Dopo esser stato uno dei protagonisti del successo della sua Givova Scafati contro la Generazione Vincente Napoli, Demetre Rivers si è sottoposto al nostro format delle 5 domande a...
Dopo quattro sconfitte consecutive, Scafati è stata abile nel tornare in carreggiata con la vittoria nel derby contro Napoli. Tu sei stato uno dei protagonisti principali, potresti dirci quanto è stata importante questa vittoria per te e per la squadra?
Questa vittoria è stata importantissima, perché appunto ne venivamo da una lunga striscia di sconfitte che non è mai qualcosa di piacevole. La cosa più importante però in questo arco di tempo è stata la nostra capacità di rimanere concentrati sull'obiettivo, di non perderci d'animo, allenarci e migliorarci giorno dopo giorno; non siamo mai entrati in campo a testa bassa, siamo sempre stati bravi a mantenere una mentalità positiva anche nei momenti difficili. Abbiamo lavorato davvero sodo tutta la settimana per ottenere questa vittoria, per ritornare ad avere una mentalità vincente, per mettere le cose sui binari giusti e soprattutto regalare ai tifosi una vittoria nel derby, perché sapevamo quanto ci tenessero.
La squadra adesso è in piena corsa per un posto alla prossima Frecciarossa Final Eight, il calendario dice Brindisi nella prossima giornata, ma anche due scontri molto complicati contro Trento e Tortona. Qual è l'obiettivo principale di Scafati ora che la fine del girone di andata si sta avvicinando?
Penso la cosa più importante sia di provare a vincere quante più partite possibili per provare a qualificarci alla coppa, però allo stesso tempo rimane fondamentale non guardare troppo in là con il calendario o con gli obiettivi stagionali. Dobbiamo pensare alla sfida con Brindisi e focalizzarci su quella, perché penso che attualmente sia la cosa più utile da fare; inoltre credo sia giusto pensare agli errori fatti nella partita contro Napoli per evitare di ripeterli, migliorare anche i dettagli più piccoli, cercare di pensare alla trasferta e quindi mantenere una mentalità vincente nonostante non ci sia tutta la nostra tifoseria. Non dobbiamo farci prendere dall'entusiasmo per essere tornati alla vittoria, perché il cammino è ancora molto lungo e serve pensare solo ad una partita per volta.
Hai viaggiato molto nella tua carriera e hai giocato in tanti paesi diversi dell'Europa, quest'anno sei arrivato in una città calda come Scafati. Qual è stata la tua miglior esperienza da giocatore professionista e qual è stata la tua prima impressione non appena sei giunto in questa città?
Ho davvero giocato in tanti Stati diversi, tanti campionati diversi e ognuna di queste è stata un'esperienza diversa, mi ha fatto conoscere culture diverse partendo dal cibo fino allo stile di gioco della pallacanestro passando per il clima atmosferico. È stato davvero tutto un insieme di varie esperienze che porto dentro di me e porto dietro con me. La mia prima impressione non appena sono arrivato a Scafati è stato capire subito il calore e il supporto che i tifosi danno a questa squadra. Penso che rispetto a tutte le altre esperienze vissute, Scafati sia per distacco quella dove mi sono sentito al centro dell'attenzione fin dal principio. Quando cammino per strada, la gente mi riconosce subito e non importa dove io sia o cosa io stia facendo, loro se mi vedono gridano il mio nome e mi salutano. Penso sia davvero la prima volta da quando gioco come professionista che ricevo questo tipo di attenzioni e che vivo questo tipo di interazioni con la città e i cittadini. Scafati è un posto in cui le persone ti fanno sentire a casa, tifano in maniera incredibile la loro squadra, vivono la pallacanestro con tanto sentimento e sono realmente dispiaciuti quando vedono che perdiamo una partita. Sono molto di supporto con noi, soprattuto quando vinciamo perché sono totalmente folli e su di giri per le vittorie che otteniamo al palazzetto [ride, ndr]. Ovviamente il tempo qui è bellissimo, il cibo poi non ne parliamo [ride, ndr] con tutta quella selezione di pasta e di pizza che avete qui in Italia e che c'è qui a Scafati [ride, ndr].
Il tuo giocatore preferito è Tracy McGrady con cui condividi altezza e ruolo, ma cosa lo ha reso speciale ai tuoi occhi? È stata la tua famiglia a spingerti a diventare il “nuovo” Tracy McGrady?
Tracy McGrady penso sia, oltre a Michael Jordan, l'unico giocatore che mi faceva uscire pazzo quando lo guardavo alla televisione. Quando l'ho visto per la prima volta, lì è stato il momento in cui mi sono innamorato della pallacanestro. Il mio primo vero amore come sport fu il football americano, non era nei miei piani giocare a basket. È stato mio padre a spingermi a sceglierlo come sport, perché lui stesso lo praticava; in realtà a me non piaceva granché, ma non appena vidi per la prima volta Tracy McGrady qualcosa cambiò. Lui è stato uno dei più spettacolari e atletici schiacciatori della storia, ma aveva uno skillset variegato: sapeva tirare da tre, sapeva prendersi tiri dal palleggio, sapeva prendersi tiri in post e sapeva fare tante altre giocate incredibili; lui era una guardia piuttosto alta ed essendo simili di statura ho idealizzato molto il mio gioco pensando al suo, infatti andavo nel cortile o al campetto cercando di imitarlo in ogni gesto possibile. Nella mia famiglia tutti quanti hanno sempre praticato sport: mio fratello maggiore ha giocato a basket, ma era molto più bravo nel football americano; mia sorella e mio papà hanno giocato e se la cavavano piuttosto bene; mia madre giocava anche, ma lei non era tanto portata per la pallacanestro [ride, ndr], però era una giocatrice talentuosa di softball.
“Never be satisfied of your performance” [“Non essere mai soddisfatto della tua prestazione”, ndr] è un tuo motto dai tempi del college. Cosa significa questa frase per te? Sei un giocatore che si allena, gioca a pallacanestro e basta o c'è un altro mondo fuori dal campo?
Questa frase voglio che sia uno sprono per me, come se ogni giorno mi volessi ripetere di non accontentarmi mai e di pensare sempre al prossimo step, migliorare e porre l'asticella più in alto. Può essere valido fuori dal campo, quindi nella vita di tutti i giorni, ma anche dentro il campo dove passo la maggior parte del mio tempo e una vittoria non deve farmi o farci perdere il focus sull'obiettivo. Fuori dal campo sicuramente c'è un altro “Meech”: ascolto tantissima musica, la ascolto tutti i giorni perché è una delle cose che preferisco, qualsiasi genere e qualsiasi artista; la musica è decisamente qualcosa di cui non posso fare a meno. Il mio talento nascosto è il disegno. Amo disegnare e amo dipingere nel mio tempo libero, però amo anche passare del tempo con la mia famiglia e giocare ai videogiochi per rilassarmi.