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Courtside NBA - Chi sale e chi scende nella settimana

Uno sguardo alla situazione oltreoceano

Courtside NBA - Chi sale e chi scende nella settimana

Con la trade deadline ormai prossima (il termine ultimo per gli scambi è giovedì 10 febbraio alle 21:00) e le voci di mercato che continuano a rincorrersi soprattutto sull’asse Brooklyn-Philadelphia dove James Harden e Ben Simmons sembrano pronti a cambiare casacca, scopriamo le squadre che salgono e che scendono nell’ultima settimana NBA.

Chi sale: Boston Celtics e Minnesota Timberwolves

Boston Celtics: 4 vittorie consecutive, 3 nel giro di una settimana contro Miami Heat, Charlotte Hornets e Detroit Pistons e 11 nelle ultime 15, con la zona Playoffs (diretti, ovvero fino al sesto posto occupato oggi dai Brooklyn Nets) distante appena una partita. Non è quello che ci si aspettava a inizio anno, ma i Boston Celtics del nuovo coach Ime Udoka sono comunque riusciti a invertire il trend preoccupante di una stagione che sembrava destinata alla mediocrità costruendo le proprie recenti fortune nella metà campo difensiva. Dopo le 5 sconfitte nel giro di 7 partite che hanno seguito la partita persa contro i Bucks a Natale, agevolati infatti anche da un calendario benevolo nel quale spiccano comunque successi come quelli recente su Heat e Hornets o quello sui Bulls di metà gennaio, Jayson Tatum e compagni hanno dato un deciso giro di vite, chiudendo il primo mese del 2022 da miglior difesa NBA (e dall’8 gennaio a oggi i Celtics possono vantare la miglior difesa NBA davanti ai Golden State Warriors, e il primo net rating complessivo) assieme ai Dallas Mavericks e vincendo il secondo maggior numero di partite tra tutte le squadre dal 31 dicembre a oggi. Le due torri Horford-Tatum rendono la squadra di Udoka la prima per percentuale di rimbalzi catturati e la terza per tiri concessi al ferro, grazie alla loro capacità di intimidazione ma anche di muovere i piedi contro avversari più bassi cambiando in situazioni di pick and roll e negando facili penetrazioni. L’head coach si è sempre detto fiducioso sul potenziale difensivo della squadra, affermando a più riprese come la vera svolta ci sarà solo quando a una difesa d’élite la squadra riuscirà ad affiancare un attacco altrettanto efficace. E in questo i Celtics, dal basso del loro 19esimo offensive rating della lega (punti segnati su 100 possessi), hanno ancora molta strada da fare. Il vero obiettivo di Udoka, quello di trasformare l’energia difensiva in una diversa fluidità offensiva, è anzitutto implementare l’efficienza dei suoi in situazioni di contropiede, dove Boston è tra le squadre meno prolifiche della lega nonché tra le più “lente” nel ritmo di gioco (24esimo pace), per poi passare a una maggiore fluidità nell’attacco a metà campo, dove la palla troppo spesso stagna tra le mani del terzetto Tatum-Brown-Schroder che si alternano in poco prolifici isolamenti. In questo, un deciso aiuto può arrivare dal front-office che nelle ultime ore di mercato può provare ad aggiungere un facilitatore di gioco che inneschi gli esterni di talento della squadra anziché costringerli a costruirsi tiri poco efficaci e provare al contempo ad allungare una panchina che ad eccezione di Schroder, Grant Williams e Josh Richardson sembra troppo debole al cospetto delle altre potenziali rivali della Eastern Conference. Il tutto considerando che proprio uno dei tre potrebbe essere usato in qualche scambio grazie ai loro contratti.

Minnesota Timberwolves: A Minnesota qualcosa sta cambiando. Lo testimonia una classifica che mai a questo punto della stagione era stata così positiva negli ultimi anni (27-25, settimo posto nella Western Conference a una partita dai Denver Nuggets, all’ultima posizione utile per la qualificazione diretta in post-season), ma anche l’inserimento di Karl Anthony Towns tra i 10 candidati all’MVP nel ladder settimanale offerto dalla NBA e tra le riserve della formazione dell’Ovest per il prossimo All-Star Game. “KAT” è solo la punta di diamante di un roster che sta lentamente ma progressivamente crescendo in mentalità e cultura vincente. I Timberwolves, grazie anche ad un’ultima settimana che ha visto i ragazzi di coach Finch imporsi su Jazz, Nuggets e Pistons, possono vantare il primo attacco NBA del 2022, un risultato incredibile se si pensa ai primi due mesi di stagione regolare (26esimo offensive rating) ma anche alla storia recente della franchigia. L’altra faccia della medaglia vede tuttavia la squadra al 15esimo posto per defensive rating nello stesso periodo, un aspetto su cui oltre a lavorare sullo sviluppo dei singoli giocatori lo staff tecnico spera di poter vedere sostanziali aggiunte dal mercato (sul quale sono sostanzialmente stati mesi sia Patrick Beverley che Malik Beasley) entro giovedì, coi nomi di Ben Simmons e anche di Marcus Smart entrati nei radar della franchigia e identificati come possibili uomini in grado di dare una svolta decisa all’attitudine di una squadra ambiziosa, in crescita e che necessita di pochi ma mirati interventi per dare una svolta definitiva alla sua storia recente. La coppia Towns-Edwards (24.3 e 22.3 punti a partita) sembra l’asse su cui costruire con decisione, lo stesso D’Angelo Russell (18.8 punti e 6.9 assist) sta dimostrando solidità e continuità, e le ali tuttofare Jaden McDaniels e Jarred Vanderbilt rappresentano il perfetto complemento proprio per le caratteristiche offensive e difensive del centro della squadra, con lunghe leve, atletismo e possibilità di essere utilizzati in lineup molto diverse tra loro a sfruttarne la grande versatilità. Una base importante su cui costruire esiste e si è ormai consolidata, ma per fare un ulteriore step in avanti Minnesota è consapevole delle sue lacune e di come intervenire per colmarle. È solo questione di tempo.

