A tre giorni dalla sconfitta nello «spareggio» con Milano non è facile commentare la retrocessione dell' Andrea Costa. Ed è ancora peggio se ci voltiamo indietro e ripensiamo a sette mesi di errori, sconfitte e nefandezze varie.
Qualcuno molto vicino alla squadra ha detto che, se all'inizio non ci fosse stata una formazione (la Viola), che perdeva sempre, certi correttivi sarebbe stati presi prima. Vero. Ma non basta. Di posti per scendere in Legadue ce n'era uno solo e bisognava evitarlo, anche perché il livello delle avversarie non era eccelso tutt'altro.
C'è chi ha detto che i problemi di Imola siano la conseguenza dei disastri della stagione 2000/1, dove si era partiti per fare il grande salto di qualità, spendendo tantissimo, e poi si rischiò fino all'ultima giornata. Vero anche questo. Ma non basta.
E allora, direte voi, questi benedetti motivi quali sono? Credetemi non è semplice elencarli tutti. Che la squadra fosse sbagliata in partenza si era capito (in parte lo avevamo anche detto), mentre ci è voluto un po' di tempo (troppo) per capire che anche l'allenatore non era quello giusto. Ecco, forse, per il dopo Vitucci ci voleva ben altro che un giovane promettente, ma un po' troppo presuntuoso e inesperto. Ma ancora non basta. La realtà è che mai come quest'anno le incertezze e la mancanza di tempismo della società hanno pesato. E lentamente ci si è infilati in un tunnel dal quale si poteva uscire solo con un miracolo che, purtroppo, non è arrivato. Ma la Fillattice sabato ci ha provato, ha giocato con coraggio, lottando fino al suono della sirena, come ci aveva promesso Andrea Mazzon che alla fine era davvero a pezzi per non essere riuscito a salvare Imola e l'Andrea Costa. A proposito del coach veneziano, ci dispiace che non sia arrivato dall'inizio, perché ereditare i danni della gestione Finelli (la squadra fisicamente era a zero...) non è stato facile. Forse Mazzon avrebbe dovuto cambiare qualcosa subito, ma non sapendo esattamente quanta libertà di manovra aveva è inutile perdersi in questi discorsi.
E adesso? La società resterà in silenzio fino al 7 maggio, il giorno in cui il consiglio dovrà ridisegnare il futuro dell'Andrea Costa, partendo dalle dimissioni del presidente Gian Piero Domenicali. Da lì si potrà comprendere che Legadue vedremo l'anno prossimo. Certo che non sarà facile riabituarsi alla vecchia A2, dopo aver assaporato per quattro anni l'elite della pallacanestro italiana: passare dalla Kinder a Ragusa sarà un po' come girare in Golf dopo aver sfrecciato al volante di una Ferrari. Ma a tutto ci si abitua e non sarà la fine del mondo, e poi c'è ancora un barlume di speranza che la serie A possa tornare dalla porta secondaria, il ripescaggio. Anche se per ora è meglio non farsi illusioni: ce ne siamo già fatte troppo durante questi mesi.
Federico Boschi
Qualcuno molto vicino alla squadra ha detto che, se all'inizio non ci fosse stata una formazione (la Viola), che perdeva sempre, certi correttivi sarebbe stati presi prima. Vero. Ma non basta. Di posti per scendere in Legadue ce n'era uno solo e bisognava evitarlo, anche perché il livello delle avversarie non era eccelso tutt'altro.
C'è chi ha detto che i problemi di Imola siano la conseguenza dei disastri della stagione 2000/1, dove si era partiti per fare il grande salto di qualità, spendendo tantissimo, e poi si rischiò fino all'ultima giornata. Vero anche questo. Ma non basta.
E allora, direte voi, questi benedetti motivi quali sono? Credetemi non è semplice elencarli tutti. Che la squadra fosse sbagliata in partenza si era capito (in parte lo avevamo anche detto), mentre ci è voluto un po' di tempo (troppo) per capire che anche l'allenatore non era quello giusto. Ecco, forse, per il dopo Vitucci ci voleva ben altro che un giovane promettente, ma un po' troppo presuntuoso e inesperto. Ma ancora non basta. La realtà è che mai come quest'anno le incertezze e la mancanza di tempismo della società hanno pesato. E lentamente ci si è infilati in un tunnel dal quale si poteva uscire solo con un miracolo che, purtroppo, non è arrivato. Ma la Fillattice sabato ci ha provato, ha giocato con coraggio, lottando fino al suono della sirena, come ci aveva promesso Andrea Mazzon che alla fine era davvero a pezzi per non essere riuscito a salvare Imola e l'Andrea Costa. A proposito del coach veneziano, ci dispiace che non sia arrivato dall'inizio, perché ereditare i danni della gestione Finelli (la squadra fisicamente era a zero...) non è stato facile. Forse Mazzon avrebbe dovuto cambiare qualcosa subito, ma non sapendo esattamente quanta libertà di manovra aveva è inutile perdersi in questi discorsi.
E adesso? La società resterà in silenzio fino al 7 maggio, il giorno in cui il consiglio dovrà ridisegnare il futuro dell'Andrea Costa, partendo dalle dimissioni del presidente Gian Piero Domenicali. Da lì si potrà comprendere che Legadue vedremo l'anno prossimo. Certo che non sarà facile riabituarsi alla vecchia A2, dopo aver assaporato per quattro anni l'elite della pallacanestro italiana: passare dalla Kinder a Ragusa sarà un po' come girare in Golf dopo aver sfrecciato al volante di una Ferrari. Ma a tutto ci si abitua e non sarà la fine del mondo, e poi c'è ancora un barlume di speranza che la serie A possa tornare dalla porta secondaria, il ripescaggio. Anche se per ora è meglio non farsi illusioni: ce ne siamo già fatte troppo durante questi mesi.
Federico Boschi
Fonte: Il Resto del Carlino