Intervistato da Luca Chiabotti su “La Repubblica – Milano”, Leandro Bolmaro ha raccontato i suoi primi mesi all’Olimpia: “In squadra ognuno di noi prova a conoscere sempre meglio i compagni, lo stile di gioco, l'ambiente e questo è molto positivo. Ma all'Armani siamo otto giocatori nuovi e abbiamo certamente bisogno di tempo per trovare la chimica giusta, il ritmo, la capacità di adattarci ai momenti diversi delle partite assieme. In Eurolega non puoi avere pause, se non sei pronto, perdi contro tutti. Abbiamo la necessità di essere più consistenti, passiamo da buoni a cattivi momenti, dobbiamo costruire una base più solida dalla quale andare sempre più in alto, giorno dopo giorno. Per me vale lo stesso discorso: soffro di alti e bassi nella stessa partita, il mio obbiettivo è quello di essere più continuo e solido per me e per aiutare i miei compagni ad esserlo, diventare un leader in campo e fuori anche se sono ancora giovane e all'Olimpia ho giocatori molto più esperti di me. Sono fiducioso che ce la faremo”.
Bolmaro ha anche raccontato degli albori della sua passione per il basket: “Ho cominciato molto presto e, in Argentina, il contesto non era molto competitivo per chi voleva emergere nel basket. La scelta, per noi, era obbligata: l'Europa o il college. Ho scelto Barcellona e non è stato semplice, come molto complicati per me sono stati i due anni in America (solo 49 gare e 6' di media a partita tra Minnesota e Utah). Ma mentalmente sono cresciuto e maturato molto. Ho lasciato la famiglia per trovare la mia strada nel basket, che è la cosa che amo di più, essere me stesso e apprezzare la vita in altri continenti. Cercando di migliorare ogni giorno”.
Leandro è cresciuto nel mito della “Generaciòn Dorada”: “Pepe Sanchez mi ha fatto conoscere in Europa. Nikola Mirotic è un po' come se fosse mio zio: mi ha presentato alla prima squadra quando, giovanissimo, sono andato a Barcellona. All'Armani ci sono molti giocatori esperti, che sono già passati attraverso a momenti come quello che sto vivendo io. Ascolto gli insegnamenti, ho la mente aperta, più cose mi dicono, più imparo. Sono molto contento di essere in squadra con loro. Il coach parla molto con me prima e dopo le partite, lo staff mi segue, apprendo cose nuove soprattutto su quello che è necessario per essere un buon regista e un leader per la squadra”.