Rassegna Stampa

Virtus Segafredo Bologna, Scariolo ospite su “The Crossover”: “Passarsi la palla e giocare assieme in difesa sono principi per me non negoziabili. Il ritorno? La notte prima della mia decisione è stata l'unica insonne degli ultimi 20 anni”

L’allenatore delle V Nere ha trattato diversi temi nella puntata del podcast registrata con Joe Arlauckas di Euroleague

Virtus Segafredo Bologna, Scariolo ospite su “The Crossover”: “Passarsi la palla e giocare assieme in difesa sono principi per me non negoziabili. Il ritorno? La notte prima della mia decisione è stata l'unica insonne degli ultimi 20 anni”

Sono tanti e variegati gli argomento affrontati da Sergio Scariolo nella puntata del podcast dell’Eurolega "The Crossover" condotta da Joe Arlauckas che, in più di un’ora e mezza col capoallenatore della Virtus Segafredo Bologna, ha spaziato da episodi del passato a certi più d’attualità approfondendo anche tematiche tecniche e aspetti molto più personali, partendo da tanti impegni e dalla loro gestione: “È una questione di organizzazione, di capire cosa sia urgente, di cosa sia importante e di quali siano le tue priorità”.

Poi Scariolo ha parlato dei principi, dell’adattabilità dei giocatori e della filosofia da allenatore: “Ci sono alcuni principi che per me non sono negoziabili e che servono per giocare a basket nel giusto modo. Al giorno d’oggi le varie competizioni richiedono che tu sia davvero disposto a giocare con i compagni di squadra e a passarsi la palla, perché oggi la difesa è in grado di avere la meglio su un singolo, anche se è estremamente dotato, molto più facilmente di prima. Quindi, prima di tutto, bisogna voler giocare assieme ai compagni e condividere la palla. In secondo luogo, bisogna voler giocare assieme in difesa. Ovviamente so che non posso chiedere lo stesso livello di efficienza difensiva a tutti i giocatori perché sarebbe stupido. Allo stesso modo, so d’altro canto, che non posso avere la stessa efficienza offensiva ma voglio vedere giocatori che si sforzano, che provano davvero a dare il loro contributo, che sono interessato ai giochi e a capire le difese, la filosofia e cosa vogliamo fare. Questi due principi non sono negoziabili. Non potrei mai allenare un giocatore che non sia veramente coinvolto in questo, che non si impegni in questo senso. Poi tutto il resto può essere più o meno flessibile”.

Successivamente, Scariolo ha approfondito il ritorno in Europa e alla Virtus: “Le tempistiche con cui ciò si è concretizzato sono state particolari. Avevo appena siglato la mia estensione triennale e dopo la firma ho avuto un incontro con Masai Ujiri (che considero davvero un mentore e un leader di incredibile spessore anche se non siamo stati tanti anni assieme) dove abbiamo fatto alcune considerazioni sul futuro. In quel momento, allo stesso tempo, sentivo il desiderio di tornare a lavorare come capo allenatore e mettere in pratica ciò che avevo imparato. Così dopo tre anni di duro lavoro, dopo la gioia di aver vinto il titolo NBA, dopo aver disputato i playoff con un’organizzazione incredibile ed essere stati in NBA alcuni anni (un’esperienza che merita e che consiglio vivamente a chiunque) è arrivata quest’offerta interessante. Ricordo che la notte prima del giorno in cui ho preso la mia decisone finale è stata l'unica notte insonne che ho passato negli ultimi 20 anni. Non sono riuscito a chiudere occhio per tutta la notte. E poi, dopo aver preso la decisione, ho pensato “Ehi, non c’era da pensarci”. Onestamente non è stato semplice ma la ragione principale è che sentivo il bisogno di tornare ad occupare un posto da capoallenatore in una nuova squadra al fianco del ruolo che già occupo nella nazionale spagnola. Tornare in Italia ha comportato un nuovo riadattamento. Sono andato negli USA portando delle idee e perché volevano proprio portassi nuove idee e concetti di stampo europeo, relativi a ciò che si fa nel Vecchio Continente. Tornando da questa parte dell’Oceano il lavoro è consistito nel vedere cosa fra ciò che avevo appreso poteva funzionare e sposarsi con le mie conoscenze pregresse e la mia filosofia di gioco che naturalmente resta di stampo europeo. Quest’anno è molto più complicato e la sfida è ancor più impegnativa perché è il nostro primo anno in Eurolega, molti giocatori sono alla loro prima esperienza di sempre nella competizione mentre altri stanno approcciando la parte finale della loro carriera, dunque bisogna provare a mettere insieme tutti i pezzi assieme e capire due cose: la prima è che dobbiamo essere pazienti perché l’Eurolega è una competizione molto esigente dove ci sono squadre e giocatori che, anche con meno talento, sanno meglio di noi cosa serve per avere successo e che ogni possesso conta. La seconda è che dobbiamo essere comunque ambiziosi e voler vedere dove la competizione può portarci e dove possiamo arrivare. Si tratta di muoversi in due direzioni contemporaneamente: avere la necessaria pazienza per capire come fare i giusti passi in avanti nel giusto momento senza però rallentare. Se c’è la possibilità di vincere una gara in più spremendo il meglio dai veterani, facendo maturare i giovani e, mettendo tutto questo insieme, creare un gruppo competitivo, bisogna coglierla”.

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