di Edoardo Pollero
La fede insindacabile verso la metà di Bologna che lo ha reso grande, dove il lungo cammino da professionista è iniziato e probabilmente finirà. La divisa delle Effe Blu, indossata oltre 300 volte tra Serie A e Serie A2 e in occasione dello Scudetto 2004-05, primo trofeo conquistato sotto le due torri, a cui aggiunge solo qualche mese dopo la Supercoppa Italiana. Le Final Four di Eurolega in quel di Tel Aviv nel 2004, con quel finale amaro dopo la splendida vittoria ai tempi supplementari nella semifinale contro la Montepaschi Siena. La carriera di Stefano Mancinelli è un viaggio da vivere minuto dopo minuto e festeggiandone 10.000 giocati sui parquet di tutta Italia, siamo pronti a celebrare un pilastro della pallacanestro nostrana.
Nato il 17 Marzo 1983, si forma cestisticamente nella Pallacanestro Chieti, squadra della sua città natale in cui viene notato dagli scout della Fortitudo Bologna che lo mettono sotto contratto nell'estate del 2000. Il debutto arriva solo nella primavera successiva, per esattezza il 14 Aprile 2001 nella gara vinta 106-80 contro la Viola Reggio Calabria, macinando così i primi di tantissimi minuti che verranno nei successivi 20 anni di onorata carriera. Le sue doti non passano inosservate e, oltre ad essere una presenza ormai fissa nelle rotazioni della Effe, arrivano le convocazioni in azzurro prima con le selezioni Under e successivamente quelle di coach Carlo Recalcati con la nazionale maggiore. Il periodo d'oro di Mancinelli parte dalla stagione 2003-2004 - quella della finale persa 118-74 contro il Maccabi Tel Aviv - e prosegue ponendosi come obiettivo principale quello di riportare un trofeo a Bologna sulla sponda biancoblu: infatti, l'anno successivo si laurea campione d'Italia battendo l'Olimpia Milano in quattro gare. Allo Scudetto cucito sul petto, nel 2005-2006 il Mancio aggiunge anche la nomina di capitano della squadra che lo rende a tutti gli effetti un'istituzione per la Fortitudo e per il basket italiano, traguardi di cui andare fieri a soli 25 anni di età. Dopo una stagione 2006-2007 giocata a livelli altissimi, rifiuta un contratto con i Portland Trail Blazers e rinnova per altri tre anni con il club felsineo, giurando amore eterno non solo alla squadra di cui fa parte, ma all'intera città. Nel 2009, a causa del fallimento della sua amata, è costretto a girovagare itinerante per il Belpaese lasciando il suo segno con le maglie di Milano, Cantù e Torino, prima del ritorno in pompa magna con la maglia delle Effe Blu nella stagione 2016-2017 con cui conquista Supercoppa LNP e il trofeo individuale di MVP della competizione. Due anni dopo festeggia il ritorno in Serie A con la Fortitudo a dieci anni di distanza dall'ultima volta.
Poco più di un mese fa, in un'intervista rilasciata per il Resto del Carlino, Mancinelli dichiarava “La Fortitudo è tutto per me”, segno di come a 38 anni e mezzo senta ancora quella passione e quella determinazione quando si parla della squadra con cui ha trascorso quindici delle sue ventidue stagioni da giocatore di pallacanestro. Ieri ha festeggiato i 10.000 minuti in campo entrando in una speciale élite che comprende oltre lui anche Cavaliero, Moss, Luca Vitali ed il compagno di sempre Pietro Aradori. Il traguardo è arrivato alla partita numero 409 della sua carriera in Serie A (la 283° con la maglia delle Effe Blu), giocando 21 minuti e realizzando 12 punti, tra i migliori nell'amara sconfitta contro la Germani Brescia. Dopo tre giornate di assenza il Mancio è tornato a mostrarci il suo repertorio: una classica giornata in ufficio basata sul gioco in post basso a portare a spasso la difesa avversaria, lay-up rovesciati ed il posizionamento perfetto lungo le linee laterali per raccogliere lo scarico dei compagni e timbrare il cartellino anche dalla lunga distanza.
10.012 minuti rincorrendo la palla a spicchi in Serie A, 6.055 da icona della Fortitudo Bologna, 2.923 con la divisa dell'Olimpia Milano, poi 350 in quel di Cantù e 684 sotto la Mole Antonelliana vestendo la canotta di Torino. Oltre 166 ore passate ad ammirare i 3.743 punti segnati e i 1.535 rimbalzi catturati in carriera dal numero 6 chietino, la cui passione travolgente per questo sport ha attratto le generazioni future come una calamita, insegnando loro non solo quel movimento spalle a canestro ripetuto chissà quante volte ai danni del diretto marcatore, ma anche un attaccamento alla maglia e ai colori di una squadra che ha permesso a Stefano Mancinelli di essere una leggenda del basket italiano.