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Siena è sempre più… Atamaniaca

Morale alle stelle per la prima finale europea della storia

SIENA - Bentornata, Mens Sana. Si è conclusa ufficialmente ieri intorno alle 13, con il ritorno in viale Sclavo, la trasferta ad alta tensione della Montepaschi in Israele, che ha portato un risultato storico. I biancoverdi, infatti, hanno staccato a Tel Aviv (campo neutro per modo di dire...) il biglietto per la prima finale europea della loro storia, quella che martedì 30 aprile, a Lione contro il Valencia, assegnerà la Saporta.
Per tagliare questo traguardo, è servita una doppia prova autoritaria contro l’Hapoel Gerusalemme, strapazzato in Toscana e letteralmente disilluso e umiliato al cospetto dei propri tifosi (circa 1200, ma tutti molto rumorosi). Può quindi sorridere sornione il coach Ergin Ataman, che si autoproclama “principe” per rispetto verso il calcistico Terim, ma ben consapevole di essere l’unico e vero imperatore ottomano dello sport italiano: bacchettando i suoi ragazzi quando hanno abbassato la guardia, esaltandoli con nomi e cognomi quando hanno offerto prestazioni scintillanti e incitandoli dal primo all’ultimo minuto di ogni partita con i suoi gesti e il suo vocione, è arrivato dove nessuno aveva mai osato volare. In una sola stagione, ha disputato una finale di Coppa Italia e ha fatto paura alla Kinder regina d’Europa, adesso ha già centrato quella di Saporta e, ammettendo di voler portare il trofeo a Siena, non disdegna di rilanciare in chiave scudetto. Non c’è da stupirsi, allora, se i senesi da mesi si sono scoperti.... Atamaniaci.
Il tempo per stappare lo champagne, però, è finito. Da oggi si pensa alla Kinder, che domenica attende la Montepaschi al Pala Malaguti di Casalecchio. Le prime attrici del big match avranno sulle spalle due trasferte pesanti: se la Mens Sana è andata in Israele, infatti, le “Vu” nere hanno fatto i bagagli per la Russia, un viaggetto mica da ridere. Prima di concentrarci su questo, però, vale la pena tornare per un attimo nella terra di David e tirare le somme di una situazione assurda, fortemente voluta dalla Fiba, che poteva portare grossi problemi. Andare in una zona di guerra non è una scelta da prendere a cuor leggero, ma la dirigenza biancoverde ha preferito non portare avanti un inutile braccio di ferro e ha dato una lezione di stile. “Abbiamo ritenuto doveroso - spiega il general manager e vicepresidente Ferdinando Minucci - che lo sport prevalesse sulle incertezze dell’attuale situazione politica, anche alla luce delle informazioni sul reale stato delle cose e della preziosa assistenza nell’organizzazione della trasferta che ci è stata assicurata dalla Farnesina e dall’ambasciata d’Italia a Tel Aviv”. Tutto è andato bene, ma qualcosa dovrà cambiare perché nessuno abbia più paura quando si tratta di sport.
M.D.
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