In una lunga intervista concessa a Umberto Zapelloni su “Il Foglio”, Marco Ramondino ha scherzato e mostrato grande ammirazione per le sue sfide dalla panchina contro altri grandi allenatori di Serie A: “Io come stazza sono grosso, ma camminare lungo la stessa linea laterale con due coach così grandi come Scariolo e Messina mi ha fatto sentire davvero piccolissimo, però ho già vinto un campionato e una coppa, mi mancano solo una trentina di vittorie per essere al loro livello… Hanno cominciato a vincere quando io dovevo ancora cominciare ad allenare. Sono due allenatori che a fine carriera entreranno nella Hall of Fame di Springfield e due punti di riferimento per tutti”.
A Tortona Ramondino ha trovato la consacrazione: “Ogni anno l'asticella sale, ma è giusto che sia così, nello sport, non solo nel basket, non ci si può fermare. Attorno a te c'è sempre chi lavora per migliorarsi e se tu ti fermi, ti sorpassano. So che quest'anno tutti ci aspetteranno al varco, ma già dopo la prima parte della scorsa stagione, Tortona che era una neopromossa veniva guardata in modo differente. Ci sono due tipi di aspettativa, quella sul risultato che è difficilmente controllabile perché ci sono tantissimi fattori che intervengono e poi c'è l'aspettativa sul lavoro e sulle prestazioni e su questo dobbiamo lavorare mettendo un'asticella molto alta perché lavorare molto bene, lavorare meglio, lavorare in maniera intelligente poi ci porta a ottenere i risultati sul campo”.
L’asticella è stata alzata grazie anche al nuovo roster: “Quest'anno siamo cambiati molto nella testa, ci sono giocatori che dovranno diventare leader. Abbiamo cercato di alzare il potenziale fisico e atletico della squadra, ma l'obbiettivo è di mantenere la nostra identità sia dal punto di vista tecnico che dell'atteggiamento. Dobbiamo fare in modo che le nuove qualità si aggiungano a quelle che avevamo, non le sostituiscano”.
Il coach in estate è stato anche il ct della selezione azzurra Under 23: “I giocatori ci sono, ma oggi abbiamo a che fare con generazioni di atleti diverse da quelle di quando ho cominciato. Per noi allenatori è arrivato il momento di ritararci, di capire qual è il modo migliore di allenare questa nuova generazione di ragazzi che ha una soglia di attenzione che si è abbassata tantissimo e oggi è stata calcolata in 12 secondi. Se oggi spiegassi gli esercizi come vent'anni fa, la gente nel frattempo si addormenterebbe... Dobbiamo cambiare il modo di arrivare al loro orecchio. È un discorso che vale sia a livello giovanile che di prima squadra. Per ottenere un miglioramento sul campo dobbiamo trovare il modo di entrare nella testa”.