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LBA Longform - Daniel Hackett, maturità e DNA da vincente

Il playmaker torna in Italia dopo sette anni per vestire la maglia della Virtus Segafredo Bologna

LBA Longform - Daniel Hackett, maturità e DNA da vincente

Di Cesare Milanti

Iniziava un febbraio importante per la Virtus Segafredo Bologna in campo europeo, dopo che a gennaio erano arrivate due prestazioni non proprio esaltanti per gli uomini di Sergio Scariolo: prima la vittoria casalinga 83-82 sul filo del rasoio contro i francesi di Bourg en Bresse, poi la pesante sconfitta 84-68 nella trasferta tedesca ad Ulm. E dunque si torna tra le mura della Virtus Segafredo Arena, pronti a ospitare il Buducnost dell’ex A|X Armani Exchange Milano Vlado Micov. Niente da fare, nonostante una prestazione dominante da 19 punti e 12 rimbalzi di Mouhammadou Jaiteh, anche i montenegrini riescono a strappare una vittoria in casa dei campioni d’Italia, che scivolano al quinto posto del Gruppo A con un bilancio di 6 vittorie e 6 sconfitte. Seguono un’altra vittoria tirata in campionato sul campo dell’Openjobmetis Varese (80-81) e una Frecciarossa Final Eight di Coppa Italia a Pesaro che termina in semifinale, con la Bertram Tortona che spezza sul nascere un’ipotetica nuova sfida valida per un trofeo - dopo il 4-0 nella finale Scudetto e la vittoria in Supercoppa Italiana - agli uomini di Ettore Messina. Serve una scossa, uno squillo, qualcosa che possa smuovere l’ambiente.

Un giorno dopo quella sconfitta da parte della Virtus Segafredo Bologna, il CSKA Mosca ospita sul parquet della Megasport Arena i campioni in carica dell’Anadolu Efes per il match di cartello del Round 24 di Eurolega. Scende in campo gente del calibro di Will Clyburn, Nikola Milutinov, Shane Larkin; e poi Vasilije Micic, Alexey Shved, due degli allenatori più blasonati dell’intera competizione come Dimitris Itoudis ed Ergin Ataman. E Daniel Hackett, ormai ben più di una sicurezza al livello più alto della pallacanestro europea. Da quando ha lasciato l’Italia nel 2015, ha messo in bacheca un campionato greco con l’Olympiacos - l’ultimo dei Reds prima che iniziasse il dominio ellenico del Panathinaikos -, due VTB League, una Supercoppa VTB e un’Eurolega con il CSKA Mosca. I turchi vinceranno 97-99 uno dei confronti più elettrizzanti dell’intera stagione in corso, ma c’è chi può andare a letto con una soddisfazione non indifferente: nell’anno dei suoi 35 anni, 31 punti con 5/7 da due e 6/10 da tre, career high.

Come se non bastasse, cinque giorni dopo aggiorna questa voce statistica, perché ne mette 33 contro l’UNICS Kazan, peraltro in condizioni simili: gara casalinga contro una diretta concorrente - questa volta non per i playoff ed eventuali F4 di Eurolega, ma per lo scettro della VTB League - e sconfitta di due punti, 107-109 dopo tre overtime. Ma Hackett è un’ira di Dio, specialmente perché Shved non sembra dare le giuste garanzie e il CSKA Mosca non ha ancora affondato definitivamente il colpo per Kevin Pangos; l’ex Siena confeziona una gara da one-man show in un duello a distanza con Mario Hezonja, a cui aggiunge anche 5 rimbalzi e 4 palle recuperate, con 5/8 dall’arco. È diventato un giocatore dall’arsenale illimitato, un attaccante che ha tante soluzioni offensive a disposizione e uno specialista difensivo come ce ne sono pochi nel suo ruolo in Europa. Da ragazzo con la faccia cattiva che intimoriva ogni avversario nei suoi primi anni in Italia è diventato un leader capace di mettersi sulle spalle un club che non ha fallito l’accesso alla Final Four di Eurolega solo in un’occasione da quando la massima competizione europea dell’ECA ha questo nome.

La passata stagione, a tal proposito, è stata il perfetto esempio: con Mike James in rotta di collisione prima e partente definitivo poi, il numero 10 dei moscoviti ha preso definitivamente il controllo della cabina di regia, aiutando i suoi a infilare una striscia di 8 vittorie consecutive tra regular season e playoff contro il Fenerbahçe, risultando anche uno dei migliori in campo (17 punti) degli sconfitti nella semifinale di Colonia contro l’Anadolu Efes, che il giorno dopo avrebbe alzato al cielo il trofeo. E perché no, anche in quest’annata non si è vista partita d’Eurolega senza che la voce al commento non sottolineasse l’ennesimo sforzo per recuperare un pallone, l’ennesimo tiro pesante per congelare il successo, l’ennesimo assist in transizione. Tutto made in Hackett, che quest’anno si è portato a casa due MVP del turno in Eurolega consecutivi (20esima e 21esima giornata), oltrepassando il muro dei 2000 punti nella competizione in ben più di 200 partite disputate.

