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Spogliatoio Scavolini

Pilla difende le rotazioni

PESARO – Fa male, fa molto male perdere due volte in casa con la Fortitudo nel giro di pochi giorni. Per chi vive a Pesaro e ama il basket è quanto di più duro ci sia da sopportare. Eppure occorre mandarlo giù di nuovo il boccone amaro. Era una partita importante e sentita, come ogni infuocato “derby" con l’Aquila (stavolta con una buona dose di cattiveria in più anche negli scontri dialettici tra le due tifoserie), eppure non era la finale scudetto e non erano ancora neppure i play-off. Era anzi una gara di preparazione ai play-off, e in questo modo l’ha interpretata evidentemente Stefano Pillastrini, criticato da molti (pubblico e addetti ai lavori) dopo la sconfitta per avere “sbagliato" a ripetizione cambi e difese. Sarà per questo che in sala stampa anticipa ogni domanda insidiosa spiegando a chiare lettere la “sua" gara: «Io volevo vincere, ma per vincere non posso tenere per quaranta minuti lo stesso quintetto che ha cominciato bene. So di avere modificato il quintetto proprio quando le cose funzionavano, ma non è possibile che giocatori di questo livello calino così nettamente di tono a causa delle rotazioni. Io le rotazioni le devo fare se voglio utilizzare tutta la squadra e prepararla tutta intera ai play off. Invece succede che proprio quando siamo al completo, e posso dunque permettermi le rotazioni, il nostro rendimento è peggiore, perché chi comincia bene, dopo il primo cambio torna in campo ed è irriconoscibile. Questa non è una cosa da grande squadra. Ed è una cosa alla quale dobbiamo rimediare in fretta. Era giusto cambiare quintetto. Era giusto utilizzare tutti. Voglio arrivare ai play-off con tutta la squadra».
Dopo l’autodifesa “preventiva", c’è spazio anche per un filo di ottimismo: «Sarò fin troppo fiducioso, ma non mi è sembrata una sconfitta così netta. La partita è stata decisa da episodi casuali: due canestri estremamente fortunosi da parte loro, due azioni nostre viziate da circostanze dubbie... ma dell’arbitraggio non voglio nemmeno parlare (però si vede che non l’ha digerito, ndr)». Poi ancora un’autoassoluzione conclusiva: «Ci sono troppi giocatori che ancora stanno giocando male. E in queste condizioni più di tanto non è possibile fare». Così è, se vi pare.
Giancarlo Iacchini
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