Di Filippo Stasi
Il protagonista delle “5 puntate a…” è Nazareth Mitrou-Long, reduce da una stagione straordinaria con la Germani Brescia e dalla prestazione da 38 punti nell’ultima partita dell’anno contro il Banco di Sardegna Sassari.
Naz, la stagione della Germani Brescia è terminata forse prima di quanto tutti voi vi poteste aspettare all’inizio di questi playoff… Vi è mancato davvero poco per strappare una Gara 5. Tu, in particolare, sei stato l’ultimo a mollare, giocando con la febbre ma facendo registrare comunque il tuo career-high in Italia… Confermo che mi sono svegliato alle 3 di mattina del giorno gara, tutto sudato e con un terribile mal di testa. Avevo 38 di febbre e il malessere non si è alleviato nel corso della giornata. Però avevo motivazioni enormi per Gara 4: non ci aspettavamo di trovarci spalle al muro già al primo turno, con l’MVP della stagione e il nostro 4 titolare infortunati… Abbiamo provato a vincere anche senza di loro e per poco il nostro sforzo non è stato ripagato. Avremmo meritato di giocare Gara 5 in casa davanti ai nostri tifosi, ma purtroppo ci sono mancati solamente 3 punti… Nessuno di noi si aspettava un epilogo così duro da digerire, che tuttavia non toglie valore alla stagione straordinaria che abbiamo disputato: vi assicuro che per quanto questo gruppo ha lavorato duramente durante l’anno, avremmo meritato di fare più strada in postseason. Ma nel basket, come nella vita, ci sono imprevisti che sono fuori dal nostro controllo e in questo caso siamo stati penalizzati.
Hai dimostrato una mentalità da campione, segnando 38 punti con la febbre a 38. Ulteriore testimonianza che sia la testa, nello sport, a controllare quasi tutto. Come sei riuscito a produrre il massimo sforzo proprio nella giornata in cui sei stato male? La mente controlla tutto. Una buona condizione fisica è certamente imprescindibile e noi professionisti dobbiamo curarla ogni giorno, ma non è l’elemento realmente determinante. Quando sono stato male, ho riletto dei passaggi di un libro che porto sempre con me: Can’t hurt me di David Goggins, la storia - raccontata in prima persona - di quest’uomo che sin dall’infanzia ha dovuto affrontare traumi e difficoltà importanti, ma ciononostante è riuscito a trovare una profonda motivazione dentro di sé per dominare i pensieri nocivi e tornare ad essere sereno. Esistono diversi esempi da seguire, storie di persone che possono ispirarci per quello che hanno passato o stanno ancora trascorrendo, per il modo in cui reagiscono e affrontano le avversità. In molti di questi casi la reazione la determina la forza mentale individuale. Io avevo solo un po’ di febbre e sono sceso in campo nonostante non stessi molto bene per la città di Brescia, per l’organizzazione eccellente che ho trovato in questo Club, dallo staff alla dirigenza. Non mi servivano ulteriori motivazioni. Mi spiace solo che quella sia stata la nostra ultima partita stagionale.
Nazareth Mitrou-Long e Amedeo Della Valle: quante volte nel corso della stagione si è sentito lodare il dynamic-duo della Leonessa Brescia… Parlaci del vostro rapporto, dentro e fuori dal campo. In campo già lo sapete: è l’MVP! Direi che il riconoscimento individuale rende merito alle sue incredibili qualità in campo e non è necessario che mi dilunghi sulle sue qualità come giocatore. Già le conoscevo, abbiamo avuto un trascorso comune negli Stati Uniti, frequentando la stessa high-school… Mentre non conoscevo il ragazzo che è Ame, genuino e dall’umorismo sottile: non tutti lo capiscono, ma se lo capisci ti diverte molto! Sono felice di aver potuto essere suo compagno di backcourt quest’anno, ci siamo divertiti molto assieme e ci siamo completati bene in campo, questo per merito anche di coach Magro e dello staff tecnico.
Però dietro a una stagione superlativa che, tra le altre cose, vi ha visti andare in striscia di 14 vittorie consecutive - nuovo record societario - ci deve essere necessariamente uno spogliatoio molto unito. Hai qualcosa da dire ai tuoi compagni?
