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Milano resta in prima classe

Imola k.o. in un epilogo thrilling. Ora un piano per convincere Messina

MILANO - Non è vero che si invade il campo solo per uno scudetto vinto. Lo si intasa, tagliando retine e cacciando canotte umide di sudore, anche per una salvezza conquistata, per un clima surreale che svapora a un amen dal dramma. Lo si invade perché è Milano a farcela: la città dei 25 scudetti viaggerà ancora in prima classe, nel basket. Imola, la coraggiosa Imola che l’ha impegnata grazie all’australiano Heal e all’ex Ambrassa, ha l’onore delle armi ma anche il foglio di via. L’Olimpia esce dalla «panic room» dopo aver scherzato con il fuoco: una volta è stata sotto di 8 punti (virtualmente «bruciato» il bonus dell’andata), due di 7, scarto ugualmente fatale perché avrebbe fatto scattare una differenza canestri sfavorevole. E tra il 37’ e il 40’ ha visto la Fillattice arrivare in due occasioni a »5, soglia tra la luce e le tenebre. L’Adecco ha perso il primo quarto, ha rimediato nel secondo e ha allungato nel terzo. Ma poi ha giocato alla roulette russa, strappata da Lou Bullock dal confine della follia eppure condannata a un epilogo drammatico: in parità, a quota 75. In un marasma pazzesco, tra falli e «liberi», i giocatori violentavano loro stessi, tentando più di sbagliare che di realizzare: l’Adecco cercava di sparigliarsi di uno, Imola voleva il supplementare. Non l’ha intuito Mordente, che a 30’’ dalla sirena non sapeva più che cosa fare; lo ignorava Bullock, convinto di dover colpire sempre dalla lunetta mentre Faina gli urlava di fallire una volta (risposta fideistica: «Se lo dici tu...»). L’ha infine capito Turner: «Coach, vanno bene due ‘‘air ball’’ (palle sulla retina, ndr )?». Dalla panchina: «È perfetto». 76-75 per l’Olimpia.
Il concetto di sport eccepisce, certo, ma queste sono le norme internazionali. Milano intanto si salva, però incassa l’assenza di Sergio Tacchini, un padrone incavolato ma che non sfugge, nell’occasione, al «cartellino giallo». Pippo Faina accetta invece con stoico fairplay l’ennesima razione di vergognosi insulti e consegna la squadra al futuro, sapendo di non appartenere al prossimo giro di valzer. A proposito, che cosa succederà? Se Tacchini non se la darà a gambe, se spunteranno altri tre partner, se Milano non farà «puf» come al solito, si varerà un progetto per convincere Ettore Messina a lasciare Bologna. Ripartire dal migliore: una buona idea, dopo l’incubo.
Flavio Vanetti
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