Chi scende: Portland Trail Blazers-Charlotte Hornets

Portland Trail Blazers: in Oregon la sensazione è che sia realmente arrivati al punto di svolta dopo gli anni migliori di Dame Lillard e le pochissime soddisfazioni ottenute in post-season e mai replicate nelle ultime stagioni. Consapevoli di dover abbandonare ogni inutile velleità di qualificazione ai Playoffs o al torneo Play-in, i Portland Trail Blazers sembrano pronti ad abbracciare per l’ultima parte di stagione una più sensata ricerca di chance in ottica draft (le prime scelte 2022 e 2023, dalla 1 alla 12 e dalla 1 alla 10 rispettivamente, sono di loro proprietà) e di una ricostruzione progressiva del roster che lentamente sta facendo emergere alcune interessanti individualità, su tutte quella del 22enne Anfernee Simons, diventato il principale scorer della squadra dopo gli infortuni di Lillard ma anche di McCollum, solo recentemente rientrato da un serissimo problema di salute e già in orbita trade. Proprio a proposito di trade, nell’ultima settimana l’esigenza di avviare con qualche mese di anticipo la rivoluzione ha portato ai saluti di Robert Covington (che a fine anno sarebbe stato free agent) e di Norman Powell, giocatore che proprio pochi mesi fa era stato aggiunto al posto di Gary Trent Jr, ottenendo in cambio dai Los Angeles Clippers i contratti di Eric Bledsoe, Justise Winslow e del rookie Kean Johnson, scelta 21 dell’ultimo draft, oltre a una futura seconda scelta. Davvero poco, se si considera che proprio per portare a casa la coppia Powell-Covington la franchigia aveva sacrificato due prime scelte oltre al già citato Trent Jr che in Canada, ai Toronto Raptors, sta dimostrando di essere un giovane di ottimo potenziale. La fretta, quindi, ha fatto sì che Portland si accontentasse di cedere due contratti dal valore di mercato decisamente interessante per le contender, in cambio di poco o nulla, e lasciando comunque la sensazione che gli stessi giocatori acquisiti oltre a quelli già presenti a roster ma ormai a fine corsa in Oregon come McCollum ma anche Jusuf Nurkic, potranno muoversi nuovamente nelle ultime ore. Un vortice da cui non è possibile escludere, oggi o a luglio e nonostante le dichiarazioni d’amore recentemente ribadite, nemmeno Damian Lillard, alla cui richiesta di rinforzi della scorsa estate la dirigenza ha risposto nel peggiore dei modi, rendendo perdente in partenza una stagione che poteva e doveva assecondare la voglia di competere della superstar del team. A questo punto è solo questione di giorni o al più di mesi per completare l’opera e dare un senso compiuto al rebuilding, magari aiutati da un draft benevolo. Nel frattempo, i Blazers raccolgono 5 sconfitte nel giro di 7 giorni “scendendo” a 3 partite di distanza dal penultimo posto occupato dai Thunder. Obiettivi al contrario, per una franchigia arrivata al punto di non ritorno.

Charlotte Hornets: 4 sconfitte consecutive, tutte arrivate negli ultimi 7 giorni contro Boston Celtics, Miami Heat, Cleveland Cavaliers e Los Angeles Clippers, e 6 nelle ultime 10 per retrocedere al nono posto della Eastern Conference più combattuta degli ultimi anni. Niente di sconcertante per una squadra ancora in costruzione, ma un segnale preoccupante se ogni brusco arresto di LaMelo Ball e compagni arriva sistematicamente a causa di una difesa mediocre. Gli Hornets infatti continuano a confermarsi, partita con gli Heat di stanotte a parte, come una delle più brillanti e divertenti squadre offensive della lega, non trovando però nella loro metà campo quella minima solidità richiesta a una squadra che deve puntare almeno a bissare il risultato della scorsa stagione, conquistandosi la chance di disputare il torneo Play-in. Un obiettivo alla portata se si guarda il roster a disposizione di coach James Borrego, ma che diventa utopistico per la totale assenza di miglioramenti nel fondamentale in grado di elevare Charlotte da semplice team spettacolare a squadra in grado di impensierire le più forti dell’Est. Il 25esimo attuale defensive rating peggiora e di molto addirittura quanto fatto un anno fa (18esimo), preoccupando non poco una dirigenza consapevole di dover colmare uno spot evidentemente lacunoso come quello di centro, ma che a questo punto necessita di sondare il mercato anche alla ricerca di un esterno che sia in grado di sostenere la poca attenzione difensiva della coppia Ball-Rozier, di cui oggi la squadra non può fare a meno in attacco. Per chi non ha deliberatamente scelto di strizzare l’occhio al draft ma anzi ha ambizioni di continua crescita, sono numeri poco sostenibili e che inducono a una riflessione soprattutto per sfide come quella della notte, in cui una Miami in grande spolvero, tenendo ad appena 8 punti Ball e compagni nel terzo quarto segnandone la bellezza di 35, ha spaccato in due la partita arrivando poi ad una agevole vittoria. Insomma, gli indizi su come cambiare la storia di questa squadra sono evidenti e facilitano il lavoro del front-office: solo con la difesa Charlotte potrà spiccare il volo.

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