Il caso, ammesso che mai lo sia stato, è chiuso. Dice Messina che questa sera contro il Real di Scariolo «Griffith gioca. E gioca dall'inizio come a Fabriano domenica».
Lo Shaquille da esportazione è una roccaforte inespugnabile. «Il coach mi dice di giocare, io gioco». Punto e tanti saluti. Ne terrà uno per Madrigali, segnalato sulla pista di decollo. Il presidente, adesso, sta spedendo segnali di affetto. Era a Fabriano dove, impassibile, ha assistito alla premiazione di Messina e ha ignorato qualche coretto di scherno. Sarà questa sera di nuovo al fianco della sua squadra. Giusto così: dopo aver minato il parquet del PalaMalaguti, gli tocca l'ingrato ruolo di sminatore. E' la legge del contrappasso.
Quello che riprende il suo cammino in Europa e vorrebbe ricominciare a vincere, è un Messina molto pacato; forse troppo. Può apparire, a scelta, lontano anni luce dalla vicenda che lo ha coinvolto oppure frastornato da un minuetto che, tutto sommato, ha finito per aumentare il suo peso sul piatto della bilancia societaria e per ingigantire il suo ruolo, per dilatare il suo potere. La conferma non c'è, ma l'impressione rimane: se oggi Messina non fosse dov'è giusto che sia, cioè alla guida della sua squadra, Griffith avrebbe giocato in quintetto? O più semplicemente: avrebbe giocato? Di certo, se dentro la Virtus c'è un uomo che, per motivi tecnici e per motivi economici ha sconsigliato l'acquisto di un pivot a gettone, quello è Messina.
«Ettore, se vuole la panchina è di nuovo sua», gli disse sette giorni fa Madrigali. E la logica adesso impone di credere che sia stato lui a porre le condizioni necessarie perché la retromarcia «entrasse» senza grattare troppo. Perché Griffith torna al centro dell'area e dell'attenzione; perché Brunamonti, che era già sulla strada di Roma (comunque non su quella di Casalecchio) è oggi più di prima al fianco del coach. Lo avevano annunciato: Brunamonti avrà un incarico dirigenziale che lo terrà a stretto contatto con la squadra. Prima, per chi non lo sapesse, stava a metà strada fra l'ufficio e il parquet.
Oggi Messina parla del suo amico Roberto come del «dirigente responsabile della prima squadra», una definizione che porta a individuare Brunamonti come il team manager. Messina corregge il tiro.
Per alzarlo: «E' più di un team manager. Brunamonti è il nostro capo squadra. Se fossimo le giovani marmotte, lui sarebbe il Gran Mogol».
Dirottato sul campo il Capitano e lì immediatamente promosso.
L'ultima della giornata non è confortante, ma neppure grave: per Abbio è più no che sì. Lamenta una contrattura al gluteo destro e non è da escludere che stia fermo un giro.
Stefano Biondi
Lo Shaquille da esportazione è una roccaforte inespugnabile. «Il coach mi dice di giocare, io gioco». Punto e tanti saluti. Ne terrà uno per Madrigali, segnalato sulla pista di decollo. Il presidente, adesso, sta spedendo segnali di affetto. Era a Fabriano dove, impassibile, ha assistito alla premiazione di Messina e ha ignorato qualche coretto di scherno. Sarà questa sera di nuovo al fianco della sua squadra. Giusto così: dopo aver minato il parquet del PalaMalaguti, gli tocca l'ingrato ruolo di sminatore. E' la legge del contrappasso.
Quello che riprende il suo cammino in Europa e vorrebbe ricominciare a vincere, è un Messina molto pacato; forse troppo. Può apparire, a scelta, lontano anni luce dalla vicenda che lo ha coinvolto oppure frastornato da un minuetto che, tutto sommato, ha finito per aumentare il suo peso sul piatto della bilancia societaria e per ingigantire il suo ruolo, per dilatare il suo potere. La conferma non c'è, ma l'impressione rimane: se oggi Messina non fosse dov'è giusto che sia, cioè alla guida della sua squadra, Griffith avrebbe giocato in quintetto? O più semplicemente: avrebbe giocato? Di certo, se dentro la Virtus c'è un uomo che, per motivi tecnici e per motivi economici ha sconsigliato l'acquisto di un pivot a gettone, quello è Messina.
«Ettore, se vuole la panchina è di nuovo sua», gli disse sette giorni fa Madrigali. E la logica adesso impone di credere che sia stato lui a porre le condizioni necessarie perché la retromarcia «entrasse» senza grattare troppo. Perché Griffith torna al centro dell'area e dell'attenzione; perché Brunamonti, che era già sulla strada di Roma (comunque non su quella di Casalecchio) è oggi più di prima al fianco del coach. Lo avevano annunciato: Brunamonti avrà un incarico dirigenziale che lo terrà a stretto contatto con la squadra. Prima, per chi non lo sapesse, stava a metà strada fra l'ufficio e il parquet.
Oggi Messina parla del suo amico Roberto come del «dirigente responsabile della prima squadra», una definizione che porta a individuare Brunamonti come il team manager. Messina corregge il tiro.
Per alzarlo: «E' più di un team manager. Brunamonti è il nostro capo squadra. Se fossimo le giovani marmotte, lui sarebbe il Gran Mogol».
Dirottato sul campo il Capitano e lì immediatamente promosso.
L'ultima della giornata non è confortante, ma neppure grave: per Abbio è più no che sì. Lamenta una contrattura al gluteo destro e non è da escludere che stia fermo un giro.
Stefano Biondi
Fonte: Il Resto del Carlino