La prima cosa importante quando si inizia un viaggio è scegliere un buon paio di scarpe e l’attrezzatura giusta per affrontare al meglio il percorso. Alle volte la strada sarà corta e facile, altre, come insegnano i vecchi saggi: bisognerà spingersi oltre andando lontano e proprio in quel momento capirai che è la strada giusta. Il protagonista di oggi, nonostante la giovane età ha colto al volo questa opportunità di indossare le sneakers giuste confermando ciò che si diceva di lui in giro: “ahhh te lo dico, quel ragazzo andrà lontano”.
A differenza dei classici alfabeti, con Gabriele Procida iniziamo dalla lettera finale, che poi rappresenta l’inizio del viaggio per quel che riguarda la pallacanestro che conta: “Il mio giorno (Z)ERO in cui ho iniziato ad avere un primo obiettivo, anche se di squadra, è stato quando abbiamo perso la semifinale delle finali Nazionali Under 15 contro Stella Azzurra. È stato un momento bruttissimo, anche perché eravamo sul +10, poi abbiamo perso e siamo stati tutti a piangere. Da lì, poi, volevo vincere assolutamente lo Scudetto giovanile, non volevo più perdere. E allora dissi alla squadra, da capitano, che se avessimo vinto ci saremmo tatuati tutti la data dello Scudetto. L’anno dopo così ci siamo ritrovati, abbiamo raggiunto le Finali Nazionali, non abbiamo beccato Stella Azzurra che era già stata eliminata ma abbiamo vinto e ci siamo tatuati uno Scudetto. Questo è stato forse il primo obiettivo che ho avuto da piccolino”.
Si ricomincia poi dalla lettera iniziale, che rappresenta il presente e la fine dell’attuale percorso: “(A)LBA Berlino per me vuol dire serenità. C’è un ambiente con tanta voglia di fare, senza troppe pressioni anche dopo un po’ di sconfitte di fila in Eurolega. C’è tanta voglia di migliorare, i compagni sono super, si ride e si scherza. Magari ti capita il giorno in cui sei stanchissimo e proprio non ti va di andare… e invece quei compagni lì, quel clima positivo, aiuta tantissimo. Passiamo moltissimo tempo assieme tra trasferte, allenamenti, partite. In generale ho legato con tutti e tutti cercano di parlare in italiano perché qualcosa gli aveva già insegnato lui”.
Questa settimana è comunque speciale per Gabriele che, dopo aver saltato gli ultimi impegni a causa di un’influenza, è pronto a tornare in Italia per la sfida della Segafredo Arena contro la Virtus di mercoledì sera alle 20.30: “Ho avuto la febbre da martedì scorso, domenica mi sono allenato. Non volevo perdere assolutamente il ritorno in Italia a (B)OLOGNA, che per me vuol dire sfidare la Virtus e giocare un derby. Il periodo bolognese è stato tosto ma rifarei veramente tutto daccapo, perché ci sono state anche le prime difficoltà lontano da casa, gestendo le cose da fare, cucinare, panni da lavare ecc. Sul campo poi è stato difficile perché dovevo guadagnarmi i miei minuti, sono arrivati tanti momenti difficili. Alla fine, poi è arrivata la retrocessione, tanti attimi complicati ma ricordo con più piacere i tifosi e i compagni. Appena posso comunque vado a Bologna, che ho un po’ di amici lì adesso. Come città son stato benissimo lì, una dei luoghi migliore per giocare a basket”.
Oltre a Bologna, il suo punto di riferimento sin da giovanissimo è stata la città in cui è cresciuto: “Su (C)ANTÙ ho tantissimi ricordi, chiaramente. Un aneddoto è che fin da piccolo giocavo a Lipomo, ero un po’ più alto degli altri, mio padre già vedeva qualcosa in me, ero già più portato e mi disse: ‘Ma perché non provi a fare un provino a Cantù?’ ma io dicevo sempre di no perché contro di loro perdevamo sempre e perciò quella squadra mi stava veramente antipatica. Per farmi andare a fare questo provino, mio padre mi disse: ‘Se vai a fare questo provino ti compri tutti i giocattoli che vuoi’. Io allora mi sono fatto comprare il monopattino. Da lì allora è stato un percorso, un bellissimo viaggio durato fino a due anni fa, in cui ho cominciato a giocare in un livello serio di Eccellenza, con staff di allenatori bravissimi che mi hanno veramente fatto crescere. Mi hanno dato tanta fiducia ed è stato bellissimo esordire in Serie A con la maglia della squadra con cui sei cresciuto”.
