LIVORNO. Sei punti in una settimana. Tre vittorie in quattro partite. Ce l'avessero detto sette giorni fa ci avremmo messo una firma grande come una casa. Ora che il sogno è realtà, ora che si può toccare con mano, non resta che guardare la classifica e godere, almeno per un giorno, prima di tornare in palestra e pensare ad Avellino che domenica sarà di scena al PalaMacchia (col nuovo acquisto Geno Carlisle?). Godere davanti a questo tredicesimo posto, in condominio con Verona, distante dai playoff appena due punti.
Godere davanti a questo pieno di vittorie, contro tre avversarie dirette alla salvezza, che conferma la forza della Mabo, la sua superiorità rispetto alle antagoniste. Godere nel vedere dietro squadre attrezzate e miliardarie come Adecco, Snaidero e De Vizia. Prima di questo miniciclo avevamo scritto che sarebbero bastati quattro punti, quelli casalinghi, contro Udine e Reggio Calabria. Ma anche che Livorno era in grado di metterne in saccoccia di più. E così è stato. La cassaforte amaranto si è riempita in un battibaleno. La classifica si è ribaltata come un calzino. E pensare che solo quindici giorni fa eravamo a piangere sul latte versato a Faenza, su quel fallo non commesso su Shawn Respert (a proposito, il neretto della Fillattice, infortunato, verrà sostituito dal bombardiere australiano Shane Heal).
La bacchetta magica, contro Reggio, avversario più ostico, talentuoso, con molte più risorse di Udine e Verona, l'hanno usata a turno Autry, Barlow, un Conley rigenerato (ce ne sarà bisogno in questo finale di stagione), ma anche Santarossa e Garri. E la forza della Livorno new version, crediamo, sta proprio qui, in questa capacità nei momenti in cui alcuni singoli che in genere vestono i panni dei leader, latitano, come è accaduto l'altra sera a Sambugaro ed Elliott, nella capacità degli altri di attaccare la spina alla corrente e cominciare a giocare da trascinatori. É accaduto ad Autry nei minuti di buio di Livorno, quando Reggio ha scritto quel parzialone di 17 a 0, bravo nel trovare penetrazioni e falli e freddo nel centrare il canestro dalla lunetta, è accaduto al leone Garri, un po' impreciso ma presente nei momenti in cui ce n'era bisogno (suoi i canestri che hanno tenuto a distanza Reggio nel finale di partita), è accaduto a Barlow e ad un Santarossa sicuro e concreto, trasformato rispetto al giocatore titubante e pieno di incertezze di inizio stagione. La sua metamorfosi è la metamorfosi di tutta Livorno.
Se alla fine tutto è andato per il meglio (e questo contava), non si può nascondere che qualcosa vada ancora rivisto. Il conto nell'area colorata stavolta si è impattato (40 rebounds a squadra), anche se l'oggetto del desiderio Tomidy sotto le plance ha fatto il bello e il cattivo tempo, facendo immaginare quale valore aggiunto avrebbe rappresentato se fosse venuto all'ombra dei Quattro Mori. Radojevic contro le tonnellate dell'irlandese ha sofferto come un dannato, però i suoi occhi spiritati, la sua foga in difesa, i suoi guizzi a rimbalzo, le sue stoppate hanno entusiasmato il pubblico e l'applauso che il PalaMacchia gli ha tributato quando Banchi lo ha spedito in panchina è un tributo di fiducia che vale più di ogni altro. E nel giorno in cui anche Elliott ha tirato giù appena quattro rimbalzi, ci hanno pensato Conley e Barlow a strappare palloni dal cielo, contro Tomidy, Eubanks e Tucker. Bene anche il conto delle palle perse, appena 15. Anche se due sono state gettate nel cestino a fine secondo quarto e insieme ai due falli di Elliott e Autry, hanno permesso a Reggio di firmare il break e riaprire la partita. «Sono contento della reazione che abbiamo avuto», dice Banchi. Bene. Certi black out però andranno evitati.
Giulio Corsi
Godere davanti a questo pieno di vittorie, contro tre avversarie dirette alla salvezza, che conferma la forza della Mabo, la sua superiorità rispetto alle antagoniste. Godere nel vedere dietro squadre attrezzate e miliardarie come Adecco, Snaidero e De Vizia. Prima di questo miniciclo avevamo scritto che sarebbero bastati quattro punti, quelli casalinghi, contro Udine e Reggio Calabria. Ma anche che Livorno era in grado di metterne in saccoccia di più. E così è stato. La cassaforte amaranto si è riempita in un battibaleno. La classifica si è ribaltata come un calzino. E pensare che solo quindici giorni fa eravamo a piangere sul latte versato a Faenza, su quel fallo non commesso su Shawn Respert (a proposito, il neretto della Fillattice, infortunato, verrà sostituito dal bombardiere australiano Shane Heal).
La bacchetta magica, contro Reggio, avversario più ostico, talentuoso, con molte più risorse di Udine e Verona, l'hanno usata a turno Autry, Barlow, un Conley rigenerato (ce ne sarà bisogno in questo finale di stagione), ma anche Santarossa e Garri. E la forza della Livorno new version, crediamo, sta proprio qui, in questa capacità nei momenti in cui alcuni singoli che in genere vestono i panni dei leader, latitano, come è accaduto l'altra sera a Sambugaro ed Elliott, nella capacità degli altri di attaccare la spina alla corrente e cominciare a giocare da trascinatori. É accaduto ad Autry nei minuti di buio di Livorno, quando Reggio ha scritto quel parzialone di 17 a 0, bravo nel trovare penetrazioni e falli e freddo nel centrare il canestro dalla lunetta, è accaduto al leone Garri, un po' impreciso ma presente nei momenti in cui ce n'era bisogno (suoi i canestri che hanno tenuto a distanza Reggio nel finale di partita), è accaduto a Barlow e ad un Santarossa sicuro e concreto, trasformato rispetto al giocatore titubante e pieno di incertezze di inizio stagione. La sua metamorfosi è la metamorfosi di tutta Livorno.
Se alla fine tutto è andato per il meglio (e questo contava), non si può nascondere che qualcosa vada ancora rivisto. Il conto nell'area colorata stavolta si è impattato (40 rebounds a squadra), anche se l'oggetto del desiderio Tomidy sotto le plance ha fatto il bello e il cattivo tempo, facendo immaginare quale valore aggiunto avrebbe rappresentato se fosse venuto all'ombra dei Quattro Mori. Radojevic contro le tonnellate dell'irlandese ha sofferto come un dannato, però i suoi occhi spiritati, la sua foga in difesa, i suoi guizzi a rimbalzo, le sue stoppate hanno entusiasmato il pubblico e l'applauso che il PalaMacchia gli ha tributato quando Banchi lo ha spedito in panchina è un tributo di fiducia che vale più di ogni altro. E nel giorno in cui anche Elliott ha tirato giù appena quattro rimbalzi, ci hanno pensato Conley e Barlow a strappare palloni dal cielo, contro Tomidy, Eubanks e Tucker. Bene anche il conto delle palle perse, appena 15. Anche se due sono state gettate nel cestino a fine secondo quarto e insieme ai due falli di Elliott e Autry, hanno permesso a Reggio di firmare il break e riaprire la partita. «Sono contento della reazione che abbiamo avuto», dice Banchi. Bene. Certi black out però andranno evitati.
Giulio Corsi