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5 domande a... Filip Krušlin: “Sassari è casa mia. Contro Milano dovremo giocare il miglior basket per competere fino alla fine”

La guardia croata è uno dei fattori dell’ascesa della Dinamo

5 domande a... Filip Krušlin: “Sassari è casa mia. Contro Milano dovremo giocare il miglior basket per competere fino alla fine”

Di Edoardo Pollero

Il nuovo protagonista della rubrica “5 domande a…” è Filip Krušlin, guardia croata arrivata a stagione in corso al Banco di Sardegna Sassari e una delle chiavi anche della vittoria nei quarti di finale della Dinamo contro la Germani Brescia.

Dopo aver perso Gara-1 al termine di una partita combattuta, avete capito che c'era la possibilità di portare a Sassari la serie in parità. Da quel momento avete ottenuto tre vittorie consecutive conquistando l'accesso alla semifinale: qual è stato il punto di svolta?

Dopo aver perso entrambe le gare in regular season sapevamo che la serie sarebbe stata molto dura, loro hanno giocato un campionato incredibile e c'è un motivo se hanno chiuso al terzo posto. L'obiettivo certamente era sperare di ottenere una vittoria a Brescia per portare la serie in parità di fronte ai nostri tifosi – che sono stati straordinari nell'aiutarci a raggiungere le semifinali – per rendere loro la vita difficile. In Gara 1 posso dire senza problemi che abbiamo giocato la nostra peggior partita in fase difensiva della stagione: abbiamo concesso troppi punti in transizione, abbiamo perso tutti gli uno contro uno; tuttavia, eravamo consapevoli che aggiustando qualcosa in difesa avremmo potuto giocarcela alla pari con Brescia. Dopo aver pareggiato la serie vincendo Gara 2 in trasferta, siamo arrivati più consapevoli alle due gare casalinghe: abbiamo vinto facilmente Gara 3, invece Gara 4 sapevamo sarebbe stata dura ma alla fine siamo riusciti a chiudere la serie. Bisogna ammettere che Brescia è stata davvero sfortunata nel perdere Della Valle e Gabriel per infortunio, però sono una grande squadra e noi abbiamo dovuto tirare fuori il carattere per batterli. Sapevamo che il loro gioco si sarebbe basato tutto su Mitrou-Long, lui avrebbe giocato tutta la partita e avrebbe avuto sempre palla in mano; noi non potevamo organizzare la partita intorno a lui sperando di fargli segnare pochi punti così abbiamo giocato come al solito: abbiamo fatto errori certamente, ma alla fine giocando come sappiamo ne siamo usciti vincitori.

Il tuo contratto con Sassari era scaduto l'estate scorsa, ma a Novembre ti hanno chiamato e sei ritornato. Cosa ti ha spinto a tornare in Sardegna? Hai rifiutato altre richieste sperando che ci fosse nuovamente la possibilità di giocare per la Dinamo Sassari?

Ho avuto altre offerte che economicamente mi avrebbero soddisfatto soprattutto dalla Adriatic League, ma io non volevo tornare indietro, avrei tutt'al più preferito giocare in un altro campionato contro nuove squadre e nuovi avversari. Ho aspettato, sono stato paziente anche perché era la prima volta che mi trovavo in quella situazione, ma avendo accumulato esperienza negli anni sapevo come avrei dovuto affrontarla. Mentirei se dicessi che mi aspettavo un'altra chiamata da Sassari, non potevo di certo saperlo, però dal momento in cui si sono presentati con un'offerta io non ci ho pensato due volte. Tutti qui sanno quanto io ami Sassari: la città, i tifosi, la società, ho un ottimo rapporto con tutti e per me non è stato difficile scegliere.

Questa è la tua seconda stagione a Sassari, perciò suppongo si sia creato un legame con la città e con la tifoseria. Quale aspetto ti piace di più della città? Ti senti benvoluto dai sassaresi? Cosa ne pensi dei supporters del Banco di Sardegna?

