Dolomiti Energia Trentino - Tezenis Verona : 69 - 70
Il T quotidiano Arena 18/04/2023 20:00
In Toscana par che si dica “Pan di fratello, pane e coltello”, ma noi a questo detto non vogliamo credere perché questi due fratelli nati in quel di Bagno a Ripoli sono più affiatati che mai, così come la loro intera famiglia. La Dolomiti Energia Trentino e la Tezenis Verona si affronteranno in una sfida che potrebbe valere una stagione intera per entrambe: la squadra trentina deve confermare quanto di buono fatto durante l'anno conquistando l'accesso ai playoff; la compagine veneta dal canto suo deve lottare con le unghie e con i denti per non ritornare nella serie cadetta. A presentarci questo duello ci hanno pensato Mattia Udom e suo fratello minore Liam, i quali però non si sono fermati al più classico del “vinca il migliore” ma hanno trasmesso tutta la loro passione per il gioco dandosi appuntamento per martedì 18 aprile ore 20:00 alla BLM Group Arena (Trento).
Prima di arrivare ad essere i giocatori che sono oggi, Mattia e Liam sono cresciuti, maturati e si portano dietro ogni esperienza fatta in tutti questi anni a partire dal giorno (Z)ERO quando tutto è cominciato.
Mattia: “Il mio giorno zero è stato senza dubbio quello in cui è arrivata la chiamata della Mens Sana, fino a quel momento non avrei mai pensato che il basket sarebbe potuto diventare il mio futuro lavoro. Quando è arrivata la chiamata da un club storico come Siena che in quel periodo stava facendo molto bene, ho capito che quella poteva essere la svolta per il mio futuro come giocatore di pallacanestro”.
Liam: “Il mio è arrivato quando sono dovuto andare via di casa per affrontare il primo vero percorso in una pallacanestro che non fosse quella giovanile. Andando a Piacenza ho iniziato a prendere questa cosa più sul serio, ho iniziato a guadagnare i primi soldi, a concentrarmi solo sul basket e da quel momento ho capito di dovermi concentrare e lavorare sodo per ottenere quello che avrei voluto”.
Per il più giovane degli Udom il trasferimento in un'altra città è stato sinonimo di grandi cambiamenti. Proprio perché andare via di casa deve essere uno sprono per responsabilizzarsi e non farsi distrarre troppo dall'ambiente esterno, dopo gli allenamenti c'era una costante con cui doversi misurare: la (P)LAYSTATION, un ottimo modo per scaricare la tensione e passare il tempo quando si vive da soli per la prima volta.
Le virtù di Mattia, al di là del talento nella pallacanestro, sono tante ed escono fuori dopo poche domande perché ciò che traspare è l'importanza che dà ad ogni singola parola. In qualità di fratello maggiore il suo pregio più importante è decisamente quello di essere (A)LTRUISTA, mettendo la sua famiglia davanti a tutto e facendo quei piccoli gesti che possono aiutare a farti sentire più vicino anche a distanza.
(F)AMILY Over Everything. La famiglia prima di tutto. Una frase difficile da spiegare a parole, perché ognuno di noi gli attribuisce un significato differente anche a seconda del tipo di legame che ha costruito con la propria. In questo si ritrovano i fratelli Udom, nell'unione e nell'importanza che essi danno al concetto di famiglia.
Liam: “In realtà non sono bravo a fare questi discorsi emotivi, però la famiglia per me è alla base di tutto. I nostri genitori ci hanno cresciuto più che bene; ci hanno insegnato valori molto importanti noi”.
