In una lunga intervista concessa a Michele Pettene su Esquire.com, il coach dell’EA7 Emporio Armani Milano, Ettore Messina ha parlato del successo dello Scudetto e di quando Giorgio Armani lo definì “Perfetto per noi e per l’immagine dell’azienda”: “Non capita tutti i giorni di sentire tale complimento dal Signor Armani. Le dico che ho avvertito un forte senso di responsabilità dal primo giorno che sono arrivato all’Olimpia. Nel senso che la serietà, la dedizione per quello che Giorgio Armani ha fatto e fa, la cura dei dettagli, il tendere sempre in primis ad obiettivi di qualità prima ancora del riconoscimento pubblico, sono modi di fare azienda che rappresentano poi anche il modo più elevato per fare sport. Quindi cercare di replicare lo stesso approccio qui in Olimpia era, tra gli altri, un modo di dimostrargli che aveva fatto bene a scegliermi per la panchina del suo club. Con profonda franchezza le dico che quel complimento è una delle soddisfazioni più importanti che abbia avuto nella mia ormai lunga carriera”.
Forte dell’esperienza in NBA in passato, Messina è convinto che ci siano due elementi non trasportabili dall’America al basket europeo: “Io non riuscirò mai a portare qui il loro modo di vivere lo sport, è impossibile. Culturalmente siamo troppo diversi, in tutta Europa. Il risultato di ogni partita è da sempre “vita” o “morte sportiva” se vinci o perdi. Non c’è quel senso di partecipazione collettiva a uno spettacolo o a un bel momento di aggregazione come in Nba, ogni domenica è un dramma sportivo che dura 24 ore, un’acredine costante che continua anche sui social media: Jorge Valdano, storico DG del Real Madrid, ricordo mi ripeteva sempre “En Madrid ganar es un alivio”, vincere è un sollievo. E poi in Europa non possiamo implementare un sistema salariale come quello Nba basato sulle regole del salary cap: a causa dei diversi regimi fiscali nazionali semplicemente non possiamo avere tutti accesso alle stesse risorse o rispettare le stesse regole, sia nel calcio che nel basket. E chissà se mai ci arriveremo”.
Essendo stato assistente di coach Popovich in NBA, ci sono stati degli aspetti umani che Messina si è portato nella sua esperienza meneghina: “Beh, inevitabilmente vivere con Popovich ti stimola ad essere più aperto verso gli altri. Anche se sei un “orso”. È una fonte inesauribile di idee, un’ispirazione costante che ti porta a pensare “Come posso piacere a questa persona? Aiutarla, dimostrarle affetto?”. Ti aiuta, se non sei magari tanto bravo, a tirar fuori questo lato del tuo carattere. Il Poz lo conoscevo ovviamente da molto tempo, abbiamo parlato tanto la scorsa estate prima che lui accettasse di venire. È stata una scelta diciamo “egoistica”, perché sapevo che Poz poteva dare alla squadra ciò che io magari non avrei saputo darle: lui, diversamente dal sottoscritto, ha una positività, un modo di aggregare le persone, un modo di vivere e “soffrire” la sconfitta che, pur analoga alla mia, gli consente di reagire in un modo che non possiedo. Scegliendolo sono andato “per compensazione”, volevo offrire alla mia squadra un ulteriore modo di vivere l’allenamento e la partita, attraverso un grande ex del nostro basket che ha ancora una forte credibilità con i giocatori, come vicecampione olimpico e recordman di assist. Se poi lo conosci ti accorgi che non è solo il Poz con i capelli viola, ma è una persona profonda cui stanno molto a cuore le vicissitudini dei propri giocatori. Per usare una frase di coach Popovich, è uno che “non si prende troppo sul serio”. E questa per me è una cosa molto bella”.