Tra i tanti eventi collaterali organizzati a Torino per le Frecciarossa Final Eight 2023 (al via domani con il primo match tra EA7 Emporio Armani Milano-Germani Brescia) nella giornata odierna spicca, alle ore 19, la proiezione al cinema Lux del docu-film “Un coach come padre, l'incredibile storia di Sandro Gamba”, evento che, per l’occasione, sarà nobilitato dalla presenza in sala proprio del leggendario ex tecnico dell’Olimpia Milano.
Costui, tra le personalità più eminenti del basket nostrano, conserva ancora oggi ricordi molto vividi della città di Torino, memorie rispolverate per l’occasione oggi dalle colonne di Tuttosport: “Ho bei ricordi, quando ho scelto di venire a Torino ad allenare, avevo offerte da 34 club, ma la città, la società mi fecero una buona impressione. Il manager Beppe De Stefano venne a casa mia, mi fece fare un progetto e presentò l'offerta. Dopo 48 ore, decisi. E dopo Torino andai in Nazionale. Qualcosa vorrà dire” ha dichiarato Gamba a Piero Guerrini su "Tuttosport".
Gamba continuerà ad osservare con partecipato interesse l’evoluzione della pallacanestro contemporanea e, con essa, quella di una figura a lui sempre cara: l’allenatore: “Il basket italiano è ben allenato. La categoria degli allenatori è migliorata molto, c'è grande preparazione, tutti parlano le lingue e sanno insegnare. Poi dipende dal materiale a disposizione. In Italia non bisogna smettere di cercare il materiale umano. Lo scouting in tutti gli sport di squadra è importante. Se smettiamo è la fine. In ogni club, deve esserci uno più uomini in grado di cercare e individuare futuri talenti. Quello che a Milano a Varese, con la Virtus abbiamo sempre fatto. Bisogna andarli a cercare e poi addestrarli".
“Sono stato allenatore e anche padre. Molti giocatori, anche i più diffidenti, dopo un po', venivano a chiedere consigli non tecnico tattici, ma sulla vita, la famiglia, il lavoro, l'università. Non devi essere solo allenatore per allenare, per vivere con i tuoi giocatori, per capirli, per metterli assieme. Se i giocatori si accorgono che sei interessato a loro si affezionano e ti danno retta. A capire questo mi ha aiutato l'esperienza da giocatore, lunghi anni anche in Nazionale, alle Olimpiadi”.
In queste occasioni Gamba, tra le altre cose, ha avuto anche modo di apprezzare ancor di più la scelta fatta agli albori della carriera, ovvero quella di assecondare e mettere prima di tutte le altre la passione per la palla a spicchi.
“Il gioco mi piace perché è molto rapido. Amavo anche il calcio e il ciclismo, però nel basket il ritmo è più alto che nel calcio, perché si gioca con le mani. Il ritmo mi anima. Chiamavo time-out a volte solo per chiedere di aumentare la velocità di gioco”.
Fuori dal campo, Gamba è appassionato di jazz: “Resto un melomane e ascolto ancora la mia raccolta di dischi, alcuni ancora di mio papà. Nel 1948 arrivarono a Milano i primi dischi jazz, io mi rifornivo in due grandi negozi. Poi quando andavo in Usa con il basket, era una scoperta continua. Mi sembrava incredibile cosa riusciva a fare al pianoforte Oscar Peterson. Le mie preferite erano le big band: Benny Goodman che venne a suonare anche a Milano, Stan Kenton. E Duke Ellington”.
Stasera però al Lux non sarà la musica ad essere sotto gli occhi riflettori ma lui e il documentario a lui dedicato: “È una bella memoria. Significa che si ricordano volentieri di me, che non ho combinato danni, porcherie. E ho vinto è bello che abbiano voluto raccontarlo” ha chiosato Gamba.