In una lunga intervista concessa a Francesco Gottardi su “Il Foglio”, Matt Brase ha parlato della sua filosofia del thinking outside the box, pensare fuori dagli schemi: “È per questo che la scorsa estate ho deciso di accettare la. chiamata di Varese. Anche se in Nba avevo un ottimo posto. £ppure sentivo il bisogno di un nuovo stimolo professionale, qualcosa in grado di farmi uscire da quella dorata comfort zone. Fosse stato anche dall'altra parte dell'oceano: tanto vi avrei portato il mio basket”.
Coach Brase non guarda molto alla classifica: “Quello che ripeto ai ragazzi è controllare ciò che è controllabile: più in là ci si spinge col pensiero, più è facile disattendere le aspettative”.
A Varese Luis Scola e Michael Arcieri gli hanno lasciato carta bianca: “L'impatto è stato senz'altro positivo, abbiamo trovato la quadratura di un certo tipo di basket. È un piacere allenare questi ragazzi e sono convinto che si divertano anche loro".
Che tipo di interpretazione dà del basket coach Brase? “Conoscere a fondo i giocatori e il gruppo di lavoro per massimizzare ciò che si ha a disposizione. Imparando i punti di forza e le debolezze di chi si manda in campo, che è la più grande sfida per un allenatore. Provenire dagli Stati Uniti non significa lavorare come tutti i miei colleghi americani: mi piace pensare che esistano varie metodologie collegate non al luogo d'origine, ma alle singole personalità”.
Brase individua un mentore in particolare per la sua crescita: “Chi si incontra sul cammino fa la differenza: io ho avuto la fortuna di imparare a lungo accanto a un coach come D'Antoni. È stata un'influenza determinante sulla mia carriera: per l'approccio al lavoro, le capacità gestionali, il processo di miglioramento quotidiano. E poi pranzi, viaggi, riunioni. Con Mike abbiamo parlato ore e ore ed è un bagaglio che cerco di trasmettere ogni giorno in spogliatoio”.
Questo ha portato ad una maturazione del suo basket: “Sento di essere diventato un allenatore di mentalità aperta. Cerco di adattarmi ai ragazzi che ho e di fidarmi di loro. Thinking outside the box, appunto: provare soluzioni sempre nuove. Non sopporto giocatori impauriti, rigidi come robot. Quello che chiedo è un basket libero e propositivo. Preferisco un errore nel tentativo di applicare i concetti preparati in allenamento, piuttosto che una giocata 'pigra'”.
Cos’ha sorpreso di più Brase di Masnago? “La passione. Sapevo dell'illustre storia di questo club, ma una cosa è guardare i video, un'altra l'esperienza diretta del palazzetto: questi tifosi hanno un entusiasmo incredibile, sono il nostro valore aggiunto ogni partita. È qualcosa che non mi potevo aspettare, un elemento comunitario trascinante”.
“Varese è uno splendido treno di cui far parte. Siamo nel mezzo del nostro percorso, dobbiamo continuare a focalizzarci sul presente”, conclude Brase