Mattia: “Ho visto quella frase per la prima volta tatuata sui gemelli Morris, Marcus e Markieff, giocatori della NBA. Sarà stato dieci anni fa quando vidi quelle tre lettere (F.O.E., ndr), ho saputo il loro significato e ho deciso di tatuarmele anche io così da averle sempre dietro. Siamo davvero tanto legati; magari siamo una famiglia che parla poco, non siamo sempre lì a dirci “ti voglio bene”, però ci siamo sempre l'uno per l'altro. Crescendo sto capendo anche io tutta l'importanza che ha esprimersi e dire ciò che si prova alla propria famiglia, così come lo fa nostra sorella Margot e nostro padre; nostra madre è più come Liam, esprime meno questo tipo di sentimento però ogni giorno anche loro sono lì a fare un piccolo gesto che ti fa capire quanto ti sono vicini. Io ho voluto tatuare “Family Over Everything” perché rappresenta un po' il nostro mantra”.
L'importanza che hanno avuto e hanno tutt'oggi i genitori di Mattia e Liam nella loro vita è indiscutibile. Due presenze costanti, due persone sempre pronte ad appoggiare le scelte dei propri figli per vederli sviluppare ogni capacità e raggiungere i rispettivi sogni. Nonostante sia difficile scindere il concetto di famiglia in casa Udom, le sfumature di (M)AMMA e di (P)APÀ raccontate dai loro due figli maschi ci permettono di comprendere in pieno quanto ogni singolo elemento si completi l'uno con l'altro.
Liam: “Mia madre fa la buyer per Ferragamo. Fin da piccolo mi ha sempre seguito per la storia del basket avendo già avuto l'esperienza con Mattia e questo mi ha aiutato perché aveva più consigli da darmi proprio perché conosceva la strada da intraprendere. È molto tosta per quanto riguarda il discorso scuola, perché nonostante sapesse che io volevo puntare tutto sulla pallacanestro e fare solo quello nella vita, ha sempre spinto affinché io avessi una dignitosa carriera scolastica. Mi ha fatto iscrivere allo scientifico, sta ancora insistendo per cercare di farmi fare l'università. Ogni giorno mi sprona a fare meglio e a cercare il meglio di me stesso”.
Mattia: “Mio padre è una persona che innanzitutto ci ha insegnato il rispetto per le persone più anziane di noi e ci ha portato quella cultura tipicamente nigeriana del rispetto per la famiglia. È una persona che con il tempo si è ammorbidita, prima era molto severo e poi nel corso degli anni si è lasciato più andare. Con lui abbiamo un legame fantastico, è sempre pronto a darci consigli sulla pallacanestro anche se magari sono più legati alla vita in generale rispetto al gioco vero e proprio. Alla sua età è ancora pronto ad imparare, a mettersi a disposizione di tutti; è una persona che preferisce mettersi al secondo posto per dare più spazio a noi e al resto della famiglia”.
Nella vita di Mattia però c'è anche un'altra persona che significa famiglia per lui ed è (V)IRGINIA, con cui sta insieme da circa sette anni. Una figura fondamentale, qualcuno su cui poter contare quando si torna a casa e si vuole staccare la spina senza rimanere soli a pensare ancora una volta alla pallacanestro. Il basket, la famiglia, la compagna con cui condividere gioie e dolori, sono tutte fotografie che rimangono indelebili nella vita del giocatore della Dolomiti Energia Trentino. Scattare foto, immergersi all'interno di un'istantanea è un (H)OBBY che Mattia porta avanti da diverso tempo, ma non è stato amore a prima vista. Quasi come quando usi una Polaroid e ti accorgi solo con il passare del tempo quanto sia stato importante quel momento. Ti riporta indietro con i ricordi, ti suscita sentimenti che prima non avevi colto forse perché non avevi vissuto determinate esperienze o forse perché non avevi ancora aperto il cuore a qualcosa di più profondo. A viaggiare nel futuro è Liam che non ha una passione particolare e nel tempo libero si divide tra una serie TV e un film di Will Smith, a suo dire il miglior attore di cui godersi un film. Il più piccolo degli Udom però ha un secondo nome che la dice lunga sul suo legame familiare: (A)KUNNE, ovvero “il cocco di mamma”, un significato voluto dal destino viste le tante somiglianze con lei.
