Sasha Dimitrijevic è un allenatore di basket. Quest’anno allena a Malta. Se Neno è un playmaker, da quest’anno all’Olimpia, da quest’anno in EuroLeague, il “merito” è suo. O forse di una famiglia macedone con una smisurata e contagiosa passione per il basket. “Che ricordi io, ho avuto sempre il pallone in mano – racconta Neno -. Anche mia madre giocava, mia sorella giocava, i miei zii. Praticamente siamo tutti coinvolti nel basket. Siamo una famiglia di cestisti. È stata una scelta molto facile per me, è stato amore a prima vista. Ho capito che sarei diventato un giocatore quando avevo 3 o 4 anni. Ricordo il primo allenamento con una squadra. Penso avessi cinque anni. Ero un bambino piccolo. Ad un camp a Zlatibor, in Serbia, penso di aver vinto tutti i trofei individuali, la gara di tiro. Sono stato un talento precoce”.
Tutta la carriera di Dimitrijevic è stata precoce. È nato con il pallone in mano, ha subito mostrato qualità, non ha mai avuto dubbi. Infatti, aveva 14 anni quando venne chiamato alla Joventut Badalona. In questo la sua storia ricalca quelle di Nikola Mirotic che da Podgorica andò a Madrid e di Leandro Bolmaro che da Bahia Blanca si trasferì a Barcellona. Decisioni difficili e coraggiose. Prese presto in nome della passione. “Ero con la nazionale macedone ad un torneo per Under 14. Badalona aveva i suoi allenatori, anche perché la stessa Spagna stava giocando in quella competizione. Un paio di loro coach mi hanno contattato e l’anno seguente invitato a giocare un torneo con la loro squadra. Sono andato, ho giocato bene, e mi hanno chiesto se volessi andare da loro. L’anno seguente mi sono trasferito. Avevo 14 anni”, dice. Nessun dubbio l’ha mai avvolto. “Lo rifarei altre cento volte. Ho avuto il sostegno di tanta gente, soprattutto della mia famiglia. I primi due anni soprattutto sono stati complessi, ma sono sopravvissuto, poi sono cresciuto e alla fine dico che è stata la miglior esperienza che potessi fare. Conservo solo grandi ricordi di Badalona”.
Il ricordo più vivo risale ad una partita di Eurocup del 2019 contro Nanterre, a Badalona. Sotto di uno, palla in mano, crossover, penetrazione ed estensione fino al ferro. Canestro della vittoria e fallo. Una prodezza. In quella partita, segnò 23 punti con cinque assist. Tra i suoi compagni di squadra c’era Nikos Zisis, uno dei suoi modelli. Fu la sua prima grande gara in Eurocup, nella sua stagione da rookie a livello internazionale. Ne ebbe altre: nelle Top 16, chiuse con 13.6 punti e 4.5 assist di media. La stagione però venne interrotta causa Covid. La stagione seguente la miglior partita la giocò contro Kazan, particolare da non dimenticare, altri 23 punti. Finì l’anno oltre i 13 di media. In estate cambiò squadra: venne acquistato da Valencia. Il momento migliore fu un floater contro Andorra con il quale diede la vittoria alla sua squadra. Ma la svolta della carriera non è avvenuta in Spagna ma in Russia.
“Fin dal primo momento in cui sono arrivato a Kazan, ho capito che sarebbe stata una grande opportunità, dal punto di vista cestistico, della carriera – dice Dimitrijevic -. Coach Perasovic mi ha dato la chance di essere il playmaker titolare, di essere il leader della squadra. Ho afferrato l’occasione. Credo che i risultati siano stati importanti sia per me che per la squadra visto che abbiamo vinto il titolo per la prima volta nella storia dell’Unics. Sono molto orgogliosi di quello che abbiamo fatto, abbiamo creato dei ricordi speciali per tutti, ho costruito rapporti che non cesseranno. Sono stati due anni memorabili”. Memorabili è la definizione giusta. A Kazan, Dimitrijevic ha vinto il trofeo di MVP dei playoff della VTB League e condotto la squadra ad un titolo storico.
