Idee chiare, un animo pacato e gentile, la mente focalizzata sulla pallacanestro e sul suo desiderio di essere ogni giorno migliore dentro e fuori dal campo. Il momento complicato della UNAHOTELS Reggio Emilia – fanalino di coda della nostra Serie A UnipolSai – non ha scoraggiato il classe 2001 che sta ancora cercando di trovare la sua dimensione nelle rotazioni di coach Dragan Sakota, ma pur sempre pronto a dare il massimo quando viene chiamato in causa. Il suo viaggio nella vita è un cammino continuo in cui non si smette mai di imparare: il trasferimento dal Senegal all'Italia e l'avvicinamento alla palla a spicchi, dapprima un semplice modo per sciogliere i nervi e solo successivamente la strada battuta da percorrere per diventare il ragazzo che conosciamo oggi.
“Io avevo già iniziato a giocare a basket per divertimento quando ero venuto qui in Italia con la mia famiglia, un modo per fare qualcosa dopo la scuola; in seguito vedevo che effettivamente miglioravo, ma non era la mia passione principale e non volevo diventare un giocatore di pallacanestro perché volevo giocare a calcio. Il mio giorno zero è arrivato quando mia madre mi ha costretto a continuare con il basket, mentre io invece me ne volevo andare via dalla squadra per iniziare con il calcio”.
Dall'alto dei suoi 206 centimetri ci si immagina Diouf non come un poderoso centro d'area capace di inchiodare una schiacciata sulla testa degli avversari, ma piuttosto come un atipico fantasista longilineo che si destreggia tra le linee del centrocampo e inventa per i compagni. Da come racconta la sua passione per il calcio si fatica ad immaginarlo tra i pali di una porta; tuttavia, ecco che Mouhamet Diouf trasferisce il suo estro da calciatore sul parquet cercando di imparare dai migliori della disciplina.
“Oggi non sono più così appassionato, mi piace molto di più la pallacanestro. Una volta sognavo di diventare come Ronaldinho e tifavo Milan, adesso il mio idolo è Kevin Garnett e di quelli ancora in attività mi piace molto Kevin Durant. A loro ruberei la mentalità e la continuità sicuramente, perché ognuno ha la propria tecnica e quindi da quel punto di vista ci si sviluppa in maniera diversa; quindi sì sono modelli a cui mi ispiro dal punto di vista mentale, dal punto di vista della consistenza e dell'etica del lavoro. Non sono uno stakanovista, ma credo che lavorare duramente ti aiuti a superare quei momenti difficili in cui i risultati stentano ad arrivare”.
Sul finire della passata stagione un problema al ginocchio ha tenuto lontano dai campi il centro della UNAHOTELS Reggio Emilia. Infortunio superato, tuttavia curare il proprio corpo è diventato un aspetto importante per non incappare in temibili ricadute; così prima di ogni partita diventa fondamentale lavorare minuziosamente su questo aspetto senza però togliere spazio ad altre abitudini che per un giocatore risultano inderogabili prima di ogni partita.
“La mia routine pre-partita comincia entrando negli spogliatoi mettendo un po' di musica: ascolto molta hip-hop e trap americana perché mi dà la carica e mi fa concentrare sulla partita; poi messaggio un po' con mia madre e successivamente inizio il trattamento al ginocchio che devo fare dopo essere stato operato lo scorso anno. Dopo aver completato questa prima parte entro in campo per occuparmi dei fondamentali e una volta finito torno negli spogliatoi dove si comincia a pensare alla gara”.
Sua madre è sempre presente, i due hanno un ottimo rapporto e lui la definisce il suo angelo custode oltre ad essere la persona con cui si confida ogni giorno. Se la carica per dare il massimo sul parquet gliela infonde la musica trap, allora la sicurezza in se stesso arriva dalle parole della mamma che non gli fa mai mancare il suo supporto. Questo gli permette di dominare nel pitturato arrivando sempre per primo a rimbalzo e di stoppare i tentativi di canestro degli avversari; questo aspetto è venuto fuori maggiormente durante la Next Gen Cup del 2019 quando è stato premiato come miglior rimbalzista della finale – chiude con 18 punti, 15 rimbalzi e 24 di valutazione la sfida persa contro la Dolomiti Energia Trentino – e il suo obiettivo è certamente ripetersi con la squadra senior.
“L'esperienza della IBSA Next Gen Cup è stata bella, perché è sempre stimolante competere contro altre squadre di alto livello in competizioni di questo tipo. Per me è stata dura perché ho perso due finali di fila (la prima al Nelson Mandela Forum di Firenze 78-64 contro la Dolomiti Energia Trentino; la seconda alla Vitrifrigo Arena di Pesaro 62-59 contro la Umana Reyer Venezia, ndr) e quindi è stato un rammarico abbastanza importante; per il resto non posso negare che sia stata un'esperienza davvero bellissima e che personalmente ho apprezzato molto. Ai giovani che dovranno affrontare l'impegno della Next Gen Cup a febbraio gli consiglio di rimanere sempre con i piedi per terra e di non pensare al risultato che potrebbe arrivare se ci si qualifica per la finale, ma di rimanere focalizzati sul presente”.
Dopo aver mosso i primi passi a Sant'Ilario, il nativo di Dakar si è ritrovato come detto in precedenza a giocare la Next Gen Cup e altre competizioni giovanili con la UNAHOTELS Reggio Emilia. L'emozione più forte però la provi quando leggi il tuo nome tra i convocati della prima squadra: in un battito di ciglia ti ritrovi con questa responsabilità e quasi inspiegabilmente condividi il parquet con giocatori che hai visto alla televisione o che sei andato a vedere a palazzo; passi dall'esserti allenato con quelli più grandi ad essere diventato uno dei grandi e il cuore non riesce più a stare nel petto dall'agitazione.
“Il mio debutto è stato contro l'A|X Armani Exchange Milano (11 novembre 2018, ndr): sono entrato nel terzo quarto e poi ho giocato tutto il quarto periodo. È successo tutto così all'improvviso, è stato bellissimo e poi contro Milano mi sono detto “mamma mia”. Un grande esordio in casa contro di loro, però se devo essere sincero non mi ricordo la reazione del pubblico (ride, ndr)”
Fuori dal campo si divide tra i classici fumetti western con protagonista Tex Willer e le partite alla playstation. Il piccolo Diouf sognava di alzare la Champions League e diventare un candidato al pallone d'oro; è cresciuto – non solo in altezza – e il destino la Champions League gliel'ha fatta giocare con la divisa biancorossa di Reggio Emilia condividendo il parquet con un playmaker come Andrea Cinciarini, meno estroso di Ronaldinho ma dotato di grande generosità. Nel suo futuro non ci sarà la premiazione a Parigi come Golden Boy; tuttavia, se è vero che il limite è il cielo, diventare MVP è solo questione di tempo.