Oltre alla sfida sul campo, i due fratelli si sfidano a colpi di fornello e il dibattito su chi tra loro sia il migliore in (C)UCINA pare non abbia nemmeno bisogno di iniziare.
Liam: “Secondo me, cucino molto bene. Però cucino come piace a me, quindi magari qualcuno potrebbe non essere completamente d'accordo sulla mia cucina o dirmi che non si fa così. Le persone a cui ho cucinato però mi hanno sempre fatto i complimenti dicendomi che il mangiare era buono; altre si lamentano, ma sono quelle che non capiscono nulla della mia cucina. Niente cucina toscana però, quella assolutamente non so cucinare nulla. Mattia cucina per sé stesso, si fa tutte delle cose strane, non voglio entrare nella discussione”.
Non se la prende Mattia, incassa il colpo e prosegue. Da buon fratello maggiore non vuole controbattere, anzi preferisce raccontarci il rapporto speciale che ha con (L)IAM e con la sorella Margot in qualità di fratello maggiore.
Mattia: “Il legame che ho con loro è uguale a quello che ho anche con il resto della famiglia. Margot è riesce ad esprimere di più i propri sentimenti faccia a faccia, mentre io e Liam siamo sempre pronti a buttarla sullo scherzo. Penso però che quando si conosce il tipo di bene che si vuole ai propri fratelli non serva doverselo ripetere tutte le volte. Io sono andato via di casa abbastanza presto rispetto magari alle idee pensate per noi dalla nostra famiglia; essendo il più grande avevo delle responsabilità in più nei confronti dei miei fratelli minori e anche dei miei genitori. Quando sono andato via poi è stata Margot a prendere il mio ruolo soprattutto con Liam e anche se ci sono solo due anni di differenza tra loro, diciamo tutti che lui è quello più “viziato”. Però davvero il nostro è un legame silenzioso ma molto forte, siamo alla base l'uno dell'altro e possiamo davvero condividere e parlare di tutto tra di noi”.
Lo scontro si riaccende, la sfida tra Dolomiti Energia Trentino e Tezenis Verona è alle porte e per giocare il primo possesso vanno a saltare sulla palla a due proprio i fratelli Udom. Uno di fronte all'altro – come mille volte avranno fatto al campetto vicino casa – si scambiano la prima occhiata e si pongono una (D)OMANDA sul valore effettivo che hanno in campo.
Mattia: “Giocando in due ruoli diversi non mi è mai venuta in mente una domanda diretta da fargli, però nel post-partita se c'è una persona da cui aspetto un commento è proprio lui. Liam ci capisce tanto e ha un talento incredibile, ovviamente essendo al primo anno in Serie A è difficile da esprimere perché all'inizio è difficile guadagnarsi dei minuti. L'anno scorso però è arrivato in A2 senza aspettative e ha dominato portandosi sulle spalle una squadra ricca di veterani, vincendo il campionato e contribuendo con giocate importanti anche nei play-off. Non mi viene una domanda precisa da fargli, però penso sia la persona che più di tutte crede in me ed è spesso pronto a spronarmi consigliandomi cosa avrei potuto fare di più o cosa avrei potuto fare meglio sul campo”.
Liam: “Io invece una domanda ce l'ho: “Se tu entri in un campo a caso, vedi me e sai che dobbiamo fare un uno contro uno serio, al 100%. Chi pensi che vinca?”
Mattia: “Io. Ad oggi ancora io, perché fisicamente sono più forte. A talento non si discute, Liam è il più forte dei due in qualsiasi aspetto tecnico. Per ora ho ancora la fortuna di poterla contare sul fisico e sulla difesa, due fattori che mi farebbero vincere la sfida. Sette volte su dieci la vinco io, se poi lui si mette a fare i suoi tiri pazzi allora non c'è storia”.
