mente. Non ti regala niente e nessuno, devi sempre rispettare tutti e non avere paura di niente. È sempre stata una delle frasi più impresse di quelle che mi ha detto mio padre”.
Achille trova spazio per un’altra quote che avvolge il suo braccio sinistro: “Talent wins games, but teamwork and intelligence win championships” (il talento vince le partite ma il lavoro di squadra e l’intelligenza vincono i campionati): “Questo è stato il mio secondo tatuaggio, realizzato a Varese. Michael Jordan è da sempre il mio idolo e tra le frasi dette da lui è quella che mi è rimasta più impressa".
Ricaricando la bobina della macchinetta, troviamo una rosa circondata da foglie e rami: “Il progetto originale di questo tattoo doveva prevedere la copertura di tutto il braccio con disegno a colori a tema rose e fiori. Appena realizzato era in bianco e nero poi però, in un secondo momento ho deciso di colorarlo. Questo tatuaggio non è ancora concluso ed è collegato al mio periodo di Reggio Emilia; durante quella stagione stavo passando un periodaccio dal punto di vista dei risultati e ho preferito accantonare l’idea di completarlo per non dare modo alle persone di criticare. Tornando indietro non lo rifarei, ma ho imparato che i tatuaggi vanno realizzati nel periodo della pausa estiva”.
L’ago della macchinetta ci porta poi sull’avambraccio sinistro dove Achille ha tatuato il tag @ilpupazzo33, ossia il suo nickname sui vari social network: “Quando mi sono iscritto sui social volevo trovare subito un nickname e non chiamarmi semplicemente Achille Polonara. Nel 2020 ero in Nazionale e ho deciso di iscrivermi su Twitter e con il mio migliore amico di allora, Luca Flamigni ed ex compagno di squadra, prendendoci in giro a vicenda ci chiamavamo sempre ‘pupazzo’. Complice il soprannome, ho trovato il mio nickname assieme al numero 33, il mio preferito”. A proposito di numeri, sul braccio destro, Achille ha tatuato la sua data di nascita (23 novembre 1991) in caratteri romani. Tuttavia, il suo numero resta sempre e solo il 33: “Sono cifre che mi sono sempre piaciute e il 3 è un numero che ritorna nella mia vita. Mia moglie è nata il 3, mia figlia il 2 e si potrebbe anche dire il 23 ma alla fine il 33 è stato il numero che ho sempre voluto sulla mia canotta”.
Sul corpo di Achille precisamente sul tricipite sinistro troviamo un classico made in USA, ovvero il simbolo della tripla con le tre dita in alto e pollice e indice a formare un cerchio. Nonostante la famosa immagine di Polonara nella finale del PreOlimpico di Belgrado in cui il 33 ha fatto il gesto del telefono, l’esultanza principale restano le tre dita al cielo: “Quella della chiamata è stata un’esultanza ‘esclusiva’. Post-partita ho pubblicato sui social la foto del gesto con la scritta ‘Tokyo is calling us’, l’ho fatto solo in quella partita non ripetendolo nelle altre sfide. Devo però ammettere che il simbolo delle tre dita dopo una tripla è stato molto frequente durante il mio periodo reggiano, ora non ho effettivamente un simbolo particolare”.
Rimanendo in tema reggiano, la bobina si sposta sugli arti inferiori, nel quadricipite sinistro, Achille ha tatuato la Supercoppa conquistata nel 2015 con Reggio Emilia. Una scelta particolare, considerando che per altri trionfi quali la FIBA Europe Cup 2019 con Sassari, la Liga ACB del 2020 con il Baskonia e il campionato turco con il Fenerbahçe della passata stagione non ci sono tatuaggi dedicati: “Forse oggi realizzerei lo stencil della coppa in scala ridotta, così enorme mi sembra un po’ senza senso (ride, ndr). Questo tatuaggio è legato ad una scommessa che avevo fatto con il mio amico e gli dissi: ‘Se dovessimo vincere la Supercoppa me la tatuo’. Era il primo trofeo che mi sono tatuato e quindi dovevo per forza rispettare la promessa… Non ho ancora messa in agenda il prossimo tattoo, ma non nego che qualora dovessimo vincere l’Eurolega e i compagni lanciassero l’idea di tatuarci assieme, potrei richiamare il tatuatore”.
Sull’altro quadricipite della coscia c’è poi il muso del suo primo cane: “È stato il mio primo animale all’età di 20 anni e visto il mio legame con lui ho deciso di dedicargli un disegno. Non avrei mai pensato di affezionarmi così tanto ad un animale ed era diventato parte della mia famiglia”.
Siamo arrivati al termine di questo lungo viaggio tra il presente e il passato, la bobina della macchinetta è esausta, ma carica di ricordi di vita e carriera.
La domanda sorge spontanea, quale sarà il prossimo tatuaggio di Achille Polonara? “Oltre all’aggiunta di Achi Jr. nell’immagine di famiglia non sono in programma altri tatuaggi. Vivo molto d’istinto quando decido di tatuarmi, quindi è possibile che l’estate prossima mi troverete con tutto il corpo tatuato. Per fortuna mi sono calmato rispetto a prima, c’era un periodo a Reggio Emilia in cui andavo una volta a settimana dal tatuatore (ride, ndr)”.
In realtà, nella mente di Achille era già in progetto un disegno abbastanza importante: “Mi sarebbe piaciuto fare un disegno grande sulla schiena, magari un elemento di ogni luogo in cui ho vissuto e giocato. Magari un monumento, un piatto tipico o il simbolo stesso della città. Preferisco però stare attento ai molti nei che ho sulla schiena, per il momento basta così”.
Restando in attesa (come il suo tatuatore) per poggiare il prossimo stencil sulla sua pelle, Achille Polonara vive un futuro in maglia Anadolu Efes, tenendo bene a mente una bobina carica per imprimere il prossimo passo.
Ufficio Stampa Lega Basket
Si ringraziano per la collaborazione Achille Polonara e l’Ufficio Stampa dell’Anadolu Efes
Photo Credit: Ciamillo&Castoria