Si prende poi un altro aereo volando in un’altra città, precisamente negli Stati Uniti e nella sede di quei Pistons che l’hanno scelto al Draft lo scorso giugno: “Prima di ogni partita da (D)ETROIT mi scrivono sempre mi fanno l’in bocca al lupo e se ho giocato bene mi fanno i complimenti. Io li seguo un po’ tramite i social, guardo le loro partite, però sono veramente contento perché mi sembra un’organizzazione molto seria, che ci tengono e mi fanno essere fiero di esserci. Sono venuti a Berlino due mesi fa per vedermi e parlarci, loro sono contenti, l’ALBA lo era e di conseguenza anche io. In molte partite viene ad assistere il loro scout internazionale con cui parliamo spesso…”.
Sicuramente gli occhi della franchigia del Michigan sono rivolti soprattutto alle sfide di (E)UROLEGA, competizione in cui ha debuttato lo scorso ottobre contro il Partizan Belgrado con una prova da 12 punti, tanti highlights e spettacolo: “Mi ricordo la prima volta in cui sono entrato sul parquet per il riscaldamento. Non riuscivo a togliermi il sorriso dalla bocca per l’emozione… poi però sono entrato concentrato, per fare le cose che servono alla squadra. Mi ricordo poi solo un’azione in cui ero in angolo a marcare James Nunnally e in un secondo mi ha tagliato in faccia e schiacciato…”.
Per la lettera successiva si torna ancora indietro all’Aquila felsinea e ad una cartolina che si porta dietro da quelle serate coinvolgenti del PalaDozza: “Dall’esperienza alla (F)ORTITUDO mi porto dietro come frame sicuramente i derby, la preparazione a quella settimana, tifosi che entravano, Carlton Myers che è venuto all’allenamento… un clima bellissimo, le coreografie. Ogni volta che segnavi c’era il boato, il palazzetto che tremava”.
Ora che sta arrivando il pieno inverno, a Berlino Gabriele si sta abituando al clima glaciale della sua nuova casa: “In (G)ERMANIA fa freddissimo, sono uscito per andare ad allenamento ed era tutto ghiacciato e infatti avrò preso l’influenza anche per questo, perché non mi sarà coperto abbastanza… mi trovo comunque bene, nonostante stia per lo più a casa, anche perché i compagni di squadra abitano lontano da me e nonostante facciamo spesso delle cene di squadra. La città è comunque tranquillissima, piena di monumenti, bella da vedere. I tedeschi sono simpatici, sanno tutti abbastanza l’inglese e i tifosi hanno un bell’affiatamento e ci sono sempre anche quando perdiamo, nonostante siano ovviamente più freddi di quelli italiani”.
Come passatempi, con Procida si va sul sicuro: “Non ho tantissimi (H)OBBY… sicuramente ho la passione per le sneakers, con Jordan e Nike ho una collaborazione e le richiedo sempre. Ogni tanto gioco alla PlayStation con qualche amico, dovrei studiare per la patente (prometto che la prendo in estate…) mi piace poi sicuramente l’elettronica, ascoltare musica, riposare, dormire ed essere pronto per il giorno successivo”.
Nel futuro luminoso di Gabriele c’è sicuramente la Nazionale e un sogno che sta già calcando con mano: “L’(I)TALIA per me vuol dire anche la maglia Azzurra, avendo l’obiettivo di indossarla il più tempo possibile, esserci tutti gli anni tra i convocati, dare il mio contributo e provare a vincere qualcosa. Perché comunque con i giovani interessanti e forti che ci sono ora, abbiamo comunque una buona generazione con cui possiamo fare qualcosa di bello”.