Ecco, spesso durante la stagione si parlava di me o Amedeo Della Valle senza che venisse dato il giusto credito anche a tutti i nostri compagni. Che invece ne meritano, quindi dato che i media non sono sempre attenti a lodare l’iceberg nella sua interezza, guardandone solo la punta, ci penso io a fare un tributo a tutti loro adesso. Tommy (Laquintana, ndr) è un playmaker molto sottovalutato: sa segnare in tanti modi, è un buon passatore e mette in campo un’energia incredibile. Spesso ci siamo marcati in allenamento e vi assicuro che è un cagnaccio! Non molla mai, gioca con ardore innato. Poi Sasà (Parrillo, ndr), un professionista esemplare, un compagno di squadra perfetto, sempre sorridente e solare anche quando non vedeva il campo con continuità. John Petrucelli è uno dei giocatori più dotati che abbia visto nella mia intera carriera e mi riferisco anche alla NBA: ha una coordinazione occhi-mani tremenda, così come la sua mobilità laterale… In allenamento in ‘uno contro uno’ ci siamo scannati spesso a vicenda! È competitivo come pochi. Mike Cobbins è stato per distacco il migliore per percentuale al tiro da 2 punti del campionato e in spogliatoio è sempre stato tra i più divertenti, le risate con lui non mancano mai! Andando avanti, Kenny Gabriel è un veterano che vorresti sempre avere dalla tua parte: ha giocato ovunque, sa fare tutto in campo, è un leader vocale, ha vinto in passato e potrà giocare ancora ad alti livelli per molto, è un super atleta e un fantastico capobranco in spogliatoio. Paul Eboua è nettamente il giocatore con il maggiore potenziale: ha un telaio, una struttura fisica di livello superiore e tecnicamente sta migliorando tanto, può ambire a fare una grande carriera e ne sono convinto per come si pone, ascolta e lavora sodo in palestra. Continuo con Chris Burns, che è il nostro Draymond Green: porta energia, versatilità, esperienza e dinamismo su entrambe le metà campo. Vuoi sempre un compagno di squadra del genere dalla tua parte. John Brown si è inserito meravigliosamente nel gruppo e non era scontato che fosse così: ha portato ulteriore entusiasmo e ammiro il suo essere così estroverso, cosa che non mi appartiene per carattere. Lee Moore è un altro atleta capace di darci quella marcia in più e spaccare le partite, cosa che ha fatto più volte in stagione in uscita dalla panchina. Ha un temperamento mite, ma ci sono giornate in allenamento in cui è indiavolato, immarcabile. Poi c’è capitan David Moss, che è stato il mio compagno di stanza nelle trasferte. D-Moss è un esempio perché interpreta ogni allenamento come se si trattasse del giorno gara. Lavora duro e compete sempre al massimo livello ancora oggi, dopo aver già vinto tutto. È il primo a presentarsi in palestra e agli incontri di squadra, è un riferimento enorme per tutti e ci ha tenuti insieme al meglio, da capitano, per tutta la stagione. E voglio ricordare anche tutti i ragazzi delle giovanili che si sono allenati con noi, da Ivan Mobio a Francesco Rodella… Tutti sono stati preziosi e hanno contribuito in maniera importante a questa storica stagione della Germani Brescia.
Questa è stata la tua prima stagione in Europa, dopo aver iniziato la tua carriera tra la NBA e la G-League. Che ne pensi del basket europeo? Il basket europeo è di livello élite e non sono solo io a dirlo. Non è una coincidenza vedere Luka Doncic, Nikola Jokic e altri talenti cresciuti in Europa dominare nella NBA. Qui in Italia ho trovato un denominatore comune: tutti i giocatori che scendono in campo hanno ben chiaro cosa devono fare e come metterlo in pratica, sia a livello tecnico che tattico. Si percepisce la conoscenza, lo studio del gioco, la preparazione. Nulla è lasciato al caso. È raro che si presentino situazioni di isolamento: si predilige invece cercare una costruzione corale che coinvolga tutti. Complici le dimensioni del campo ridotte, attaccare l’area senza muovere la difesa diventa difficile, ci sono meno spazi e quindi è necessario manovrare di squadra per trovare tiri aperti. Mi piace il basket che si gioca in Italia e in generale sono grato per ogni opportunità che sono in grado di guadagnarmi, che sia in NBA, in Eurolega o altrove. La mia famiglia, la mia storia mi ricorda che bisogna sempre essere umili e grati per ciò che si riceve. E dall’Italia, da Brescia, ho ricevuto molto.