In un’intervista a Cosimo Cito su “La Repubblica”, Carlton Myers ha parlato della situazione odierna della pallacanestro in Italia: “C'erano uomini-squadra a cui i tifosi si legavano. Le piazze più calde spingevano i presidenti a investire. Le piazze erano la forza delle loro squadre. Ora dobbiamo sperare che Armani o Zanetti continuino a investire ancora. Per il resto vedo poco in giro. Le squadre cambiano molto, i tifosi non si affezionano. Eppure sprazzi di bel basket spuntano qua e là. La Nazionale è il perno del movimento. È scandaloso che per le qualificazioni a Europei e Mondiali i giocatori dei club di Eurolega non possano essere convocati. Ma a volte ci accontentiamo, prendiamo per successi cose come una qualificazione all'Olimpiade. Quello è un risultato, non un obiettivo. L'obiettivo deve essere tornare a vincere i tornei. L'ultimo è ancora l'Europeo del 1999. Il nostro”.
Poi Myers ha parlato del suo impiego attuale, spiegando anche perché ha deciso di non provare l’avventura da coach: “Ho un'agenzia, gestisco giocatori, allenare non è mai stato nei miei programmi. Non avrei potuto continuare ad avere agende, orari. E poi avrei avuto bisogno di Bodiroga, Danilovic, Fucka. Gente in grado di toglienni dai guai da sola”.
Ma oggi i ragazzi per quale motivo si ricordano di Carlton Myers? “Per tre cose, direi. Il pallone sotto la maglia dopo Italia-Spagna, la finale dell'Europeo. Il record di punti, 87, in A2, nel 1995. Ero tornato a Rimini ostaggio di Pesaro e del cartellino. In quella partita contro Udine ci misi tutta la rabbia che avevo in corpo. Sono ancora il Wilt Chamberlain italiano, diciamo. E sono stato il primo e unico italiano di colore portabandiera in una cerimonia di apertura olimpica, a Sydney 2000”.