“È il mio giocatore preferito di questo Draft” recitava un tweet di LeBron James del 2014, poco dopo aver visto proprio il classe 1991 trionfare per la seconda volta con University of Connecticut. Prima dei titoli collegiali e della NBA, il figlio di Carmen Velásquez – madre di origine portoricana – e di Alex Napier cresce con la sorella ed il fratello maggiore nei projects di Mission Hill, per la precisione a Roxbury non lontano da Boston. Qui inizia ad interessarsi alla pallacanestro nonostante il corpo esile e l'altezza non richiamassero certamente al prototipo del giocatore di basket; tuttavia, proprio perché consapevole di questa sua caratteristica fisica, impara i trucchi del mestiere per non farsi prendere dagli avversari più strutturalmente dotati. Il metodo del 'prendi e fuggi' diventa la base su cui costruisce la propria carriera, così da poter nascondere i suoi difetti e trasformare in oro ciò che gli passa per la testa. I primi due anni di liceo li trascorre a Charlestown, una scuola pubblica dove può farsi ammirare per la sua tecnica, successivamente si trasferisce alla Lawrence Academy per affinare quei dettagli ancora sconosciuti. Qui nella stagione da senior trascina la squadra ad un record di 29-0 utile per vincere il titolo del New England Prep Class C grazie ad una prestazione monstre in finale da 23 punti, 8 assist e 8 recuperi che gli vale il premio di MVP del torneo. Solo una muscolatura debole gli vieta di vedere il proprio nome in cima alle liste dei migliori prospetti dei futuri Draft, ma la prospettiva di frequentare un college prestigioso quale University of Connecticut cancella ogni interrogativo.
Sebbene davanti a lui ci sia un futuro All-Star come Kemba Walker, l'impatto che ha sulla NCAA è notevole: nella sua stagione da freshman chiude con 7.8 punti, 3.0 assist e 1.8 recuperi di media a partita, firma due tiri liberi cruciali nella gara con i Kentucky Wildcats che vale uno spot per la finale con il titolo nazionale in palio. UConn diventa campione e con l'imminente approdo di Kemba in NBA, Shabazz è pronto per raccogliere il testimone e scrivere altre pagine di storia dell'ateneo. Passato dunque da backup a titolare, Napier diventa il fulcro del gioco degli Huskies e il suo profilo riceve parecchi apprezzamenti a tal punto da poter essere uno dei papabili vincitori del Bob Cousy Award – premio per la miglior point guard della stagione. Chiude il suo secondo anno con 13.0 punti, 5.8 assist, 3.5 rimbalzi e 1.6 recuperi dimostrando ancora una volta – nonostante la sua fragilità fisica – l'impatto che riesce ad avere sui due lati del campo; tuttavia Connecticut non riesce ad imporsi come nella stagione precedente, riceve un ban per la post-season 2013 e lo storico allenatore Jim Calhoun si ritira. Per Shabazz questa girandola di eventi lo porta ad un bivio: continuare con UConn oppure inserire il suo nome nel portale dei trasferimenti. La scelta di rimanere a Storrs si rivela quantomai azzeccata e il classe 1991 vive un'annata da junior incredibile al fianco del compagno Ryan Boatright con cui forma una delle coppie di guardie meglio assortite del panorama collegiale. In questo terzo anno si costruisce una reputazione come uno dei giocatori più clutch dell'intera NCAA: in mezzo ai 17.1 punti, 4.6 assist, 4.4 rimbalzi e 2.0 recuperi di media a partita ci sono anche 55 punti segnati nell'arco delle sette partite chiuse all'overtime da University of Connecticut tirando 12/21 dal campo (57.1%), 10/16 da tre punti (62.5%) e 21/24 a cronometro fermo (87.5%).
