Intervistato da Mattia Zanardo su “Il Gazzettino – Treviso”, D’Angelo Harrison ha fatto il punto in vista della nuova stagione: “In queste 3-4 settimane ci siamo allenati molto intensamente, in particolare in quest'ultima. Il gruppo si sta consolidando, saremo ben preparati per la partita di domenica. L'obiettivo sono sempre i playoff, però dobbiamo cercare di concentrarci sul presente. Penso che il fatto di giocare il derby con Venezia alla prima giornata sia un test eccellente. Sarà una grande partita per entrambe le squadre, è una sfida con molta storia. Dobbiamo considerarla una partita decisiva per noi e il nostro focus deve essere solo su questa. Dopodiché, ci preoccuperemo del match successivo”.
Quale può essere la chiave della stagione di Treviso? "Restare uniti. So che può sembrare un luogo comune ma, nei momenti difficili, ci può essere la tentazione di mettersi in proprio, di risolvere la situazione singolarmente. Invece, dobbiamo fidarci gli uni degli altri. Stiamo costruendo una buona alchimia, dentro e fuori dal campo: qui non ci sono ragazzi egoisti, nessuno che cerca di mettersi in mostra. Tutti sanno che, se la squadra va bene, allora potrai raggiungere pure i tuoi obiettivi personali, anche in termini di carriera”.
Quest’anno Harrison vestirà anche i panni del capitano: “Sono professionista da 10 anni ormai. A parte la prima stagione, mi sono sempre sentito un leader in ogni squadra in cui ho giocato. Da sempre cerco di dare l'esempio, di arrivare per primo in palestra, di essere da guida per più giovani, perché mi interessa vincere. Ora, semplicemente, ho il "titolo" ufficiale, grazie alla fiducia dello staff".
Con coach Vitucci c’è poi un rapporto particolare: "Ricordo la prima volta che mi ha chiamato: stavo camminando con il mio cane a bordo piscina. E mi ha detto tutte le cose giuste. Certo, gli allenatori e i gm dicono sempre le cose giuste per convincerti a firmare per loro. Però quello che ha detto si è poi dimostrato vero, non erano solo parole al telefono. Al di fuori del basket, io e lui parliamo moltissimo, andiamo a pranzo o a cena insieme. È il mio "boss", ma anche un buon amico, con cui posso confrontarmi e di cui mi posso fidare”