ROMA - Provocare per rompere gli equilibri di un mondo che qualche volta o è troppo fermo o è troppo in movimento. Michele Martinelli è dirigente che vuole vivere sempre al massimo, in fuorigiri. La normalità per il patron del Roseto Basket non c’è. La sua ultima trovata è quella di tesserarsi da giocatore anche se ieri la Federazione gli ha detto no per incompatibilità poiché Martinelli è già tesserato come dirigente. Ma non finisce qui, con lui in pista. Non vuole scendere in campo per davvero il vulcanico patron del Roseto. «Mi batto, invece, contro il minimo salariale stabilito dalla Lega, 1400 milioni di euro sotto i quali non si deve scendere per pagare atleti e tecnici. Adesso, avendo un monte-salari inferiore ed esistendo una norma che se non arrivi a quel limite non puoi iscriverti al prossimo campionato, mi tessero». Martinelli, che è il dirigente che ha scardinato il sistema imponendo l’anno passato, in tribunale, il tesseramento del terzo extracomunitario portando a Roseto Sheppard, giocatore di basket lo è stato per davvero. «Ma sono passati vent’anni. L’ultima mia partita? Uno spareggio con la maglia dell’Aquila contro Roseto giocata a Roma, sukl campo dell’MDA». Contro tutti, con una determinzione senza limite, Martinelli se la prende con il sistema. «Ci servono regole certe e invece cosa succede? Che le fissano i potenti del momento, salvo smentirle un attimo dopo. Chi vuole 16 squadre oggi sono quelli che ieri ne volevano 20...».
Ha un merito, Martinelli: aver portato il grande basket a Roseto. Adesso, però, la cittadina abruzzese rischia di perderlo. «Lascio, questo è certo. Domani è l’ultimo giorno a disposizione dei rosetani per dirmi se accettano le mie condizioni e acquistano il club. Se non sarà così, colpa loro». Esiste una possibilità che il gruppo legato all’attuale sponsor, la Nokia, accetti. Diversamente, il titolo sportivo potrebbe finire a Montecatini, Napoli o Rieti.
Provocatore Martinelli lo è già stato con la vicenda Sheppard precorrendo i tempi perché pochi mesi dopo il mercato sarebbe stato aperto. «Sheppard? Lo rifarei. E non a caso tutti ne hanno approfittato». Non si scompone, il dirigente, quando gli facciamo notare che aprendo esclusivamente agli stranieri si finisce per distruggere il patrimonio dei (pochi) italiani. «I giocatori italiani non sono una razza in via di estinsione ma devono trovare gli stimoli giusti per qualificarsi. La loro crescita? E’ in funzione degli obiettivi che i ragazzi si pongono, ma devono confrontarsi con le scuole più importanti. Se però non ci sono giocatori abbastanza validi, la necessità dello spettacolo impone di cercare talenti oltre confine». Irruento, istintivo, a volte un po’ clown. Martinelli non esita ad aprire la porta degli spogliatoi per apostrofare i suoi giocatori. «Ma non mi intrometto mai nelle cose del coach - precisa - Quando sono entrato ho solo ricordato, in inglese, ai giocatori una cosa. Ho detto: no performance no business». Che tradotto vuol dire: se non giocate bene non vi pago.
Carlo Santi
Ha un merito, Martinelli: aver portato il grande basket a Roseto. Adesso, però, la cittadina abruzzese rischia di perderlo. «Lascio, questo è certo. Domani è l’ultimo giorno a disposizione dei rosetani per dirmi se accettano le mie condizioni e acquistano il club. Se non sarà così, colpa loro». Esiste una possibilità che il gruppo legato all’attuale sponsor, la Nokia, accetti. Diversamente, il titolo sportivo potrebbe finire a Montecatini, Napoli o Rieti.
Provocatore Martinelli lo è già stato con la vicenda Sheppard precorrendo i tempi perché pochi mesi dopo il mercato sarebbe stato aperto. «Sheppard? Lo rifarei. E non a caso tutti ne hanno approfittato». Non si scompone, il dirigente, quando gli facciamo notare che aprendo esclusivamente agli stranieri si finisce per distruggere il patrimonio dei (pochi) italiani. «I giocatori italiani non sono una razza in via di estinsione ma devono trovare gli stimoli giusti per qualificarsi. La loro crescita? E’ in funzione degli obiettivi che i ragazzi si pongono, ma devono confrontarsi con le scuole più importanti. Se però non ci sono giocatori abbastanza validi, la necessità dello spettacolo impone di cercare talenti oltre confine». Irruento, istintivo, a volte un po’ clown. Martinelli non esita ad aprire la porta degli spogliatoi per apostrofare i suoi giocatori. «Ma non mi intrometto mai nelle cose del coach - precisa - Quando sono entrato ho solo ricordato, in inglese, ai giocatori una cosa. Ho detto: no performance no business». Che tradotto vuol dire: se non giocate bene non vi pago.
Carlo Santi