Intervistato da Paolo Bartezzaghi su “Gazzetta dello Sport”, coach Max Menetti ha ripercorso il legame tra Kobe Bryant e Reggio Emilia, quella che è stata la sua casa dal 1989 al 1991: “L'amore di Kobe per Reggio era legato ai valori del nostro territorio: siamo ambiziosi ma legati alla terra. Siamo accoglienti con calore ma senza invadenza. Quando tornava, poteva passeggiare in via Emilia o prendere un caffè, senza problemi. Magari qualche ragazzo gli chiedeva un selfie, poco di più”.
Poi il coach ha raccontato l’unicità della sua città: “La nostra è una terra con un'anima contadina. E la nostra società ha una visione che va al di là dell'oggi. Sappiamo seminare, coltivare, avere pazienza. Dicono che Reggio sia provinciale, invece è ambiziosa ma con quei valori che piacevano anche a Kobe. Difficile è poi trasferirli ai giocatori che vanno in campo”.
La storia cestistica di Menetti è iniziata poi proprio al PalaBigi, dove ora è tornato ad allenare la UNAHOTELS Reggio Emilia: “Ho iniziato con i primi palleggi al minibasket. Quando ero tra i cadetti, Kobe giocava nei Propaganda. Sono stato tra i primi a entrare al palasport e ora sono il primo allenatore a rientrarci nella sua versione rinnovata".
Infine, un racconto dei propri miti d’infanzia: “"Da ragazzo i miei miti erano Dado Lombardi e Piero Montecchi, altro reggiano di nascita. La prima partita che ho visto è stata un Reggio - Yoga Bologna che fu interrotta perché Roosevelt Bouie distrusse un tabellone con una schiacciata. Kobe per noi era un ragazzo come un altro, ma soprattutto era il figlio di Joe. Dopo Gianni Zappi, che purtroppo è appena morto, Dado è stato quello che ha scatenato il basket a Reggio: c'era chi dormiva davanti ai botteghini per comprare il biglietto. Al Bigi, che ora ha 4500 posti, entravano quasi 6000 persone. Ormai sono la memoria storia del club”.