Di Filippo Stasi
L’ospite settimanale di “5 domande a…” è Robin Benzing, ala della Fortitudo Kigili Bologna che compirà 33 anni il prossimo 1° maggio. La squadra di coach Antimo Martino si aggrappa anche alla notevole esperienza internazionale del tedesco, che in Nazionale ha avuto come compagno una leggenda del basket mondiale come Dirk Nowitzki…
Siete reduci dalla grande vittoria interna sulla Dolomiti Energia Trento della scorsa domenica, che mantiene la Fortitudo Kigili Bologna in corsa per la salvezza. Sei stato il miglior marcatore della partita e sei uno dei leader del gruppo, grazie all’esperienza accumulata negli anni. Quando guardi negli occhi i tuoi compagni e coach Antimo Martino, vedi la giusta determinazione per raggiungere l’obiettivo? Credo che la Fortitudo abbia valide chance di rimanere nella massima serie e salvarsi in queste ultime partite. La vittoria contro Trento ci ha dato fiducia, rappresenta un bel passo in avanti per affrontare con lo spirito giusto le restanti tre sfide. Ci attende la trasferta a Varese, non sarà facile, ma dobbiamo strappare i due punti. Le ultime due trasferte a Venezia e Pesaro, prima del successo al PalaDozza contro Trento, ci hanno lasciato l’amaro in bocca perché c’è mancato poco per vincere. Soprattutto contro Pesaro, una sconfitta di un solo punto che non avremmo meritato considerata la prestazione… Però siamo concentrati sul prossimo futuro: Varese domenica prossima e infine due partite in casa nostra, contro Napoli e Reggio Emilia. Ognuna di queste andrà affrontata come se fosse una finale. Vogliamo vincere a Varese e avvalerci poi del supporto del PalaDozza per fare risultato anche nelle ultime due sfide. Non ho mai giocato per un pubblico così speciale in carriera. Forse solo durante la mia stagione al Besiktas, nei derby di Istanbul, si respirava un’atmosfera simile, elettrica… Ma i tifosi della Fortitudo sono speciali e ci sono mancati nella prima parte di stagione, per via delle restrizioni. Un PalaDozza pieno e caldo ci aiuterà senz’altro a giocarci al meglio le nostre chance di salvezza.
Come detto, sei un veterano del basket europeo e hai trascorso diversi anni della tua carriera in Bundesliga. Poi le esperienze all’estero a Saragozza, Istanbul e oggi Bologna. Hai riscontrato particolari differenze tra il campionato tedesco e quello italiano ad esempio? Non così tante ad essere sincero. Personalmente le ritengo simili, due leghe dove si tende a giocare un basket atletico e a ritmi alti. La maggior parte delle squadre scelgono giocatori statunitensi per completare il loro reparto stranieri in estate, per cui spesso ci si affida spesso alle loro qualità fisiche esplosive e ai loro istinti incredibili. Per quel che è stato il mio trascorso in Liga ACB, era più comune trovare squadre strutturate e abituate a giocare un basket dove la componente tattica trovava maggiore risalto. Questo sempre per un discorso di organico: nel campionato spagnolo ci sono giocatori americani ma in percentuale minore rispetto ad altri campionati europei. Si gioca dunque un basket più ragionato, potendo contare su diversi giocatori di formazione europea, già preparati a certe letture e ad aspetti di tattica che negli USA non vengono stressati con la medesima attenzione. La Serie A italiana è comunque molto stimolante, sono felice di aver accettato la proposta della Fortitudo Bologna e di saggiare la bontà del campionato italiano.
