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La scheda – Jayson Granger, un alfiere per la scacchiera della Umana Reyer Venezia

La guardia uruguaiana porta 'garra' e ordine negli schemi di coach Walter De Raffaele

La scheda – Jayson Granger, un alfiere per la scacchiera della Umana Reyer Venezia

Storicamente chi passava dalle parti in cui oggi sorge la capitale dell'Uruguay diceva di aver visto un monte, il quale veniva attraversato da est a ovest dal Rio de la Plata. C'è chi attribuisce un origine religiosa alla nascita di questa splendida città che conta quasi un milione e mezzo di abitanti. In ogni caso chi arriva a Montevideo rimane stregato dalla storia, dalla cultura e dalle vibrazioni che solo una città del Sud America riesce a regalare. Ai piedi di questa montagna ha origine la storia di Jayson Granger, nato in questo luogo perché il padre Jeff nei primi anni '80 aveva deciso di giocare nella Uruguayan League; in seguito si è stabilizzato nella capitale ed è diventato cittadino uruguaiano dando alla luce il figlio qualche mese prima dell'inizio degli anni '90. Jayson è diventato nel tempo un simbolo della pallacanestro europea trascorrendo la maggior parte della sua carriera in Spagna, vincendo anche in Turchia ed in Germania prima di approdare in Italia, là dove un trofeo ancora non l'ha vinto ma sogna di farlo. Il suo ruolo sul parquet è paragonabile a quello dell'alfiere: un portabandiera, il soldato deputato a portare alto il vessillo della sua squadra; inoltre – proprio come il pezzo sulla scacchiera – è l'ultimo a lasciare il campo da gioco ed è nei finali di partita a dare il meglio di sé, là dove può aprire il terreno per lo scacco matto. Nonostante la sconfitta arrivata negli ultimi secondi durante la sfida contro la Virtus Segafredo Bologna, il classe 1989 si è distinto come uno dei migliori dell'Umana Reyer Venezia mettendo a referto 10 punti, 5 assist, 4 rimbalzi, 2 recuperi e 17 di valutazione.

Granger inizia la sua carriera in Uruguay nel Club Atlético Cordón distinguendosi per la sua capacità di trovare il canestro, la visione di gioco e quell'intelligenza tipica di chi sa già dove passare il pallone ancor prima che lo abbiano capito i suoi compagni. Non passa molto tempo prima che il suo profilo venga notato dalle squadre del vecchio continente, così nel dicembre del 2005 l'Estudiantes – compagine con base a Madrid – gli offre la possibilità di fare un provino con loro. A soli 16 anni Jayson si trova a firmare il contratto con la squadra iberica; tuttavia, il suo club di formazione chiede un 'premio preparazione' per averlo cresciuto come giocatore e questo vieta al ragazzo di scendere in campo se non con la squadra amatoriale che milita nella quarta serie. Nell'estate del 2007 viene premiato come MVP al termine del camp 'Basketball Without Borders' e questa è la prima svolta per l'inizio della carriera di Jayson Granger, il quale solo qualche mese più tardi ha modo di debuttare in Liga ACB con la divisa dell'Estudiantes. Anno dopo anno arrivano i primi progressi e nella stagione 2010/2011 approfitta del debutto in EuroCup per mettersi in mostra anche contro squadre provenienti da diversi campionati: l'esperienza europea dura quattordici partite – tutte giocate nel quintetto base – e termina con 5.3 punti, 3.0 rimbalzi e 4.3 assist in 21 minuti di media; per un ragazzo di 21 anni è una grande iniezione di fiducia che gli permette di dichiararsi eleggibile al Draft NBA e sebbene non venga scelto, in lui scatta qualcosa che lo trasformerà nel giocatore che è diventato oggi. Nonostante le difficoltà dell'Estudiantes in campionato, Granger diventa uno degli uomini di punta migliorando a vista d'occhio: la stagione 2011/2012 si chiude con una retrocessione – revocata poi in seguito alla rinuncia di Tenerife – ma raddoppia la sua media punti segnandone 10.2 a partita e aggiungendo al suo arsenale una dote da ruba palloni fin ora nascosta; l'anno successivo – l'ultimo a Madrid – gioca 34 partite su 34 nello starting five registrando 11 punti, 3.4 assist, 3.3 rimbalzi e poco più di 1 recupero a partita.

