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Madrigali, la Kinder, la Final Four

"Io e Messina avanti insieme ormai il temporale è passato"

L´OCCHIO ci va a cadere per forza, sulle quattro coppone allineate su una mensola dell´ufficio: anche perché la Foxy Cup sembra davvero il vaso dei gladioli. Dove ha giocato, fin qui, Madrigali ha vinto: pagata l´iscrizione, ha sempre tirato il primo premio. Da venerdì la sua Virtus giocherà a Casalecchio la quinta finale del quinto torneo in cui, in era Madrigali, è partita. Eppure, il re di coppe non ha mai goduto d´una così larga impopolarità. «Se leggo i giornali, probabilmente sì. Ma la popolarità non si compra, si merita. Vorrà dire che non l´ho meritata».
Non credo che Madrigali dica tutto quel che pensa; meglio, conosce bene il motto del bel tacer. Parla piano, non s´altera, respinge, riparte. Neppure il paradosso lo punge, perché è sì il presidente che ha speso più soldi nella Virtus («non dico quanti, ma non sono pentito»), comprando tanto e bene, ma a vituperarlo basta la data tragica che s´è iscritto da solo nel curriculum: 11 marzo, esonero di Messina. Il Migliore. Parlandoci per quasi due ore, citeremo il peccato originale, appunto, come l´11 marzo. Oppure: il temporale. «Sì, una bell´acqua forte, poi la nuvola è passata, ci siamo asciugati, cambiati la giacca e tutto era a posto. Devastazioni, dice lei? Non esageri, lo sport non devasta».
Allora, presidente, che se ne fa di tutta questa impopolarità?
«Ne faccio tesoro. Ho chiuso quel che è successo in un cofanetto, ogni tanto ci riguardo, servirà per il domani».
Colpo di spugna?
«No, certe cose non si cancellano. Ma neanche servono memorie da elefante. Cerco d´andar avanti come se l´episodio non fosse successo. Nei 15 mesi precedenti non avevo avuto tanta impopolarità. Poi, è vero che non mi spendo benissimo. Sono un orso, solo casa e azienda. Vedo poca gente, non vado per salotti. Qualcosa per la Virtus l´ho fatto. Almeno, gente contenta ne ho vista. I risultati sono lì: quelle coppe e pure un bel clima in squadra. Di sei acquisti il primo anno e due quest´anno (Becirovic, cui allungheremo il contratto a 6 anni, e Granger), abbiamo sbagliato solo Jestratijevic. Pure su Granger abbiamo aspettative, e non l´ho preso certo per dare contentini in giro. Può servirci subito e può essere un investimento. Il suo contratto prevede ogni tipo di soluzione».
Tutto bene, ma lei resta l´uomo nero.
«Nero o bianco, si va a momenti. Nella vita, nel lavoro, nello sport. In tutte le aziende càpita di prendere decisioni coraggiose e impopolari».
In azienda, aveva mai licenziato un numero uno?
«Sì, fu doloroso, ma dopo 5 anni quel numero uno mi disse: aveva ragione lei. Però la Virtus non è un´azienda come le altre».
Appunto.
«L´opinione pubblica ha più peso e la contestazione al palasport, peraltro sacrosanta, seguì il filo e il clima di quel che si diceva e scriveva in quei giorni».
La domanda è la stessa di 45 giorni fa: perché licenziare Messina?
«Intanto non l´avevo licenziato, gli avevo offerto un altro incarico».
No, scusi. C´è una specificità unica del ruolo dell´allenatore. E con Messina anche di più. E´ un´opinione, ovvio.
«Anche la mia lo è, e concordo che Messina sia nella Virtus più che un allenatore. Ma non vedo questa unicità. L´altra opinione che gira è che lui sia un numero uno. Vero. Ma fior di aziende hanno lasciato a casa dirigenti numero uno. Può succedere, se si ritiene che ci siano buoni motivi. Comunque, non si può pensare che non agii in buonafede. Non sono così masochista da far del male apposta a un mio bene».
Dunque, perché?
«Un po´ per volta, i motivi sono affiorati. Non vedevo il clima giusto nella squadra. C´era pressione, nello stesso Ettore. Vincere va bene, morire per vincere no. L´anno prima s´era vinto giocando e divertendosi, lì non era più così. Torni a Kaunas, per favore. Messina rientra e mi dice che la squadra non lo segue più. Se volevo mollarlo, lo facevo allora, contento lui e un bel sospirone io. Insistetti perché restasse».
