Tredici anni dopo il suo sbarco in Europa avvenuto in seguito all’avventura universitaria a Wichita State, Clevin Hannah ha trovato modo di aggiungere anche l’Italia al novero dei paesi da lui visitati nel corso delle sue peregrinazioni per i campionati del Vecchio Continente.
L’esperto playmaker di Rochester, iniziata (in salita) la stagione a Fuenlabrada, a gennaio è infatti sbarcato a Scafati per dare, con la sua esperienza, ulteriore concretezza alle ambizioni salvezza della compagine campana, team grazie al quale, dopo le esperienze in Romania, Finlandia, Francia, Turchia, Lituania e Spagna, egli ha potuto andare per la prima volta alla scoperta della Serie A.
Qui il classe 1987, 9.1 punti e 5.1 assist di media col 55% da tre in sette gare disputate, ha subito compreso la competitività e il livello di squadre e avversari in circolazione ma questo non ha scalfito la sua motivazione e la sua fiducia nelle potenzialità della Givova, formazione che egli sta provando (e proverà ancor di più) a guidare verso la permanenza nella categoria.
Di questo, come del rapporto con Jeremy Senglin (sentito settimana scorsa e suo prossimo avversario domenica nel match contro Reggio Emilia), della serenità data dalla presenza al seguito della sua famiglia, della gioia nel ritrovare Logan e Krampelj e dei trascorsi in Europa, Hannah ha parlato nelle “5 domande a ...” di questa settimana.
Sabato avete interrotto una striscia di cinque sconfitte consecutive ottenendo una vittoria importantissima contro Trieste: a tuo parere, qual è la ricetta per evitare la retrocessione? Come cerchi di essere utile alla squadra, da questo punto di vista?
Difficile dirlo. Ci sono così tante buone squadre in questo campionato che ogni sera chiunque ti può battere quindi bisogna lavorare insieme come squadra e concentrarsi tutti su un unico obiettivo che, nel nostro caso, è quello di rimanere in questo campionato, in Serie A. Dobbiamo riuscirci per il presidente, per la società e per la città di Scafati. Tutti, collettivamente e individualmente, ogni giorno dunque dobbiamo restare concentrati e prestare attenzione, in allenamento e in partita, a ogni cosa, a ogni punto, perché tutto conta. Cerco di essere utile alla squadra con la mia esperienza. Questo è il mio tredicesimo anno in Europa, ho giocato in campionati molto buoni come quello spagnolo, ho preso parte all'Eurocup e in un’occasione all’Eurolega quindi cerco di aiutare e far capire ai ragazzi che, per quanto le cose possano andar male in un certo momento, possiamo sempre uscirne se ci crediamo e continuiamo a lottare ogni sera. Questo è l’approccio che sto avendo.
Dopo aver trascorso le passate stagioni tra Romania, Finlandia, Francia, Turchia, Lituania e soprattutto Spagna, sei approdato in Italia: che impressione ti ha fatto la Serie A? E il nostro Paese in generale?
La Serie A è un campionato davvero ricco di talento, probabilmente il più talentuoso in cui abbia giocato. Ci sono tanti buoni giocatori e, se non sei concentrato, chiunque può segnarti 20 punti in faccia. Per questo bisogna prestare attenzione a tutti. L'Italia? È stupenda. Sto veramente apprezzando l’esser qui. Domenica, ad esempio, avevamo un giorno libero e sono andato a Salerno, qui vicino a Scafati, ho visto il mare, le spiagge...davvero magnifico.
All’interno della tua carriera europea, qual è stata finora l’esperienza migliore e quelle peggiore?
Per la migliore dire gli anni trascorsi ad Andorra. Sono stato lì dal 2019 al 2022 e quello è l’unico club per il quale ho giocato per più d’una stagione. La mia famiglia, i miei figli sono cresciuti lì e soggiornarvi è stato fantastico per tutti quindi, sì, quella è stata la mia esperienza più felice finora fra quelle che ho vissuto in Europa. La peggiore? Non ho avuto molte esperienze negative però l'inizio di questa stagione a Fuenlabrada è stato davvero complicato. Nel periodo in cui sono stato lì abbiamo vinto solo tre partite e perdere così tante gare in fila con i compagni di squadra che si spegnevano ha rappresentato davvero un momento difficile da affrontare. Ecco, quello è stato uno dei miei momenti peggiori qui in Europa: poter lasciare Fuenlabrada per venire qui è stato un bene per me.
Quanto è importante per te avere affianco i tuoi tre figli e tua moglie?
Non potrei fare a meno di loro. Averli vicini ogni giorno, tornare a casa dagli allenamenti e dalle partite e poter vedere i loro volti mi aiuta davvero a superare le lunghe stagioni come quella italiana e quelle europee in generale. È davvero una benedizione. Mio figlio ha compiuto otto anni domenica. Gli piace molto la pallacanestro, a casa nostra non guardiamo altro che highlights, highlights di Steph Curry e dell'NBA, ma anche quelli di dove ho giocato in passato. Da noi il basket è proprio di casa, non facciamo altro che guardarlo quindi è davvero fantastico.
Se dovessi scegliere qualcuno contro cui giocare un 1 contro 1, chi sceglieresti?
Ottima domanda. Direi Campazzo. È un giocatore straordinario. Si impegna ad un livello altissimo in ogni possesso. Ogni volta che ho giocato contro di lui è sempre stato divertente perché sapevo del suo talento straordinario e, in un certo senso, mi ha aiutato a migliorare.
Domanda bonus: il prossimo fine settimana incontrerai di nuovo e affronterai in campo Jeremy Senglin. Abbiamo fatto una chiacchierata con lui la scorsa settimana e in quell'occasione, parlando di te, egli ti ha definito un "fratello maggiore" e ha detto che voi due e le vostre famiglie siete molto uniti. Qual è il suo rapporto con lui? Puoi raccontarci qualche episodio che vi riguarda?
È il mio fratello minore. Nutro davvero tanto affetto per lui e per la sua famiglia. È arrivato ad Andorra per giocare con noi quattro anni fa, era la sua prima volta in Spagna e abbiamo legato subito. Anche le nostre famiglie sono andate d’accordo e da allora siamo sempre stati molto vicini. Ho conosciuto sua madre, suo padre e sua sorella, quest'estate ci vedremo tutti assieme quindi, sì, è davvero il mio fratellino. Sarà emozionante giocare finalmente la nostra prima partita da avversari qui in Italia, sarà un match molto divertente e allo stesso tempo importante. Ci siamo trovati a leggere libri o cose del genere insieme (lui mi ha dato molti bei libri e io altrettanto) e a parlare di cosa avremmo fatto dopo la pallacanestro domandandoci tipo “Tu vuoi allenare? E tu?”. Abbiamo vissuto momenti come questi in cui abbiamo discusso della vita dopo il basket, di ciò che vogliamo fare, di come investire i nostri soldi insieme. A questo proposito, lui mi ha aiutato ad iniziare ad investire con uno dei suoi migliori amici e assieme abbiamo concluso un affare immobiliare. È davvero divertente parlare di queste cose e non solo di basket con qualcuno.