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5 domande a ... Jaron Johnson: “A Varese abbiamo una squadra giovane che vuole migliorare tutti i giorni. Il cibo italiano? Mangerei pasta a pranzo e cena”

L’esterno della Openjobmetis è uno dei sette uomini andati in doppia cifra nell’ultima sfida di campionato vinta sul campo di Verona

5 domande a ... Jaron Johnson: “A Varese abbiamo una squadra giovane che vuole migliorare tutti i giorni. Il cibo italiano? Mangerei pasta a pranzo e cena”

Terza in classifica (a 12 punti come la Bertram Yachts Tortona) con un record di sei vittorie e due sconfitte dopo otto giornate, la Openjobmetis Varese è certamente una delle formazioni che più ha impressionato in questo inizio di stagione in Serie A.

Facendo leva su un roster molto giovane e pieno di entusiasmo, la compagine biancorossa finora ha fatto il pieno di successi e consensi guadagnandosi attenzioni e un posto di primissimo piano in graduatoria (dietro a Virtus Segafredo Bologna e EA7 Emporio Armani Milano) che rappresenta la cartina tornasole del gran lavoro svolto da coach Matt Brase e, non meno importante, della coesione che alberga in seno alla squadra.

All’interno di quest’ultima, fra i tanti che sono riusciti a mettersi in luce, un ruolo di spicco se lo è ritagliato anche Jaron Johnson, uomo deputato a portare leadership ed esperienza al nucleo di giovani attorno al quale Varese è stata costruita quest’anno.

A lui questa settimana, dopo i 16 punti e 8 rimbalzi messi a referto nell’ultimo match di campionato vinto contro la Tezenis Verona, abbiamo rivolto le nostre 5 domande.

A Verona avete ottenuto la quinta vittoria consecutiva, la terza di fila in trasferta, confermando di essere il miglior attacco della Serie A: dove sta la vostra forza? Ci sono tanti giovani in squadra: chi ti ha impressionato di più?

Siamo una squadra che gioca ad alto ritmo, a cui piace andare in transizione. Ho visto che siamo nella top five per assist di media a gara: ci piace condividere la palla tra di noi e penso che questo sia un nostro punto forte. Ci prendiamo poi tiri da tre punti, conclusioni al ferro, guadagniamo falli ed è così che ci divertiamo in campo. Siamo una squadra giovane, con ragazzi che migliorano tutti ogni giorno. Se dovessi indicarne uno che mi ha colpito in particolare direi Caruso: fa passi avanti quotidianamente, ha presenza in vernice, in attacco e in difesa, sta migliorando il suo tiro in sospensione. Direi lui.

Hai giocato al fianco di gente che oggi è protagonista in NBA come Clint Capela, Montrezl Harrell e ha vinto titoli come Boris Diaw e Gary Payton II: sei rimasto in contatto con qualcuno di loro? Chi sono i giocatori NBA a cui ti ispiri o che guardi con particolare ammirazione?

Oggi siamo tutti impegnati ma sicuramente rimaniamo in contatto attraverso i social media e piattaforme come Swish Cultures, ad esempio dove hanno appena pubblicato un mio video e foto con commenti e mi hanno detto: "Buon lavoro e continua così". Con Clint ci siamo conosciuti al mio secondo anno in D-League, il suo anno da rookie, e sapevo che in NBA, una volta capite come vanno le cose, sarebbe stato uno con cui in tanti avrebbero dovuto vedersela, uno di quelli che ce l’avrebbero fatta. Gary Payton II ha giocato con me nella seconda metà della stagione del mio terzo anno in D-League e sicuramente siamo diventati cool. Con IT (Isaiah Taylor) eravamo come un trio, davvero in sintonia. GP è un ottimo difensore, una brava persona dentro e fuori dal campo. Parliamo ancora, soprattutto quando ci vediamo e questa è una cosa importante. Il giocatore che mi ha ispirato più di tutti è senza dubbio Kobe Bryant. Pensando all’NBA attuale dico senza esitazione Steph Curry: ha davvero cambiato il gioco e mi piace al pari di Kevin Durant. Loro due sono sicuramente in cima alla mia lista.

Hai compiuto 30 anni quest’anno: qual è stato il momento più bello e quello più difficile della tua carriera finora?

Il momento più bello della mia carriera finora direi che è stato l'inizio perché entrando al college non ero stato reclutato e quando ne sono uscito non ero nei radar di nessuna squadra quindi ho dovuto superare degli ostacoli e fare un provino per ottenere un posto nella squadra di D-League di Rio Grande: alla fine ce l’ho fatta, sono entrato in squadra e da lì la mia carriera è iniziata. Per il momento peggiore invece, anche se non voglio puntare il dito contro quel paese, vado con quello vissuto in Russia l'anno scorso con la guerra. Lì ho cercato di concentrarmi sulla mia carriera, ma è stata la stagione più difficile che ho dovuto affrontare da professionista, provando a bilanciare tutto e avendo la mia famiglia d'oltreoceano preoccupata per me, preoccupata per quello che mi stava succedendo attorno. Per me è stato quello il momento più duro.

Sei alla prima esperienza in Italia dopo quelle fatte in Israele, Francia e Russia: che impressione ti ha fatto il nostro Paese? Cosa ti ha colpito maggiormente degli italiani?

Sarò sincero, sto apprezzando molto l’Italia. È difficile davvero da paragonare ad altri Paesi perché ha la sua cultura, le sue vibes ma mi sta piacendo come mi stanno piacendo le persone. Anche lo staff qui a Varese è amichevole, divertente, conosce le necessità di giocatori e allenatori...mi sto godendo il momento insomma. È bello essere qua.

In un video di qualche tempo fa sulla tua routine prepartita dicevi di amare la pasta e gli spaghetti in particolare: ne vai sempre matto? Come li preferisci di solito?

Assolutamente, credo la potrei mangerei a ogni pranzo e a ogni cena. È uno dei miei cinque piatti preferiti. Quando sono arrivato qui in Italia sapevo che l’avrei mangiata ogni giorno. Ad oggi ho provato almeno 14 tipi diversi di pasta cucinati in svariati modi, quindi, è un cibo che sto sicuramente apprezzando. La mia preferita? Mi piace la pasta ai frutti di mare e gli spaghetti, ma me ne hanno fatto assaggiare troppi tipi e adesso non riesco a scegliere il mio preferito, ce ne sono troppi. Cos'altro ho mangiato di veramente buono? In questo momento sto cercando un buon ristorante per poter provare le lasagne. Anche le specialità mediterranee le ho trovate piuttosto buone. In generale non mi sono spinto a provare altri cibi perché sto cercando di consumare più cibo italiano possibile prima di tornare in America. È questo il mio obiettivo. Voglio provare tutti i piatti italiani, le tradizioni, tutto.

Vista la tua disponibilità aggiungiamo delle domande: cosa rappresenta il numero 92 per te? Sulla musica e sulla tua playlist prepartita cosa ci puoi dire?

Il 92 è l’anno in cui sono nato, una grande annata, quella in cui Michael Jordan ha vinto il suo secondo titolo NBA. Ma in fin dei conti è l'anno in cui sono nato io. Ho provato il numero due, il numero nove ma a un certo punto non ho voluto tornare a quei numeri, così li ho messi insieme e mi son detto: "Facciamo il mio anno di nascita, il 92". Questo è il numero con cui andrò avanti. Per quanto riguarda la musica, sono un fan di Travis Scott ma per quanto riguarda la mia playlist al momento vado con Lil Baby e Kodak Black.

 

Redazione: Golden Flamingo

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