Shabazz Napier ritorna anche nel senior year per diplomarsi e per trascinare la squadra fino in fondo, poiché secondo lui senza la sospensione dalla post-season avrebbero potuto conquistare il titolo nazionale. Le previsioni del nativo di Roxbury si rivelano premonitrici e durante la sua ultima stagione con gli Huskies decide di scrivere la storia. UConn vince 60-54 contro Kentucky alzando il suo quarto trofeo NCAA nelle quattro finali disputate, Shabazz Napier viene premiato come Most Oustanding Player e diventa uno dei pochissimi a vincere il titolo sia nell'anno da freshman sia nell'anno da senior. Chiude l'esperienza come unico giocatore ad aver registrato almeno 1500 punti, 500 rimbalzi, 500 assist e 250 recuperi nella storia dell'ateneo; viene premiato finalmente con il Bob Cousy Award e con il titolo di Player of the Year della sua Conference. Il tavolo è apparecchiato per il Draft NBA ed infatti Napier viene selezionato dai Charlotte Hornets con la numero 24 e poi scambiato ai Miami Heat, i quali però hanno appena smantellato il super team e decidono di ripartire da zero senza LeBron James. Il sogno nella Lega americana però si trasforma in un incubo e così tra un infortunio di troppo e un impatto sotto le aspettative, Shabazz cambia sei franchigie facendo spola tra NBA e G-League. La figura mistica della point guard devastante del college sembra essere svanita da un giorno all'altro a causa di quel corpo probabilmente inadatto ad un livello superiore. Nel luglio del 2021 – dopo una parentesi positiva di venti partite a Washington – decide di provare con il basket europeo e si trasferisce in Russia alla corte dello Zenit San Pietroburgo, ma l'esperienza dura pochissimo: a settembre durante la Supercoppa nazionale si lesiona i legamenti della caviglia destra; successivamente l'attacco di Putin all'Ucraina che toglie le compagini russe da ogni competizione spinge Napier a chiedere la rescissione del contratto. Prima di firmare con l'EA7 Emporio Armani Milano stava giocando un'ottima stagione in G-League con i Capitanes de Ciudad de México mettendo a tabellino 22.3 punti, 4.6 assist, 2.3 rimbalzi e 2.0 recuperi tirando con il 46.4% da tre punti nelle dieci partite di regular season disputate.
Oltre ad essere il giocatore perfetto per il gameplan di coach Ettore Messina, un profilo del calibro di Shabazz Napier porta gente al palazzetto proprio per via del suo passato da esaltatore di folle. In una piazza esigente, ma che sa affezionarsi rapidamente ai nuovi innesti, il classe 1991 può diventare in poco tempo l'eroe leggendario in grado di trascinare squadra e tifosi verso una stagione di trionfi. L'incognita sulle condizioni fisiche sono dietro l'angolo più per una questione mentale del giocatore – in carriera non ha mai nascosto di aver paura di infortunarsi – che per veri e propri problemi a livello muscolare; tuttavia, il debutto in Eurolega e la conseguente doppia vittoria contro Baskonia e Stella Rossa al Forum hanno sciolto già alcune riserve circa lo stato di Napier. Il nativo di Roxbury è un playmaker con capacità innate di creare gioco per se stesso e per i compagni. Il suo arsenale offensivo è sempre stato di primo livello grazie alla capacità di costruirsi un tiro dal palleggio, crearsi vantaggio con una hesi-move o con un cambio di direzione che gli permetta di battere l'avversario e chiudere al ferro. Una delle sue armi migliori è il tiro da e oltre i 6.75 metri sempre convertito con percentuali elevate e capace di diventare il motivo con cui la sua squadra arriva alla vittoria. Se Shabazz si infiamma oltre l'arco può severamente spostare l'equilibrio di un'intera partita. Il nuovo playmaker dell'Olimpia Milano sa mettere in ritmo i propri compagni attraverso giocate intelligenti; inoltre non ha la propensione per i passaggi ad alto coefficiente di difficoltà e questo può ridurre le possibilità di turnover. Nonostante un fisico tutt'altro che strutturato, il due volte campione NCAA sa quando e come avventurarsi in area non andando a cercare il contatto con l'avversario ma cercando di batterlo in velocità oppure con tiri dalla media distanza. In difesa è più dedito alle hustle play, grazie alla più che discreta lettura nei movimenti del portatore e delle linee di gioco; tuttavia non lo vedremo mai avventurarsi in uno contro uno fisici poiché qualsiasi altro giocatore lo metterebbe in situazione di mismatch.