In semifinale mentre il CSKA veniva eliminato dalla Lokomotiv Kuban, Kazan e San Pietroburgo, che era la squadra detentrice del titolo, si sono date battaglia in una serie indimenticabile. “Una semifinale folle, abbiamo giocato sette partite ed è stata decisa all’ultimo secondo – ricordo -. Abbiamo prevalso 4-3, è stata incredibile”. Infatti, va raccontata. Si giocava a Kazan. Lo Zenit era guidato in regia da un giocatore di grande mestiere e talento, Thomas Heurtel. I due registi hanno dato vita ad un duello indimenticabile. A tre minuti e mezzo dalla fine, lo Zenit era avanti di sei. Qui, Heurtel ha commesso fallo nel tentativo di arginare la penetrazione di Dimitrijevic. Dopo il 2/2, Heurtel ha ripristinato il più sei. Neno ha replicato con un floater, poi ha rubato palla in difesa guadagnandosi in contropiede altri due tiri liberi per il meno due. Quando Kazan è rientrata a meno uno, sempre Heurtel con un jumper dalla media ha scavato ancora tre punti di margine. Ma a 41 secondi dalla fine, sul più uno, ha sbagliato la tripla che sarebbe stata risolutiva. Dimitrijevic ha giocato in isolamento e segnato il sorpasso con uno step-back da sei metri. A meno 21 secondi, c’è stata la replica di Heurtel con la tripla del più due. Coach Perasovic ha chiamato time-out. Dimitrijevic ha giocato un altro isolamento e con un fade-away dalla media impattato la gara a cinque secondi dalla conclusione. Il finale ha poi visto lo Zenit di perdere palla e l’americano Vince Hunter dalla lunetta segnare il tiro della vittoria. Per Dimitrijevic ci sono stati 18 punti nell’ultimo quarto. “La finale con il Lokomotiv Luban che aveva eliminato il CSKA, l’abbiamo vinta 4-1 – ricorda Neno – ma ogni partita è stata una questione di un possesso. Ogni partita poteva andare in ogni direzione. Sono felice di aver conquistato quel titolo: quando vinci un titolo quella sensazione ti resta dentro per sempre”.
Lo scorso anno, Kazan ha vinto la stagione regolare ma non è riuscito a rivincere il titolo. Dimitrijevic però è stato nominato MVP. “Crescendo quello che ho cercato di ottenere è la continuità di rendimento, avere consistenza e stabilità per tutta la stagione. Non ho mai inseguito traguardi individuali, ma il trofeo di MVP della lega dimostra che sono stato consistente per tutto l’arco della regular season. Di questo sono orgoglioso”.
Nel frattempo, anche in Nazionale ha lasciato la propria impronta. Dopo aver guidato le nazionali giovanili da grande protagonista, dal 2021 è di fatto anche il leader della Nazionale maggiore. Con 24.5 punti per gara le ha permesso di superare le prequalifiche degli Europei 2025. Nelle due gare delle qualificazioni dello scorso inverno ha fatto ancora meglio salendo oltre i 28 punti per gara. Stabilendo il record carriera di 32 punti ha permesso alla Macedonia del Nord di battere la Polonia nel febbraio passato. “Giocare per la Nazionale è una sensazione speciale. Senti di difendere il tuo paese, la tua gente. Diventare il leader della Nazionale, avvertire questa responsabilità, è qualcosa che voglio davvero, è una posizione che ho sempre cercato di occupare. E adesso la speranza è di qualificarsi per gli Europei della prossima estate”.
Come giocatore si definisce creativo per cui non è una sorpresa che citi Teodosic tra i suoi modelli. “In realtà, ho sempre studiato i playmaker. Vassilis Spanoulis è uno, Nikos Zisis è un altro, ma se devo indicare il nome del mio giocatore preferito dico Milos Teodosic. Ammiro anche Chacho, ci sono tanti playmaker forti, ma Teodosic è sempre stato il mio preferito. In campo, anche io cerco di creare situazioni di vantaggio per me stesso e per i miei compagni. A prescindere dalla situazione, la mia qualità migliore è riuscire a trovare la soluzione migliore per aiutare la squadra. Voglio farmi sentire, voglio provare a essere un leader. Questa è la mia caratteristica più spiccata”.
Quando era a Valencia, la squadra giocava l’Eurocup. A Badalona, ha giocato l’Eurocup, a Kazan non era permesso di giocare le competizioni internazionali. Ma a Milano può coronare un sogno. “Sono molto felice di essere qui, onestamente. Seguo l’EuroLeague da quando avevo sette anni, ne conosco la storia, so chi ha vinto le Final Four, i protagonisti. Far parte di questa lega è come un sogno che si avvera. Non vedo l’ora di cominciare e di dimostrare quello che posso fare. Le prime settimane a Milano sono state eccezionali. Sto conoscendo le persone, chi lavora per il club, i compagni. Sono contento, vedo tanti bravi ragazzi, con i quali sarà un piacere dividere il campo e possibilmente avere una stagione vincente. Il Coach mi ha detto di essere me stesso, Dice che, se sono me stesso e resto sempre aggressivo, poi succederanno belle cose. Ed è quello che voglio fare”.