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Domani sera Kinder-Panathinaikos

Sulla strada delle V nere c'è l'erede di Danilovic

SENZA cedere all´ansia di una partita che scivolava su un piano inclinato, saponosa come si fosse a Giochi senza Frontiere, aggredendola con energia fisica e cervello, perché il gioco che nasce dai play e arriva ai pivot, materiali vincitori, è gioco che si fa in cinque e non per caso, la Virtus sfata il tabù Benetton (tre vittorie su tre nella stagione), le toglie il derby più importante e va a sfidare adesso la cabala cattiva delle Final Four. Racconta questa che, usciti dalla sfida fratricida, si va poi al massacro in finale. Intanto, ci si va, in finale. Contro i greci del Panathinaikos, che hanno pure celebrato, in povertà più francescana rispetto ai cicaloni del Maccabi, la loro vittoria sparagnina, intessuta di rigore tattico e illuminata nel momento di svolta dal genio assoluto di Bodiroga. Uno che, quando è entrato lo Zar Danilovic, e il palasport l´ha evocato con l´urlo più possente, e gli antichi cori, ne ha quasi tratto un´ispirazione sovrannaturale: Dejan il magnifico aveva segnato 5 punti, fin lì, è arrivato a 26. Se c´è uno, di pura razza serba, che somiglia a Sasha, questi è Bodiroga: la Kinder lo incontrerà domani sera, e saranno cavoli da cucinare.
Ieri sera, però, la Virtus è uscita con slancio e fede dalla trappola di una Benetton che pareva, in avvio, irresistibile. Treviso era leggera e segnava da ogni dove, viaggiava in media per farne duecento, che sono irreali, però erano tanti, poi è stata catturata nelle solite rete ed è parsa, alla fine, molto più resistibile, soprattutto nei grandi vecchi, Nicola e Pittis, visti poco o mai. Messina ha attraversato un lungo deserto, senza vederci un´oasi, ma nemmeno una palma. Con Jaric che dirigeva e trapanava, con Ginobili che cadeva nei falli (e tirava un solo libero, mah), ma era pericoloso, Messina ha cercato a lungo un terzo esterno che non appariva mai, per averne un triangolo forte, da opporre agli splendenti Edney-Nachbar-Bell. Rigaudeau, sbattuto come un tappeto inizialmente da Bell, era quasi choccato da quella ventata impetuosa di classe e di fisico. Becirovic, che prendeva iniziative, le completava con ricami pretenziosi e nocivi. Granger pagava tutto in una volta il debito a un salto di categoria impietoso, facendo le cose migliori quando non osava nulla. Insomma, il triangolo non s´è chiuso, Ginobili non lampeggiava mai e allora è saltato fuori l´appoggio incondizionato ai pivot: Griffith, bello subito e decisivo alla fine, malgrado lo cacciassero per fargli tirare liberi (5 errori filati, Messina l´ha tolto per pericolo di crollo), Andersen sveglio e devastante, Frosini che mai ha lasciato armare i mortai Nicola e Garbajosa. Vittoriona gonfia e bella, e se soffrire ripaga ancor più bella. Domani la finale. Dure entrambe allo stesso modo, le semi. Dentro quella sfera non si legge.
Walter Fuochi
Fonte: La Repubblica
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