E due mesi dopo?
«Due mesi dopo quel clima s´era aggravato. E si rifletteva sul campo. Ora ne siamo usciti, vedo lo stesso Ettore più rilassato».
Il dietrofront come nacque? Errore riconosciuto, calcolo, paura, anche fisica?
«Levi subito la paura. Sennò neppure andavo al palazzo, quella sera. Giro con gente che mi protegge, certo, ma non sono l´unico: è una precauzione per evitare situazioni incresciose. E neanche le mie donne hanno avuto paura, nè m´hanno spinto a trarre conclusioni da quei fatti. Le lasciai in sala vip, m´aspettavo cori e insulti. Dissi loro: venite solo quando tutto s´è placato. Invece mi raggiunsero per starmi vicino. Ora però domando io: io e la mia famiglia abbiamo fatto del male a qualcuno?».
E allora: fece un calcolo, riconobbe l´errore?
«Calcolo no: un piano così non lo pensava neanche Diabolik. Errore? Ho sbagliato, non l´ho detto. I motivi dell´esonero li avevo avuti e non cambiavano. Ma ho riflettuto proprio insieme a Messina e concordammo che tutta la pressione era passata su di me liberando gli altri. Si poteva tornare a lavorare bene. I risultati, e soprattutto il clima ristabilito, mi stanno dando ragione. Guardi le partite».
Qualcuno che le ha detto: presidente, ha fatto bene.
«Non rispondo. Qualcuno m´ha detto: l´ho contestata, ma tenga duro. Pochi. Messina ha avuto un´unanimità. Meritata».
Perdoni, ma resto scettico su una futura convivenza Messina-Madrigali.
«E perché?».
Troppi traumi.
«Bisogna vedere se i traumi portano alle disfatte o agli obiettivi».
Più diretta: sarete insieme nella prossima Virtus?
«Potrei dirle che c´è un contratto, ma c´era anche per Abbio e la gente scontenta non puoi tenerla a forza. Con Ettore stiamo progettando insieme la prossima Virtus. Prenda Granger. Ci siamo confrontati, lui era perplesso, poi ha dato l´okay. Con Messina il rapporto è ottimo, nessuno dei due è arrabbiato».
La prossima Virtus, già. Ne vanno via circa metà.
«Stop, prima di una Final Four non ne parlerei, tanto più che i contratti sono noti. Farei invece un discorso generale. Non darò più Nba escape che scadono a luglio, come per Jaric e Ginobili. Fare la squadra a quell´epoca è dura, mentre se uno ti dice ad aprile se va o resta, ti regoli. Il basket accetta questi usi. E perché? Il giocatore prende tutti i soldi e all´ultimo ti fa sapere? Mah, ero un neofita».
Da neofita ha fatto cose di cui s´è pentito?
«Sono più le cose che non ho fatto, e che ora farei, non lasciando più correre. In generale, da neofita, ho notato un doppio atteggiamento. Un comportamento in pubblico in cui tutti sono signorili e corretti, e uno in privato in cui volano colpi bassi. L´ho imparato, poi credo ci sia una sola linea e non mi metterò alla mia età a tirar coltellate sotto il tavolo».
Presidente Madrigali, dall´11 marzo a oggi, ha avuto offerte concrete per cedere la Virtus?
«Concrete, no. Né subito, quando se si pensa che la contestazione m´avesse indebolito, replico solo che, attaccato, so diventare feroce. Né ultimamente. Per offerta intendo uno che si fa vivo di persona o telefona e dice: vorrei la Virtus, offro tot. Ecco, quella frase non l´ho sentita. Qualcuno m´ha detto che sarebbe pronta una cordata. Non l´ho vista e alle cordate non credo. Vanno bene in montagna: s´arriva in cima, si pianta la bandiera e si torna giù. Qui invece ci sono bandierine da piantare tutti i giorni. La cordata acclama il leader quando tutto va bene e lo scarica appena va male».
E´ in attesa di proposte?
«Mi auguro che nessuno venga a chiedermi la Virtus. Mi piace andare avanti, e i bilanci si leggono all´ultima riga, quando gli episodi di prima non contano più».
Walter Fuochi
Fonte: La Repubblica
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