È un Aaron Jones senza filtri quello che si racconta a Ubaldo Saini sulla “Tribuna di Treviso”. Il lungo americano inizia parlando della nascita della liaison con la pallacanestro: “Fu prestissimo, praticamente avevo appena iniziato a camminare. Mio nonno mi ha messo in mano uno di quei canestrini per bambini e da lì ho cominciato a giocare. Prima di entrare in una vera palestra però è passato qualche anno, finché con la mia famiglia non ci siamo trasferiti a Gautier, in Mississippi”.
Proprio al momento del trasferimento nella sua nuova città, Jones affronta la forza dell’uragano Katrina: “Non sono in molti a chiedermi di questo momento della vita. Lo ricordo come fosse ieri. Eravamo senza corrente e non c'era cibo. L'acqua era contaminata e imbevibile, la sete era un autentico supplizio. Siamo dovuti tornare a Tuscaloosa per circa due mesi, lì l'uragano non aveva fatto troppi danni. Poi siamo tornati a Gautier, ma la città non è mai più stata la stessa dopo Katrina”.
Tornando sull’attualità, Aaron parla anche delle sue passioni extra-campo tra musica e linea di abbigliamento creata, Chasing Greatness: “I miei compagni mi prendono sempre affettuosamente in giro perché sono un tipo dai gusti un po’ retro, dato che i miei cantanti preferiti sono Phil Collins e anche il duo Hall&Oates. La linea di abbigliamento, invece, è nata perché cerco sempre di diventare la versione migliore di me stesso. E questo lo può fare chiunque, un insegnante, un fattorino, chiunque. Chasing greatness significa appunto questo, inseguire la grandezza, cercare di diventare il ‘Goat’, il più grande di tutti i tempi nel proprio campo. L'ultima linea di prodotti, dell'anno scorso, è andata sold-out e ora sto preparando la nuova collezione. Davvero non vedo l'ora di poterla presentare!”.