TRIESTE È una festa per tutta Trieste. Nel basket, che nonostante tutte le pecche è il secondo sport nazionale, la squadra della città può lottare per la conquista dello scudetto. La Coop è tra le magnifiche dodici che da martedì 7 maggio daranno vita all’entusiasmante lotta per la conquista del titolo. Non solo, vi arriva sul tappeto rosso attraverso la porta principale con un fantastico settimo posto che la piazza immediatamente alle spalle delle tre grandissime: Skipper, Benetton e Kinder, della squadra rivelazione: l’Oregon, e delle due principali oustider: Monte Paschi e Scavolini. Maric, Erdmann, Jones, Washinhgton, Mazique, Podestà e Casoli sono i magnifici sette che possono continuare a popolare i sogni di tutta la Trieste sportiva. In classifica, dopo la Coop, il diluvio, a cominciare da quella Wurth che giustamente le è finita alle spalle perchè è andata a perdere in modo netto l’ultimo match in casa proprio contro Varese che ora si prepara ad affrontare i biancorossi.
Dopo una cavalcata trionfale nelle prime diciassette partite, che negli ultimi sessant’anni non ha avuto uguali se si eccettuano il secondo posto del lontano campionato ’54-’55 e il periodo d’oro della Stefanel tra il ’92 e il ’94, la Coop ha perso qualche partita di troppo nel girone di ritorno, a esempio il match in casa con Fabriano e due delle trasferte più recenti, a Biella e proprio a Varese dove, dopo aver a lungo condotto, ha ceduto di schianto. L’impietoso, ma doveroso servizio qui sotto mette in rilievo proprio l’appena sufficiente condotta di gara del team di Pancotto nel girone di ritorno con sole cinque formazioni alle spalle dei biancorossi.
Le posizioni conquistate comunque sono state difese a denti stretti. La Coop, che non era mai salita sopra il sesto posto, seppur in un frangente a una sola vittoria di distanza dalla quarta fantasmagorica casella, è scivolata fino all’ottava piazza, ma poi, proprio nell’ultima gara, grazie alla vittoria strappata contro Roseto, ha riagganciato una prestigiosa settima posizione che, nel caso di superamento del primo turno dei play-off, dovrebbe garantirle un nuovo sbarco nelle Coppe europee.
Una prospettiva quest’ultima a cui forse i dirigenti triestini, dato il notevole esborso che una competizione europea comporta, guardano con timore. Un obiettivo però che, dopo l’ingresso nelle final-eight di Coppa Italia, il sesto posto al termine del girone d’andata, il settimo alla fine della regular season, il doppio successo nel derby regionale, diventa obbligato al pari dell’eliminazione della Metis e di un onorevole comportamento poi contro la Benetton, probabilmente la squadra più spettacolare d’Europa.
E la dimensione europea è quella a cui, per posizione geografica e tradizioni sportive, Trieste deve ambire. Ma qui si tocca anche un punto che comincia a farsi dolente. Dopo le cinque sconfitte di fila, tra l’ultima giornata d’andata e la quarta di ritorno, la Coop ha perso parecchie centinaia di spettatori. Tanto per fare un esempio proprio per il match d’andata contro la Metis, un giovedì sera in piene vacanze natalizie c’erano al PalaTrieste 4440 persone. Due giorni fa ce n’erano 3600, poche in un palazzetto da 7000 posti che per i play-off dovrà essere quasi riempito. Oggi nella sede di via dei Macelli 5 allo stadio Rocco parte la prevendita per gli abbonati. Fino a venerdì, orario continuato, dalle 9 alle 19.
A proposito dei match con Varese, all’andata la Coop vinse 90-84, al ritorno, quindici giorni fa, ha perso 94-87, sepolta sotto cinque bombe di Davolio. Ma l’erba Davolio cresce solo nel giardino di Beugnot?
Silvio Maranzana
Dopo una cavalcata trionfale nelle prime diciassette partite, che negli ultimi sessant’anni non ha avuto uguali se si eccettuano il secondo posto del lontano campionato ’54-’55 e il periodo d’oro della Stefanel tra il ’92 e il ’94, la Coop ha perso qualche partita di troppo nel girone di ritorno, a esempio il match in casa con Fabriano e due delle trasferte più recenti, a Biella e proprio a Varese dove, dopo aver a lungo condotto, ha ceduto di schianto. L’impietoso, ma doveroso servizio qui sotto mette in rilievo proprio l’appena sufficiente condotta di gara del team di Pancotto nel girone di ritorno con sole cinque formazioni alle spalle dei biancorossi.
Le posizioni conquistate comunque sono state difese a denti stretti. La Coop, che non era mai salita sopra il sesto posto, seppur in un frangente a una sola vittoria di distanza dalla quarta fantasmagorica casella, è scivolata fino all’ottava piazza, ma poi, proprio nell’ultima gara, grazie alla vittoria strappata contro Roseto, ha riagganciato una prestigiosa settima posizione che, nel caso di superamento del primo turno dei play-off, dovrebbe garantirle un nuovo sbarco nelle Coppe europee.
Una prospettiva quest’ultima a cui forse i dirigenti triestini, dato il notevole esborso che una competizione europea comporta, guardano con timore. Un obiettivo però che, dopo l’ingresso nelle final-eight di Coppa Italia, il sesto posto al termine del girone d’andata, il settimo alla fine della regular season, il doppio successo nel derby regionale, diventa obbligato al pari dell’eliminazione della Metis e di un onorevole comportamento poi contro la Benetton, probabilmente la squadra più spettacolare d’Europa.
E la dimensione europea è quella a cui, per posizione geografica e tradizioni sportive, Trieste deve ambire. Ma qui si tocca anche un punto che comincia a farsi dolente. Dopo le cinque sconfitte di fila, tra l’ultima giornata d’andata e la quarta di ritorno, la Coop ha perso parecchie centinaia di spettatori. Tanto per fare un esempio proprio per il match d’andata contro la Metis, un giovedì sera in piene vacanze natalizie c’erano al PalaTrieste 4440 persone. Due giorni fa ce n’erano 3600, poche in un palazzetto da 7000 posti che per i play-off dovrà essere quasi riempito. Oggi nella sede di via dei Macelli 5 allo stadio Rocco parte la prevendita per gli abbonati. Fino a venerdì, orario continuato, dalle 9 alle 19.
A proposito dei match con Varese, all’andata la Coop vinse 90-84, al ritorno, quindici giorni fa, ha perso 94-87, sepolta sotto cinque bombe di Davolio. Ma l’erba Davolio cresce solo nel giardino di Beugnot?
Silvio Maranzana