L'estate 2013 coincide con il suo trasferimento all'Unicaja Malaga dopo aver assaporato l'idea della NBA grazie all'esperienza della Summer League giocata con i Boston Celtics. Nei due anni in Andalusia assapora il palcoscenico della Eurolega, migliora nettamente le sue skills di playmaker e di elemento fondamentale sui due lati del campo: ciò gli permette di essere inserito nel primo quintetto della Liga ACB con 9.7 punti, 5.2 assist, 3.3 rimbalzi e 1.2 recuperi; inoltre trascina da protagonista la squadra fino alle semi-finali playoff. Giugno 2015 è il mese in cui Granger decide di cambiare nazione e in Turchia lo accoglie con i migliori propositi l'Anadolu Efes. La prima stagione è decisamente più positiva della seconda: vince la Turkish Presidential Cup – la Supercoppa di Turchia – battendo il Pinar Karsiyaka 76-74 e in campionato finisce con 12.2 punti, 3.8 assist, 3.5 rimbalzi oltre ad un secondo posto dopo aver perso 4-2 la finale contro il Fenerbahce; l'anno successivo abbassa le sue cifre, l'Efes raggiunge i quarti di finale di Eurolega e viene eliminato in semifinale nella Turkish Basketball League. Ad agosto 2017 firma un triennale con il Baskonia, ma riesce a godersi solo il primo anno agendo principalmente da sesto uomo e registrando 7.7 punti, 4.3 assist e 2 rimbalzi. Successivamente gli infortuni diventano l'avversario più difficile contro cui lottare: prima un infortunio cronico alla caviglia gli fa disputare solo 13 partite nella stagione 2018/2019; poi all'inizio della stagione successiva si rompe il tendine d'Achille arrivando a pensare anche al ritiro, ma la pandemia che ferma il campionato e il desiderio di tornare a supportare i compagni lo aiutano a recuperare. Al termine della stagione 2019/2020 si laurea campione di Spagna con la squadra dei Paesi Baschi, un degno saluto prima di trasferirsi in Germania alla corte dell'ALBA Berlino. Con i tedeschi gioca un solo anno nel pieno della sua maturità cestistica; in seguito anche a due operazioni delicate che hanno rischiato di interrompere prematuramente la sua carriera, Jayson Granger trova la sua rivincita vincendo il campionato nazionale e il premio di MVP delle finali giocando una decisiva gara-4 da 29 punti (3/7 da due, 5/8 da tre e 8/10 ai liberi), 3 rimbalzi e 3 assist. Prima di approdare nel capoluogo veneto, la guardia uruguaiana – con cittadinanza italiana – danza un'ultima volta con il Baskonia giocando 23 minuti di media sia in campionato sia in Eurolega e registrando 8.1 punti, 3.7 assist e 2 rimbalzi nelle 69 partite giocate (di cui 36 da titolare).

Un profilo che aggiunge ulteriore esperienza ad un roster già composto da giocatori piuttosto navigati sia in campo nazionale sia internazionale. Il suo ruolo alla corte di coach Walter De Raffaele non è quello di sesto uomo come capitato per la maggior parte della carriera, ma di guardia al fianco di Marco Spissu con cui può scambiarsi la gestione del possesso. Viste le percentuali in carriera, la dimensione di Jayson Granger è meno vicina a quella di guardia tiratrice e più a quella di playmaker; nonostante ciò, il suo fisico gli consente di essere un mismatch contro molti pari ruolo e di assorbire bene i contatti quando decide di giocare vicino al ferro. Il suo contributo in fase offensiva non è da sottovalutare solo perché non attacca il canestro con esplosività o non è particolarmente preciso, poiché anche da realizzatore secondario riesce ad aiutare la squadra nel mettere punti importanti a referto. È il suo playmaking però a fare la differenza: visione di gioco fuori dal comune, rapidità nel leggere i movimenti dei compagni, capacità nel creare vantaggio dal pick and roll e di trovare il tiratore meglio posizionato sugli scarichi per fare male agli avversari; diversamente dalle grandi point guard dotate di particolare estro, il classe 1989 preferisce sfruttare le sue abilità da primary creator con la precisione e la concretezza che lo hanno contraddistinto lungo tutto l'arco della sua carriera. In fase difensiva ha sempre dato un contributo più che sufficiente, questo grazie ad una buona difesa sul pallone contro interpreti che tendono ad abbassare il ritmo; tuttavia contro avversari atleticamente più dotati – soprattutto nel primo passo – fa più fatica e per questo non viene utilizzato per marcare il giocatore più forte. Dove non arriva con un fisico piuttosto logorato dagli infortuni, ci arriva grazie alla sua esperienza e questo gli permette di limitare il numero di errori in copertura garantendo sicurezza a compagni ed allenatore.

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