Di Massimo Oriani
"Mamma butta la pasta". "Per me numero uno". "A Chattanooga, Tennessee, dove il solo ti spacca in quattro". "Sputare sangue". Sono le frasi che tutti, non solo gli appassionati di basket, associano a Dan Peterson, per tutti, il Coach ("Anch'io in casa mi rivolgo così a lui. Quando lo chiamo Dan capisce d'aver fatto qualcosa di sbagliato..." racconta sua moglie Laura). Nella Sala Buzzati di via Solferino, sede del Corriere della Sera e fino a qualche anno fa anche della Gazzetta dello Sport, il Coach ha festeggiato il suo ingresso nella Hall of Fame della Fiba, la federazione internazionale di pallacanestro, ringraziando il padrone di casa, Urbano Cairo, per l'ospitalità.
A Singapore - La cerimonia ufficiale si era svolta il 14 settembre a Singapore, ma Peterson non aveva potuto essere presente. Così è stato deciso di organizzarne una seconda a Milano. A rendergli omaggio, suoi ex giocatori come Vittorio Gallinari, Renato Villalta e Marco Bonamico, guidati all'Olimpia Milano e alla Virtus Bologna. E ancora Toto Bulgheroni, storico presidente della Pallacanestro Varese, Boscia Tanjevic, grande amico ma avversario in panchina, Toni Cappellari, gm dell'Olimpia vincitutto allenata dal Coach. E ancora la sottosegretario allo Sport della Regione Lombardia Federica Picchi, il Console Usa Coordinatore dei Giochi Olimpici Milano-Cortina 2026 Sunil Ravi, il segretario generale della Fip Maurizio Bertea e - in rappresentanza della Fiba - Tj Bullock (senior managere della Fiba Foundation) e Zoran Radovic (senior director), che hanno poi consegnato il premio al Coach. Assente stragiustificato Dino Meneghin, fermato da una caduta che lo ha messo al tappeto nei giorni scorsi. In rappresentanza dell'Armani, il gm Christos Stavropoulos, che ha consegnato a Peterson una maglia da gioco personalizzata con il numero 24 a rappresentare l'anno del suo ingresso nella Hall of Fame.
VIDEOMESSAGGI - Oltre ai presenti, ad onorare la straordinaria carriera di Dan Peterson sono arrivati i videomessaggi di Bob McAdoo, Mike D'Antoni, Gigi Datome, Tom McMillen e Milenko Skoknic, allenato dal Coach nella nazionale cilena durante la sua esperienza in Sudamerica negli anni '70, prima di arrivare in Italia. Ma anche di personaggi extracestitsici, come Massimiliano Rosolino, olimpionico di nuoto ("Questa davvero non me l'aspettavo" ha detto Peterson). Il leit motif di tutti gli interventi è stato incentrato sull'aspetto motivazionale, l'arma in più di Peterson, oltre alla indubbia bravura tattica. Sentendo uno come McAdoo, mvp Nba nel 1975, oltre a due anelli e un titolo di capocannoniere, o come D'Antoni, dire che il Coach è stato quello che li ha resi ciò che sono poi diventati, non solo sul campo da basket, ha fatto venire la pelle d'oca a tutti. Ovviamente il Coach ha dovuto anche subire le battute dei suoi ex, dalla presunta (si è difeso lui) tirchieria, ai passaggi "scroccati" non avendo mai guidato. Ma più di ogni cosa è stata la riconoscenza di tutti quelli la cui vita è stata toccata dal Coach ad emergere prepotentemente. Al termine hanno cercato di strappargli una promessa: tutti di nuovo in Sala Buzzati per i suoi 90 anni. "Calma, prima devo arrivare a 89" ha frenato lui. Auguri Coach, nella Hall of Fame da oggi brilla una stella in più.