Liam: “Bella risposta. Mi piace, è sbagliata al 100% però mi è piaciuta. Dieci su dieci la vinco io”.
La battaglia tra i due è senza esclusione di colpi. Mattia e Liam si conoscono alla perfezione, sanno quali sono i difetti l'uno dell'altro e sono pronti a scommettere su chi la spunterebbe nell'uno contro uno. Il più piccolo dei due è al debutto assoluto in Serie A, un traguardo raggiunto grazie al campionato vinto con (V)ERONA nella passata stagione in una piazza che ha creduto in lui nonostante la giovane età e la necessità di fare esperienza.
Liam: “All'inizio per me è stato inaspettato, perché giocavo in Serie B e anche se avevo appena vinto il campionato la chiamata di una società come Verona non avrei mai pensato di riceverla. Loro li conoscevo grazie a mio fratello e sapevo essere una società tra le più forti della A2, una squadra che da non so quanti anni era in cima alle classifiche della categoria. Sono arrivato qua in una società organizzata benissimo, con uno staff super, dei compagni super e qui al mio primo anno abbiamo dato alla città la vittoria di un campionato. Le emozioni delle persone nel rivedere la propria squadra ritornare in Serie A era emozionante anche per noi, non solo per loro. Quest'anno speriamo di riuscire a salvarci, perché ce lo meritiamo e possiamo farcela”.
Nonostante sia il più grande tra i figli, anche Mattia sogna e ha i propri idoli da ammirare. Ha iniziato sognando di emulare le gesta di Dwyane Wade, passione che una volta condivisa con il fratello ha voluto cambiare andando a “studiare” un altro fenomeno della pallacanestro oltreoceano: LeBron James. Certo diventare come “The King” è difficile, però basta un piccolo segno per poter avere qualcosa in comune con lui. (J)AMES è infatti il secondo nome di Mattia, una tradizione di famiglia perché quello è anche il nome del nonno paterno e quando vieni investito di un tale onore, forse passa in secondo piano il fatto che è anche il cognome di uno dei tuoi idoli. Di LeBron però non si ammira la grandezza o la vicinanza a Michael Jordan - “Una divinità per noi giocatori di pallacanestro” dice Mattia – ma il fatto di fare sempre la scelta giusta ed essere sempre a disposizione della squadra.
Emozioni forti a tinte azzurre. Mattia e Liam Udom anche se non hanno avuto ancora modo di giocare insieme, hanno potuto rappresentare – in momenti e selezioni diverse – la divisa della nazionale italiana. Il sogno chiamato (I)TALBASKET è diventato realtà e un giorno quello potrebbe essere il territorio perfetto per vedere i due fratelli condividere il parquet e lottare per lo stesso obiettivo.
Liam: “È stata una cosa super inaspettata, perché non sapevo nemmeno ci fosse il raduno. Finisce il campionato e il giorno dopo mi chiama Agostinelli dicendomi che servono il passaporto e altri documenti perché sono stato convocato con la nazionale Under 20. Io non me l'aspettavo per niente, è una cosa che sognavo da quando ero piccolo e ovviamente raggiungerlo è stato emozionante. Andare in Canada, giocare una vera e propria partita, vedere la maglia con scritto 'Udom' – che tengo ancora qui a casa dentro l'armadio – è stato unico. Spero di poter giocare un giorno con la nazionale maggiore perché è stato super emozionante”.
Mattia: “Stessa cosa. Non ho avuto modo da giovane di essere convocato se non per qualche raduno e ho giocato per la nazionale sperimentale con coach Dalmonte e con coach Caja. Due belle esperienze, ma sicuramente non paragonabili alla chiamata della nazionale maggiore. È una cosa che ti fa venire il sorriso. Quando arriva quella convocazione capisci subito che è uno step importante; un onore poter vestire quella maglia anche fosse per una sola partita. Poter scendere in campo in una partita ufficiale con la nazionale maggiore è una cosa incredibile. Non è un punto fisso, cioè non lavoro pensando solo a giocare di nuovo con la nazionale; io lavoro per il club, mi sto dedicando al mio club con cui mi trovo molto bene e se poi questo lavoro porta a qualsiasi tipo di raduno, allenamento o partita per me sicuramente sarà un onore. Liam tra qualche anno quell'opportunità la avrà perché in Italia un giocatore come lui lo si trova raramente”.