Posso dire con estrema sicurezza che giocare a Sassari è come giocare a casa mia. Non so spiegarti il perché, ma anche mia moglie qui è felicissima e ogni volta che ne parliamo ci rendiamo conto che vivere qui è come vivere nel nostro paese. Ripeto non saprei dare una spiegazione, è un sentimento che hai dentro quando sei in un nuovo posto e tutto ciò che ti circonda ti fa sentire come a casa: mi sento il benvenuto qui, tutti trattano me e la mia famiglia con grande rispetto, volendoci bene; non ho nostalgia di casa nonostante Sassari sia più piccola di Zagabria, qui tutto è bello poi ci sono le spiagge e anche la mia famiglia si trova molto bene nel viverci. Posso dire che è stato amore a prima vista: l'anno scorso appena sono venuto qui è stato tutto facile avendo Miro (Bilan, ndr), Toni Katic come compagni dalla Croazia e poi coach Poz, tutti noi eravamo un bel gruppo al Cedevita; al mio ritorno qui a Novembre, nonostante non ci fosse più nessuno di loro, mi sono sentito esattamente nello stesso modo, per questo mi piace molto stare qui.

Il tuo primo anno al Cedevita Zagabria è coinciso con l'ultimo di Miro Bilan, connazionale ritrovato quest'anno a Sassari dopo cinque stagioni. Quale sensazione ti ha dato giocare nuovamente con lui e quale tipo di rapporto c'è tra di voi? Quanto desiderio avete di provare a riportare lo scudetto in Sardegna e vincere l'europeo con la Croazia?

Io e Miro abbiamo la stessa età, perciò ci conosciamo da quando siamo bambini ancora prima delle nostre esperienze con il Cedevita e con Sassari, soprattutto avendo giocato insieme nelle varie selezioni della Croazia. Lo scorso mese su Facebook mi è apparso un ricordo, una foto del passato credo del 2007 perciò circa quindici anni fa: ci siamo io e Miro seduti uno vicino all'altro durante gli europei U18. Abbiamo trascorso molti periodi della nostra vita insieme, abbiamo giocato gli europei, le olimpiadi; il mio primo anno al Cedevita è stato il suo ultimo; perciò, ci conosciamo molto bene e posso dire che abbiamo davvero un bel rapporto. Sono contento di tutti i trofei che è riuscito a vincere, la sua carriera parla per lui; inoltre, mi piace molto il suo stile di gioco perché è uno di quei pivot vecchio stile che domina nel pitturato. Sarebbe bello vincere insieme, sappiamo tutti che Virtus Segafredo Bologna e A|X Armani Exchange Milano sono le due squadre favorite per la vittoria finale; perciò, noi dobbiamo ragionare di giorno in giorno. Milano ha giocatori forti, gioca l'Eurolega, quindi per noi è una vera sfida: non abbiamo niente da perdere, siamo sfavoriti nella serie, ma dobbiamo giocare la nostra pallacanestro al meglio e continuare così, perché come in ogni sport c'è sempre una chance di riuscire nell'impresa. Di certo non possiamo affrontare ogni gara partendo già sconfitti, non serve fare pronostici su come andrà la serie, dovremo vendere cara la pelle e pensare partita dopo partita come giocare: per esempio, in regular season abbiamo perso a Milano, ma siamo riusciti a vincere in casa nostra, non c'è un pronostico esatto semplicemente dovremo giocare il nostro miglior basket per competere fino alla fine.

Nel prossimo turno affronterete l'A|X Armani Exchange Milano, il cui assistente allenatore ti conosce molto bene avendoti allenato (da vice) a Zagabria con il Cedevita e l'anno scorso proprio a Sassari. In Sardegna lui è una figura amatissima e pare ci sia un bellissimo rapporto tra voi due, tanto che sei citato nel suo libro in un episodio divertente riguardo i festeggiamenti del titolo nazionale croato, con annessa gara di tiri da tre punti. Che tipo di relazione c'è tutt'ora con Gianmarco Pozzecco e ti dispiacerebbe raccontare qualche aneddoto di quella serata?

