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Zanca inquadra il futuro della Scavolini

Il vicepresidente: «Consolidare non è uno scherzo»

PESARO — Reduce da un'assemblea di Lega che non ha trovato il successore di Madrigali e non ha chiarito, soprattutto, alle società come vanno impostati i lavori per il futuro, Lucio Zanca rimanda l'argomento-squadra spiegando che «le nostre valutazioni le faremo a bocce ferme, dopo i playoff, come fanno le società serie. Ora i giochi sono ancora aperti, poi tireremo un bilancio su come tutti abbiamo lavorato: giocatori, allenatore e staff dirigenziale».
L'argomento più importante è il seguente: il prossimo anno, oltre all'Eurolega, ci sarà una manifestazione interessante, la nuova Coppa della Fiba, fusione tra Korac e Saporta, alla quale accederanno altre quattro squadre (in questo momento Siena, Pesaro, Roma e Trieste) e nella quale verranno travasati anche gli otto club scremati dall'Eurolega che riduce da 32 a 24 squadre. Anche in questa coppa vigeranno le regole-Uleb, cioè solo due extra-comunitari per squadra. Ecco perché il modello-Cantù potrebbe non andar bene alla Scavolini, anche se dovesse restare fuori dall'Eurolega (a meno di vincere lo scudetto): «Esatto. Al momento non possiamo pianificare ancora nulla, quel che è certo è che il prossimo anno le prime 8 squadre del nostro campionato non potranno allestire i roster con gli stessi diritti di tutte le altre, che invece potranno schierare fino a sette americani. L'Uleb dovrebbe tener conto delle realtà dei campionati nazionali e viceversa, invece...».
Il numero degli italiani resta quindi invariato?
«Tre a referto obbligatori, come quest'anno. La sentenza-Sheppard esiste e finché non arriverà un regolamento governativo, il cosiddetto contingentamento, il mercato rimane libero per tutti».
Per italiani si intendono non i giocatori che hanno fatto le giovanili in Italia come avrebbe voluto qualcuno, ma quelli in possesso di passaporto italiano perciò anche i vari Middleton, Traina e casi come i loro saranno considerati ancora tali: «A noi piace l'idea di avere più italiani possibile, o almeno volti conosciuti, in cui la gente possa identificarsi».
Non entrare in Eurolega è un duro colpo da incassare? «Sì ma non per questo può essere classificata come una stagione disastrosa. Il Milan o la Juve non sono entrate in Champions League tutti gli anni, ma stanno sempre al vertice, dove si combatte per entrarci. Voglio dire, un conto è arrivare sesti, un conto dodicesimi. Negli ultimi tre anni abbiamo chiuso la regular-season quarti, secondi e quest'anno sesti. Stiamo consolidando la nostra presenza ad alto livello: e coi regolamenti che cambiano ogni anno, stare al vertice sembra scontato ma non lo è affatto. All'estero il nostro club ha un'immagine super: me ne sono accorto in questo viaggio negli Stati Uniti, è la conferma che stiamo facendo bene».
Speranze per i playoff?
«I playoff spesso azzerano il passato, nel bene e nel male: quando Reggio Emilia si salvò a nostre spese nel '98, arrivò addirittura in semifinale. Anche noi, come i tifosi, eravamo convinti di aver costruito per vincere: aspettiamo ancora un po', poi parleremo».
Elisabetta Ferri
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