Il (N)UMERO di maglia è come il testimone in una gara di atletica: si passa di persona in persona, è fondamentale non perderlo e ha sempre un significato importante sia esso simbolico, implicito o esplicito.
Liam: “Fin quando ho potuto scegliere ho sempre voluto indossare il 27, a parte da piccolo che ho avuto il 17 perché era il numero di Mattia. Quando posso scegliere prendo il 27 che è il giorno del mio compleanno e ho sempre tenuto quello che era anche il mio primo numero quando ho iniziato a giocare”.
Mattia: “Io avevo cominciato con il 17 fino ai diciotto anni, poi ho cambiato con il 22 perché mi piaceva esteticamente ed era anche il numero di Rudy Gay. Ho tenuto il 22 per quasi tutta la mia carriera da professionista, poi quest'anno ho voluto riprendere il 17 per fare un cambiamento diciamo e tornare a quel numero che rappresenta la mia data di nascita”.
Andare via di casa e vivere di pallacanestro fin dall'adolescenza è stata una costante per entrambi i fratelli, ma salutare la propria famiglia per inseguire il sogno non è semplice. La testa vuole solo quello, però la scuola è un passo importante da completare per maturare come persona e come giocatore; senza l'istruzione necessaria è difficile anche comprendere la vita da fuori sede. Oggi, con i social media che catapultano i ragazzi in una bolla che appare molto più semplice di com'è in realtà, avere la testa salda sul collo non è mai stato così importante.
Mattia: “In Italia non abbiamo la possibilità di fare come in America con i college, perché la squadra in cui vai non è quella della tua scuola o dell'università. Qui è difficile perché la società per cui giochi e la scuola in cui vai non riescono a trovare un punto d'incontro per aiutare il giocatore. Non aiutarlo troppo, perché ci sono anche casi del genere e allora la scuola non serve più a nulla; tuttavia, è una cosa complicata, ci sono tanti sforzi da fare, però sono sforzi che ti fanno crescere. La scuola è fondamentale per avere una cultura, per potersi esprimere e serve anche all'interno del basket, perché allenando il cervello ti puoi aiutare anche sul campo da pallacanestro. L'università è molto utile. Penso che se qualcuno ha voglia di investire il proprio tempo o parte del proprio tempo libero per studiare, deve assolutamente farlo. Non è necessario prendersi una pausa dal liceo, questa è una sciocchezza che ho fatto io, perché poi quando passano gli anni ed entri in una nuova routine diventa difficile interromperla e inserendoci di nuovo lo studio. Un consiglio che mi sento di dare è proprio questo: se qualcuno è interessato e sente un minimo di spinta, fare l'università è una cosa che è importante portare avanti”.
Liam: “Per i ragazzi che vanno ancora a scuola e sono impegnati col basket, secondo me per rendere tutto più facile basterebbe stare attenti in classe. Se stai attento in classe, a quello che i professori spiegano a scuola, poi quando torni a casa il lavoro da fare è la metà. Se non stai attento invece torni a casa e devi studiare cose che non hai mai sentito nominare, tutto diventa più difficile e più noioso”.
M come Mattia, M come (M)ARTIN LUTHER KING. No, non è un paragone tra i due, ma rientrano nella stessa frase proprio perché colui che pronunciò il famoso “I Have A Dream” è grande fonte di ispirazione per un ragazzo che va oltre la pallacanestro. Quello che rappresenta MLK ancora oggi trascende la lotta per l'uguaglianza, perché esprimere anche solo a parole l'importanza che ha avuto nella storia sarebbe riduttivo e forse poco garbato nei suoi confronti.