In Germania, Procida sta testando anche le differenze tra campionato tedesco ed italiano: “La BBL è molto più fisica e anche le altre squadre come noi sono molto tattiche e studiano parecchio l’avversario. In Serie A secondo me c’è più talento ma in generale sono campionati abbastanza simili”. A proposito di competizioni organizzate da (L)BA, Procida ha un ricordo splendido della Next Gen Cup, competizione a cui ha partecipato in un paio di occasioni: “Quando sei ragazzino ed hai l’opportunità di fare un torneo con la tua squadra, dormire fuori con i compagni, andare in una città nuova, svegliarsi la mattina presto e dire “appena mi sveglio oggi gioco”. Sono esperienze bellissime che aiutano tanto anche come visibilità per far vedere quello che sei capace di fare. Io ho giocato due edizioni con Cantù (2018/19 e 2019/20, ndr), una è accaduta appena prima dell’arrivo del COVID”.
Prima della Next Gen Cup, Procida aveva già conosciuto (M)ATTEO Spagnolo, con il quale “siamo super amici, quest’estate ci siamo divertiti tanto prima a Los Angeles (siamo stati due settimane a casa del partner del nostro agente) in una villa bellissima ed eravamo lì per giocare a pallacanestro, rendendo il tutto più bello. Ci siamo allenati con tanti giocatori NBA, tra cui Harrison Barnes, Russell Westbrook, Kyrie Irving, poi è arrivato Kevin Durant. Abbiamo avuto la possibilità di allenarci, di confrontarci, di parlare con loro. Il rapporto con Matteo è nato quando sono andato a giocare l’Eurolega giovanile con la Stella Azzurra ed eravamo compagni di stanza. Sin da quel momento, ci siamo trovati subito bene e poi ci siamo rivisti sul parquet in Nazionale Under 16, Under 18 e con la maggiore. Ci sentiamo spesso, ci facciamo i complimenti reciprocamente, ogni tanto proviamo ad organizzare qualcosa ma siamo lontani e tra i tanti impegni è difficile ritrovarci. Il Real? Mi ha parlato della loro super organizzazione, ero andato anche io a fare un provino lì una volta ed eravamo compagni di stanza anche lì. E lui si è trovato benissimo in tutto il percorso che ha fatto molte cose assieme”.
Proprio con Spagnolo, Gabriele ha assaggiato quello che è il paradiso per ogni giocatore di basket: “Alla (N)BA ci penso il giusto, se succederà un giorno. Adesso rimango focused ogni giorno sull’allenarmi e giocare bene con l’ALBA e poi vediamo. Di quello che ho visto in Combine mi ha sorpreso la loro super organizzazione, curata nei minimi dettagli, dal mangiare, alle riunioni, dalla mentalità che c’è lì, sempre confident e in fiducia. Ecco anche perché molte cose vengono meglio di là, perché tengono veramente a te dall’allenatore a ogni membro dello staff tecnico. Questo aiuta il giocatore ad esprimersi al meglio e non sempre va così purtroppo da noi”.
A Berlino, Gabriele oltre ad essersi messo in gioco ha indossato per la prima volta un numero diverso: “Il mio number (O)NE che ho ora a Berlino deriva dal fatto che il mio 9 era già occupato e ho scelto l’1 perché il mio numero di maglia è stato l’11 da giovanissimo ma anche quello era occupato e quindi ho ripiegato sull’1”.
Avendo soffiato solo 20 candeline sulla torta di compleanno lo scorso giugno, Procida si sta ancora definendo come giocatore: “Come (P)LAYER sto lavorando su tutto, sono giovane ancora e devo migliorare veramente su molti aspetti. Infatti, ho scelto l’ALBA soprattutto per questo, perché hanno questo bravissimo player development coach, in cui ogni mattina hai un’ora a disposizione per lavorare. Ci stiamo concentrando sull’essere più efficaci al tiro, sul ball-handling, in difesa, l’equilibrio. Sono migliorato rispetto ad inizio stagione ma si continua a lavorare sodo”.
In molte foto fuori dal parquet, lo si vede indossare sempre un braccialetto di silicone celestino di cui però “non ricordo cosa ci fosse scritto perché è sbiadito. La pagina internazionale di “Overtime” aveva fatto questo contest e io ho vinto questo braccialetto e da lì l’ho sempre messo. Ormai è come se fosse pelle”. Il mantra, il (Q)UOTE per eccellenza di Gabriele è quindi il tatuaggio che ha sotto al braccio con scritto: “Il lavoro duro batte il talento se il talento non lavora duro”.