Spesso esuberante e fuori controllo. Non sempre un modello da seguire come molti si aspettano da me, ma se non conosci la mia storia non potrai mai capire. Il percorso non è stato facile come può sembrare: ho scritto che non sempre sono un esempio perché ho avuto problemi fuori dal campo. Ma ho vissuto sempre a modo mio, a volte sbagliando, a volte facendo passi indietro. Quando sono caduto nel buio, mi sono reso conto di chi era veramente al mio fianco e di chi invece lo faceva solo per comodità”. Diceva così Daniel Hackett alla vigilia di un Milano-CSKA Mosca del novembre 2018. E, in effetti, i suoi anni primi anni in Italia sono stati il viaggio di un ragazzo sulle montagne russe, con molti più alti ma con alcuni bassi, legati presumibilmente al carattere forte e ad una voglia di dimostrare che gli portava successi - un Triplete con Siena in cui è stato MVP di Coppa Italia, Supercoppa Italiana e finale Scudetto, ad esempio - ma anche tante critiche nel momento in cui alla determinazione non si accodavano prestazioni convincenti sul parquet. Invece, passo dopo passo in un percorso che forse non immaginava neanche lui, l’ex compagno di DeMar DeRozan all’University of South California ha saputo trarre il meglio dai picchi delle vittorie e dalle cadute delle sconfitte.

È stato un processo costante, che l’ha visto prima sfiorare una Final Four casalinga nella prima delle sue due annate meneghine e poi decidere di tentare un’esperienza all’estero, all’Olympiacos, con quello che qualche tempo dopo sarebbe diventato il miglior marcatore nella storia dell’Eurolega: “Abbiamo vinto insieme, Spanoulis è stato una guida e un amico, mi è stato vicino, nonostante l'infortunio ha avuto fiducia in me. Tutta l'esperienza ad Atene e nell'Olympiacos è stata una benedizione. Ne esco col sorriso”. Sì, ne esce con il sorriso e con un campionato greco vinto contro una leggenda vivente come Dimitris Diamantidis, alla sua ultima apparizione in carriera. Seguirà un anno al Bamberg, nell’ultima gestione Andrea Trinchieri sulla panchina dei tedeschi, dopo che un altro italiano come Nicolò Melli aveva imparato tanto dall’ex allenatore di Cantù. Daniel è al centro del progetto e nel corso di una stagione travagliata ritroverà in panchina anche Luca Banchi, che tanto l’aveva voluto a Milano dopo aver condiviso diversi successi a Siena. Chiuderà quell’annata senza trofei, ma con medie da 10.3 punti, 4.2 rimbalzi e 4.5 assist, trovando una certa costanza al tiro, caratteristica che spiccherà nel suo rendimento moscovita.

Un’avventura, l’ultima in terra russa, che l’ha visto effettuare diversi passi in avanti sotto svariati punti di vista: in campo come giocatore, dove ormai gli analisti delle squadre avversarie impiegano diverse clip del piano partita per concentrare le attenzioni su di lui, e come una sorta di faro per i compagni sia in situazioni di gioco che come faro da seguire nei momenti bui della partita: “Il mio ruolo ora è di essere il prolungamento del coach in campo. Far passare il suo messaggio con forza o con tatto e provare a fare il meglio per la squadra. Itoudis ha fatto con me un grandissimo lavoro giorno dopo giorno per arrivare a essere il giocatore che sono oggi”. Aveva detto così in passato di uno degli allenatori più vincenti della pallacanestro europea, e ora un collega dal curriculum altrettanto prezioso come Sergio Scariolo sarà contento di avere un ulteriore direttore d’orchestra a disposizione, oltre al metronomo Milos Teodosic, l’esuberante Niccolò Mannion, la certezza Alessandro Pajola e il veterano Marco Belinelli. Sì, perché dopo un mese complesso per i bianconeri e un conflitto insensato scoppiato a causa dell’invasione russa dell’Ucraina, Daniel Hackett ha preso una decisione sofferta, ma obbligata per la sicurezza dei suoi cari, che l’hanno seguito in ogni spostamento della sua ricca avventura in terra estera.

Ciao a tutti, sono Daniel. Sono super felice di essere qui a Bologna e rappresentare la Virtus Segafredo. Voglio salutare tutti i tifosi e dirvi che ci vediamo presto al palazzetto per tante belle avventure, un abbraccio”. La scossa è arrivata, lo squillo è qui: Daniel Hackett è bianconero, la Virtus Segafredo Bologna è la nuova tappa del suo percorso. Da giovane a esperto, da talento a leader. Maturità e DNA da vincente al servizio dei campioni d’Italia.

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