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Fabriano, i volti della crisi

La squadra riposa nell'ultimo turno e per i play off spera in risultati favorevoli

FABRIANO — Il pubblico che rimane polemicamente in silenzio all'inizio e fischia in modo fragoroso alla fine, la società che pensa di convocare un consiglio di amministrazione chiarificatrice a inizio settimana, l'allenatore che in sala stampa si rammarica di «polemiche e illazioni che hanno fatto molto male», i giocatori che in campo subiscono la mazzata della sesta sconfitta consecutiva. Quello dell'ultima gara di fase regolare persa al PalaIndesit con Roma, sembra il «quadretto» di una stagione da disfatta e invece la classifica è lì ad asserire il contrario. Salvezza raggiunta in larghissimo anticipo e perfino play-off a portata di mano per il Fabriano Banca Marche che domani sera, nel suo turno di riposo, consegnerà nelle affidabili mani della Kinder (in casa contro Biella) le ancora robuste speranze qualificazione al traguardo massimo dell'annata. Praticamente un paradosso… In realtà entrare nei play-off dalla porta di servizio per una neopromossa ci starebbe pure, ma il «guaio» è che in queste condizioni di ambiente (prima ancora che di risultati) lo storico traguardo perde gran parte del significato. Che fare, allora? Se davvero il campionato non finirà qui, forse è il caso che qualcuno intervenga come — colpevolmente — non lo ha fatto prima. Inutile girarci attorno e negare l'evidenza: dopo il malcontento di Monroe per la sostituzione a Udine, il gruppo ha accusato il colpo. Più della gestione spesso discussa di certe scelte (staffetta Thompson-Monroe nella seconda parte delle gare, Mclinton preferito a lungo a «Lasallino», panchinari insoddisfatti per un utilizzo a singhiozzo), stanno proprio qui gli eventuali errori del tecnico. Questo che è sempre stato un gruppo unito e vincente, ora è divenuto solo un insieme di singoli che in attacco guardano il canestro e non il compagno e in difesa si concentrano sul proprio uomo senza dare una mano agli altri. Ma lì finiscono le responsabilità del coach e iniziano quelle — ancor più pesanti — della società. Diciamola tutta: si doveva intervenire prima (leggi dopo Reggio Calabria) per andare a fondo, parlare con giocatori e tecnico, senza permettere che Lasi (facile stargli vicino quando si vince, eh?) venisse dato in pasto così platealmente alla contestazione. Le «mitiche» cene a raffica dello scorso anno (decisive per la promozione) sono scomparse, così come il «pugno di ferro» del presidente — minaccia di congelamento degli stipendi dopo lo stop interno con Livorno — si è esaurito troppo presto. Ma se la Kinder (almeno lei) non tradisce, forse la dirigenza ha ancora tempo per ricomporre i cocci. Stavolta, magari, con la forza del dialogo più che delle promesse di premi speciali.
Alessandro Di Marco
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