Mattia: “È un personaggio che ci rappresenta. Anche se non viviamo in America e non abbiamo vissuto in quell'epoca, anche se non abbiamo origini da quell'ambiente lì, non può non toccarci. Ancora oggi nella vita di tutti i giorni il suo discorso, sebbene i modi e i tempi siano cambiati, ha un valore troppo importante. Pensare che un uomo del genere si sia messo in prima linea per combattere le discriminazioni senza paura, in un periodo così difficile è da ammirare. Oggi sicuramente hai più libertà di esprimerti, nei paesi europei soprattutto sei più tutelato sotto questo punto di vista; tuttavia, ciò che ha fatto lui è mettersi in gioco e combattere per un qualcosa che non ha mai potuto vedere. I suoi figli, i suoi nipoti, i suoi pronipoti hanno potuto vedere i frutti della sua lotta. Per questo lui è una figura importantissima. Quando leggi qualcosa su di lui o qualcosa di suo, i discorsi che ha fatto nelle piazze o nelle chiese, tutto questo ti colpisce e da qui anche vedo quanto è importante essere altruisti, perché stai lottando per gli altri in un contesto disperato per fargli avere un futuro migliore. Lui i frutti del suo lavoro non li ha mai visti, ma tutti noi dovremmo essergli grati ovunque anche qui in Italia, perché ha condizionato la storia e non possiamo non considerare fondamentali i suoi passi”.
Il tempo passa e gli (O)BIETTIVI lungo il percorso cambiano sia per chi ha quasi trent'anni come Mattia sia per chi a breve ne compirà ventitré come Liam. La strada dei due fratelli si incrocia nuovamente nel nostro campionato martedì 18 aprile alla BLM Group Arena di Trento e arrivati ormai verso la fine della stagione regolare è tempo di tirare le somme.
Liam: “Il mio obiettivo ovviamente è arrivare il più in alto possibile. Sinceramente spero di arrivare un giorno a giocare in Eurolega. L'altro grande obiettivo che mi pongo è vincere il campionato di Serie A”.
Mattia: “Gli obiettivi sono uguali. Sicuramente arrivare più in alto possibile. Quando si è più piccoli pensi ad arrivare in NBA poi con il passare degli anni capisci che non è così fattibile e allora punti a voler giocare in Eurolega, il cui livello è altissimo. Già solo quando giochi in amichevole contro squadre del genere capisci che c'è tanta differenza tra Eurolega e Serie A. Io sono più vecchio di Liam però penso per me ci sia ancora la possibilità di arrivare a quel livello lavorando sodo e per me sarebbe un sogno. Anche vincere il campionato penso sia un'emozione indescrivibile; già Liam ha vinto più di me in carriera perché ha vinto un campionato di Serie B e uno di A2. Penso comunque che il primo passo sia vincere il campionato di Serie A per le emozioni che susciterebbe in me”.
Per rendere la competizione e la posta in palio più interessante è necessario portarsi dietro un po' di trash talking in puro stile americano per affilare al meglio i coltelli. In vista della sfida che in questo momento dell'anno vale una stagione intera per entrambe le squadre, Mattia e Liam si lanciano la sfida.
Liam: “Mi dispiace per te, ma noi dobbiamo vincere e quindi verremo a Trento e vinceremo”.
Mattia: “No, mi dispiace per voi perché noi dobbiamo andare ai play-off. Vinceremo noi eh, però ammetto che sarà una gara difficile”.
Liam: “Sarà difficile anche per noi è vero, ma vinceremo stai tranquillo”.
Mattia: “Bravo, fai bene a crederci? Giocherai tu da centro e mi starai addosso?”
Sono Mattia e Liam, ma sono soprattutto (U)DOM: i Principi della pallacanestro.
Redazione: Overtime - Storie a Spicchi