Intervistato da Elisa Chiari sulla “Famiglia Cristiana”, il coach dell’EA7 Emporio Armani Milano Ettore Messina ha parlato della sua “incredulità” appena conquistata la terza stella un paio di settimane fa: “Forse è un ossimoro: sei in finale e senti l’obiettivo lontano. Per tanti motivi: l’avversario che senti fisicamente più forte con una squadra profonda, la tua, che ha qualche acciacco di troppo, in una stagione in cui s’è faticato a trovare la quadratura, una serie playoff a 7 partite, molto equilibrato, in cui hai perso male la sesta arrivando 3-3. Sai che decidono i dettagli. Ho anche pensato di far vedere ai ragazzi l’incontro di Muhammad Alì e George Foreman, nel ’74, quando Alì prese botte resistendo per 8 riprese e poi vinse: era la metafora di quello che vivevamo. Nel momento in cui vinci alla “bella”, sei così stanco, con tante notti insonni alle spalle, che ci metti un po’ a renderti conto e a godertela”.
Il patron Giorgio Armani e il presidente del CdA Dell’Orco lo definiscono “un sanguigno genuino che chiede molto a sé e agli altri”: “Mi ha molto gratificato che abbiano riconosciuto che pretendo da me stesso prima di tutto. Questo forse un po’ può giustificare la mia piccola ossessione da allenatore: la tendenza a volere sempre le cose fatte al meglio. La mia grande fortuna è stata incontrare una marea di giocatori, più o meno grandi, che mi hanno accettato per come sono e dirigenti che mi hanno dato opportunità, quando io non me le sarei date”.
Messina ha poi raccontato il primo incontro avuto con Giorgio Armani: “Mi ha fatto venire da San Antonio per parlarmi. Ci siamo incontrati a casa sua con Leo Dell’Orco e la dottoressa Tadini. Molto bello. Anche bizzarro: ho passato due giorni a chiedermi come ci si veste per andare da Giorgio Armani. Ho scelto la giacca senza cravatta, se è inorridito non me l’ha fatto capire: abbiamo parlato al mattino, poi mi hanno chiesto una pausa. Ci siamo rivisti alle 17 e mi hanno proposto il contratto. Una delle più grandi soddisfazioni della mia carriera”.