Cosa dire del 'Poz', ci vorrebbe più di un'ora a disposizione (ride, ndr). È davvero una persona speciale, probabilmente la più speciale che io abbia conosciuto nel mondo della pallacanestro. Ricordo che mi ero appena trasferito dal Cibona al Cedevita, un po' come se fossi passato dalla Fortitudo alla Virtus ma per il basket croato. Il Cedevita storicamente non ha la stessa tradizione e lo stesso blasone del Cibona, ma avevano disputato l'Eurolega l'anno prima e quando sono arrivato io disputavano l'EuroCup; dopo aver giocato le Olimpiadi, questo trasferimento per me è stato un grosso salto in avanti nella mia carriera: il club aveva ambizione, soldi da spendere, una nuova pallacanestro, un nuovo modo di approcciare al gioco e tante aspettative sulla squadra, perciò non è stato facile fin da subito reggere quella pressione. Poz in questo è stato determinante, perché mi ha aiutato nel superare le difficoltà iniziali: scherzava e ti prendeva in giro, ma affrontava le situazioni anche con estrema serietà; portava positività nello spogliatoio e ti aiutava a rimanere sempre concentrato proprio con il suo atteggiamento, per questo tra noi c'è stato subito un click e abbiamo trascorso tanti bei momenti insieme in quel primo anno al Cedevita. Abbiamo vinto il campionato e la coppa in Croazia, siamo arrivati in finale nell'Adriatic League perdendo contro la Stella Rossa e anche il nostro cammino in EuroCup andò piuttosto bene, perciò l'intera stagione fu un successo. Gli voglio davvero bene perché è una brava persona, onesta, ti dice sempre ciò che pensa senza problemi e questa è una cosa che io apprezzo molto nelle persone e per questo lo reputo un grande amico.

Quella serata fu magica: giocavamo la decisiva Gara-5 della finale del campionato croato sul parquet del Cibona, in quella palestra c'erano 6.000 persone e la temperatura all'interno era sopra ai 50°, un caldo infernale. Noi siamo sempre stati avanti nel punteggio, poi loro hanno recuperato lo svantaggio, ma alla fine riusciamo a vincere la partita e il campionato, quello che a tutti gli effetti fu anche il trofeo più importante che io abbia vinto in carriera. Così facciamo ritorno al nostro campo di allenamento – non nella palestra in cui disputavamo le partite – e iniziamo a festeggiare. Ricordo che era già tarda notte e avevamo già bevuto un po' più di qualche drink e di qualche birra per celebrare la vittoria. Saranno state circa le 2 o le 3 del mattino quando ci lanciamo in una gara di tiro da tre punti: cinque tiri in cinque posizioni differenti del campo (angolo sinistro, 45°, centrale, 45°, angolo destro), chi fa più canestri vince; lui mi provoca dicendo che era il miglior tiratore dei due, lo diceva sempre anche se non era vero (ride, ndr) e questo suo modo di fare, di provocare mi divertiva. Posso dire con assoluta certezza che lui aveva alzato il gomito più di me quella notte e questo mi aveva portato a sottovalutarlo. Ti confesso che conservo ancora quel video, ma non l'ho mai mostrato a nessuno perché ad un certo punto si fa davvero esplicito (ride, ndr), non so se lo racconta nel libro, ma la sua scommessa era di togliersi un vestito per ogni canestro fatto. Arriviamo al tiro decisivo e lui è in mutande, se segna puoi immaginare cosa avrebbe fatto: il presidente del Cedevita era già pronto a spegnere tutte le luci perché c'era gente nella palestra che filmava e non voleva che si vedesse tutto quanto e i video venissero divulgati, perciò disse a Poz che era libero di fare quello che voleva ma lui avrebbe spento le luci per non mostrare a tutti lo spettacolo (ride, ndr). L'ultima tripla entra, il presidente spegne tutto quanto e Gianmarco prima si toglie le mutande e poi inizia a correre per tutta la palestra di fronte ad oltre 200 persone. Un momento indimenticabile e davvero divertente che conservo e ogni tanto rivivo perché mi porta alla mente un bei ricordi e tante risate.

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