Di Cesare Milanti
Quando Fatih Terim è arrivato a Milanello, in molti si ricordavano di quella che era stata la partita che l’aveva visto sulla panchina avversaria nella stagione precedente. Un sonoro 4-0 della Fiorentina ai danni dei rossoneri, che ha regalato ai viola il podio del campionato attorno alla metà del gennaio 2001. A fine anno, però, il posto in classifica sarà l’8°, con tanto di dipartita di uno dei migliori visti al Franchi: una volta che l’allenatore turco aveva sposato la causa Milan, infatti, aveva chiesto come regalo Rui Costa, attorno a cui sviluppare il suo 4-3-1-2. Vincitore della Coppa UEFA con il Galatasaray due stagioni prima, in molti erano fiduciosi sul buon operato dell’Imperatore.
Quando il 4 novembre 2001 il Milan perde in trasferta contro il Torino, c’è con ogni probabilità un altro turco che guarda la partita da una televisione italiana. Quando Pippo Inzaghi apre il piatto destro e spara alto un rigore concesso a pochi istanti dalla fine, Ergin Ataman si rende conto che l’avventura in Serie A del suo connazionale potrebbe essere finita. Il giorno dopo, quando Siena non era reduce da un confronto in campionato per il suo turno di riposo, Fatih Terim lascia l’Italia e torna in patria, per un’attesa di pochi mesi prima di riprendere in mano il suo Galatasaray.
Il “piccolo Imperatore”, quello della pallacanestro e non dei grandi stadi calcistici, è ora l’unico condottiero turco sulla panchina di una squadra sportiva italiana ad alto livello. Dopo aver conquistato una Coppa del Presidente con il Türk Telekom Ankara nel 1997, l’allenatore classe 1966 non era riuscito a vincere alla guida dell’Efes Pilsen (fa quasi sorridere, leggendolo oggi), pur arrivando a giocarsi una Final Four e aveva accettato la chiamata della Montepaschi Siena nell’estate 2001. Insieme a lui arrivano Brian Tolbert dal Galatasaray e Alpay Öztaş dal Pinar Karsiyaka, ma soprattutto i toscani si rafforzano con Vrbica Stefanov e Mindaugas Žukauskas. È una squadra, trainata dallo sloveno Boris Gorenc e da capitan Roberto Chiacig, che vuole migliorare il rendimento della prima stagione del millennio, culminata con un’eliminazione ai quarti di finale playoff per mano della Fortitudo Bologna e un 9° posto in Suproleague FIBA.
Ergin Ataman, intervistato dal Corriere dello Sport durante la stagione, non smorza l’entusiasmo sul potenziale dei suoi, paragonandosi proprio al suo collega calcistico: “Io e Terim, che è un eroe in Turchia, siamo persone con lo stesso carisma. Io e lui facciamo credere ai giocatori che possono avere successo. In Toscana vogliono che io sia il Terim del basket. Intervistatemi dopo lo Scudetto”. E se il tricolore non arriva, a Siena si festeggia comunque a fine stagione: a Lione, contro il Valencia, la Mens Sana alza il cielo l’ultima edizione della Saporta Cup. Il tecnico turco, in quello che oggi potrebbe risultare un flash-back ideato dai migliori sceneggiatori in circolazione, sentenzia: “Il nostro primo obiettivo è stata la finale della Saporta Cup. Ho completato la prima parte della mia missione. Ora è il momento di entrare tra le prime quattro del campionato e di entrare in Euroleague”. Ancora una volta, aveva ragione lui.
L’intervista post-Scudetto non arriverà, perché Ataman non farà in tempo a godersi in prima persona il ciclo di vittorie italiane da parte di Siena, ma la profezia si avvera nuovamente, con un finale ben più lieto del previsto. Non solo la Mens Sana è una delle quattro nostrane nell’Eurolega 2002/2003 - insieme a Benetton, Fortitudo e Virtus -, ma risulta essere una delle protagoniste più sorprendenti dell’annata continentale. Con innesti dal valore inestimabile come Alphonso Ford, Dušan Vukčević e il turco Mirsad Türkcan, i senesi superano di un soffio il Gruppo B in regular season, per poi però dominare il Gruppo E nelle Top-16, eliminando la Skipper di Repesa, Basile e Pozzecco, oltre a Panathinaikos e Ülker Istanbul. Ergin Ataman riesce a condurre Siena alla prima Final Four della sua storia, che si concluderà con un terzo posto: sconfitta in semifinale contro la Benetton Treviso di Ettore Messina, sconfiggerà il CSKA Mosca 78-79 nella finale per il bronzo.
Il tecnico turco vive un biennio da sogno in Italia, immergendosi in quello che lo circonda dentro e fuori dal campo: “Conosco bene la cultura italiana. Sto leggendo Dante. Ho tanti amici, come Messina, Scariolo e Crespi. Il basket è sempre esistito, a Siena. Mi hanno spiegato che la città è stata la culla della pallacanestro: nel 1907 la professoressa Pesciolini aveva tradotto le regole di Naismith e aveva insegnato i principi fondamentali del gioco alle sue allieve della Mens Sana. La cultura cestistica, dunque, è solida”. Alla fine di quel 2002/2003, però, qualcosa si incrina dal punto di vista personale ed Ergin Ataman decide di tornare in Turchia.
In un’intervista al Corriere della Sera alla vigilia dell’atto finale in Saporta Cup, era stato nuovamente lungimirante sul futuro: “La Turchia negli ultimi dieci anni è la nazione che è migliorata più di tutte, nel basket. Ma un suo tecnico non si era mai affermato all' estero: forse esagero, ma secondo me la gente avverte questa cosa come una grande soddisfazione”. Ataman, che era risultato il primo tecnico turco ad affermarsi fuori dai confini della propria patria, è in Turchia che raggiunge un livello che probabilmente nessun suo connazionale riuscirà mai a sfiorare. Dal suo rientro ad oggi, sono 21 i trofei che ha messo in bacheca tra Ülkerspor (l’attuale Fenerbahce), Galatasaray, Beşiktaş ed Efes, sia nell’era Pilsen che in quella Anadolu, la più recente e vincente anche a livello continentale.
Nonostante lui definisca “un grave errore, perché l’Italia in quel momento era il top” lasciare Siena e la Serie A, Ergin Ataman ha avuto modo di riprovare a dire la sua nel nostro campionato, alla guida della Fortitudo Bologna nel 2006/2007. Un’avventura, quella, iniziata a stagione in corso e finita prima del termine dell’annata, a sottolineare le difficoltà affrontate dal turco sotto le Torri. Un roster che vantava il talento dei vari Tyus Edney e Marco Belinelli, a cui si erano aggiunti per volere di Ataman, Alain Digbeu, Dan Gay e Jérôme Moïso, ma che non riuscì a sfondare.
Lui che con Fatih Terim condivise allo stesso momento anche le panchine di Galatasaray e Nazionale turca (fino al 2017), ha fatto proclami e ha vinto ancora, portando al trionfo per la seconda volta consecutiva in Eurolega l’Anadolu Efes di Shane Larkin e Vasilije Micic ed entrando nell’élite continentale che vedeva solo Maccabi Tel-Aviv e Olympiacos come squadre in grado – nell’era moderna - di sollevare al cielo la competizione europea più importante in back-to-back. Faceva proclami a inizio secolo a Siena, non si è risparmiato nelle ultime due annate a Istanbul. Perché Ergin Ataman trasforma in oro ciò che tocca: è la sua carriera a dirlo, ben prima delle sue stesse profezie.