Di anni tra i professionisti ne hai già alle spalle una dozzina… C’è stato un allenatore che ti ha aiutato più di altri a diventare il giocatore che sei oggi? E qual è stata invece la gioia più grande della tua carriera? Il coach che ha esaltato al meglio le mie caratteristiche è stato senza dubbio Dirk Bauermann, che mi ha allenato durante la mia annata a Wurzburg (2017/18, ndr) in quella che è stata la mia ultima stagione in Germania. Mi sono trovato splendidamente con lui perché non solo mi lasciava libertà nel prendermi soluzioni offensive che ho nelle mie corde, ma soprattutto è riuscito a mettermi sempre nelle condizioni ideale per poter essere efficace, ero inserito perfettamente nei meccanismi di squadra. A livello statistico è stata di gran lunga la mia miglior stagione in carriera, ma anche a livello di squadra è stato grandioso, mancammo la qualificazione ai playoff per un soffio all’ultima giornata... Mentre la soddisfazione più grande direi che è stata vincere la finale del torneo preolimpico di Spalato, lo scorso luglio, contro il Brasile. Staccare il pass per l’Olimpiade è stato emozionante almeno quanto vivere l’esperienza di Tokyo. Giocare per la propria Nazionale è sempre bellissimo, ma raggiungere certi traguardi magari un po’ inaspettati ti inorgoglisce ancora di più. Al secondo posto metto invece la vittoria del campionato tedesco, nel 2014, con il Bayern Monaco.
Hai parlato di quanto ti piaccia vestire la canotta della Germania e con la Nazionale tedesca hai scollinato quota 150 presenze in carriera, dal 2009 ad oggi. Hai poi citato Wurzburg, città tedesca conosciuta dagli appassionati di basket di tutto il mondo per aver dato i natali a una leggenda chiamata Dirk Nowitzki. Hai avuto l’opportunità di giocare insieme all’ex campione dei Dallas Mavericks, tuo connazionale: che cosa ci racconti di lui? Dirk Nowitzki è il mio idolo sin da quando ero ragazzo. Insieme a Kevin Durant rappresenta un modello d’ispirazione per cercare di migliorare il mio gioco nei due spot di ala, ho studiato molto entrambi. Ho avuto la fortuna di disputare due Europei al fianco di Dirk, nell’estate del 2011 - poche settimane dopo la vittoria del titolo NBA con i Mavs era in ritiro con noi in Germania - e nel 2015, al suo ultimo valzer con la Nazionale. In entrambe le occasioni tra l’altro affrontammo l’Italia! Ad ogni modo, Dirk si è sempre posto sullo stesso livello di ogni suo compagno di Nazionale, senza mai far valere il suo status. La sua personalità è amichevole, scherza con tutti... Dirk è speciale proprio perché si comporta come una persona normale, nonostante sia una leggenda. Nelle due estati trascorse con lui non so dirvi quante volte, al termine dell’allenamento, l’ho sfidato in una gara di tiro… Credo di non averne mai vinta una! Altrimenti me lo ricorderei bene (ride, ndr). Mi reputo un buon tiratore, ma contro di lui niente da fare. Ciò che ha fatto in carriera, giocando 21 anni in una stessa franchigia NBA, diventando il sesto miglior marcatore della storia NBA, l’unico giocatore europeo ad arrivare nella Top 25… Di cosa stiamo parlando? Sono semplicemente onorato di aver potuto condividere il parquet con campione come lui.
Dopo lo sguardo volto al passato col focus su Wunder Dirk, un’ultima domanda circa i tuoi attuali compagni di squadra alla Fortitudo: ci riveli chi è il più divertente in spogliatoio? Non è facile fare un solo nome: Jacopo Borra è super, ma siamo tutti ragazzi simpatici. Anche Gabriele Procida ci fa ridere di gusto! Oltretutto, sono suo compagno di stanza nelle trasferte, per cui posso dire di conoscerlo abbastanza bene fuori dal campo. Sul parquet per il resto è sotto gli occhi di tutti il suo talento incredibile. Ritengo abbia fatto dei passi avanti rilevanti nel corso della stagione, è un ragazzo molto umile e lavora sodo per arrivare il prima possibile dove lui ambisce. Mi sembra molto concentrato sul suo percorso. È un prospetto che gli stessi scout NBA stanno monitorando con interesse e con il tempo, se continua a lavorare come già sta facendo, potrà misurarsi a quel livello. Non posso che augurargli il meglio per il suo futuro naturalmente.