Nelle esperienze negli USA, durante la già citata combine, c’è stato anche (R)USSELL WESTBROOK, un idolo per molti bimbi e giocatore con cui Spagnolo e Procida hanno “condiviso qualche situazione di gioco in allenamento. Fisicamente è una bestia e a livello umano è una bravissima persona. Mi ricordo che io feci una schiacciata e lui, che era sugli spalti, si mise a urlare per me. Allenandomi con Matteo, in quei giorni, sapevamo che ci sarebbe stato anche lui. E quindi quando è entrato in palestra, ho guardato Matteo e ho detto: ‘Guarda lì’. Poi mi ricordo che siamo andati a tagliare i capelli, io avevo finito i giga di internet e Matteo ce l’aveva. Ad un certo punto tra le richieste di followers lui aveva Russell Westbrook… e io allora: ‘Veloce, veloce fammi da hotspot’ e per fortuna ce l’avevo anche io (ride, ndr).
Come già detto, una sua grande passione sono le scarpe da ginnastica: “La mia (S)NEAKER preferita da basket è la Kobe VI Grinch con cui ho fatto il primo anno a Cantù in Serie A e un po’ dell’anno scorso. È veramente la scarpa più comoda che abbia mai provato, mi ci trovo benissimo e la colorazione è bella “ignorante”, ci piace. Da passeggio invece sono indeciso tra la Jordan I Travis Scott o la Chicago. A proposito di Travis Scott, ho già preso i biglietti per il concerto di fine giugno in Italia, non so se ci sarò ma intanto li ho comprati”.
Con la nuova lingua, invece, le cose non vanno ancora per il meglio: “Con il (T)EDESCO sono a danke e tschüss, ossia ‘grazie’ e ‘ciao’. Per il resto qui parlano tutti bene l’inglese e quindi riesco a comunicare sufficientemente bene (ride, ndr)”.
L’inglese, invece, è stato allenato da Gabriele nella scorsa estate, quando è venuto a contatto con quella terra così lontana e che potrebbe essere anche così vicina in futuro: “Gli (U)SA sono completamente un altro mondo, da quando arrivi in aeroporto, da come ti vesti e lì non ti senti giudicato per nulla. Anzi, sei strano se non sei strano. Io poi ho visto l’America che si vede nei film, tipo Venice Beach, Los Angeles, Las Vegas. E poi mi porto dietro tutte le facilities delle squadre NBA, tutto quello che c’era lì, i compagni. È stato molto divertente”.
Infine, un ritorno al passato al debutto e a un match da ricordare in campionato contro l’Umana Reyer: il primo è stato il 13 ottobre 2019 al Taliercio in una brutta sconfitta per la sua Acqua S. Bernardo per 76-46; il secondo, invece, risale all’81-77 del 2 febbraio 2020 di Desio quando Procida si prese il palcoscenico firmando una gran prova da 9 punti in uscita dalla panchina: “Con (V)ENEZIA ho fatto l’esordio per la prima volta ad ottobre al Taliercio, avevamo perso e non sapevo bene dove mettermi diciamo… quando poi abbiamo giocato il ritorno, invece, abbiamo vinto. Wes Clark, all’epoca la guardia titolare, aveva problemi di falli e coach Pancotto ha deciso di mandarmi in campo e io ho segnato quelle tre triple, ed è stato bellissimo. Chiaramente non mi aspettavo che potesse succedere una cosa del genere in quella partita. Ho fatto proprio appena in tempo perché poi è finita la stagione per il Covid”.
Sembra incredibile che un ragazzo di 20 anni, spinto dal padre per fare un provino con un monopattino abbia già vissuto tutte queste esperienze e a così alto livello. E, visto il talento del ragazzo, si sta davvero grattando solo la superficie. Al prossimo abecedario, Gabriele.
Ufficio Stampa LBA
Un ringraziamento per la collaborazione a Gabriele Procida e all’Ufficio Stampa dell’ALBA Berlino
Photo credit: Ciamillo - Castoria