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Provaci ancora, Ettore

«Conterà molto l’approccio mentale. E la difesa su Bodiroga»

La sfida tra Ettore Messina e Zelimir Obradovic inizia sul filo dell’ironia. «Partiamo sfavoriti - commenta il tecnico del Panathinaikos - Se andiamo in piazza Maggiore e chiediamo a cento persone chi vincerà, in cento risponderanno Virtus». Messina dissente. «Io ne ho incontrate due vestite di verde e mi hanno detto che vince il Panathinaikos». Obradovic: «Vestite di verde? Erano della Benetton».
Comincia così, tra i sorrisi, la vigilia dell’atto finale. Due titoli alle spalle per Messina, quattro per Obradovic: uomini che hanno segnato questo decennio. Pur facendosi, dice Ettore, la nomea di tecnici poco fantasiosi.
«O comunque rigidi. Se io ho avuto una considerazione positiva per essere riuscito a modificare la squadra grazie ai giocatori che ho, a lui ho visto fare cose, quest’anno, che non erano nel suo repertorio. Lui era molto conservatore, anche dal punto di vista difensivo. E se uno che ha vinto tanto si rimette in discussione fa una gran bella cosa. Cambiare non è mai facile, se hai avuto successo con una formula. Quando hai vinto tanto ti viene la sindrome di dover confermare sempre ciò che hai fatto, e questo ti spinge a essere conservativo. Riuscire a smuoversi da questa situazione secondo me é positivo».
La Kinder resta comunque più bella da vedere, rispetto al Panathinaikos.
«Io penso che ieri abbiamo giocato una partita con la Benetton molto bella, piena di pathos e a tratti davvero spettacolare. Speriamo di continuare a giocare così, anche se non significa vincere sempre».
Messina e Obradovic hanno eliminato D’Antoni e Blatt, la scuola americana. Il trionfo della filosofia europea.
«L’ossatura delle nostre squadre è fatta di giocatori europei. È normale che col successo crescente della Nba ci si ispiri a quel basket, ma è anche vero che la Nba ha preso molto dall’Europa: ha introdotto la zona, ha inserito campioni di qui, ora sembra anche che Ivkovic possa diventare il primo allenatore europeo negli States. Il basket europeo ha ancora radici forti».
Istruzioni per affrontare i greci.
«Ci presenteranno un problema tattico completamente diverso rispetto alla Benetton. Treviso è una squadra che attacca e prende il primo tiro buono. Questi vanno alla ricerca del miglior tiro possibile, e ti tengono in difesa 22-23 secondi. Con loro hai la necessità di difendere bene e di convertire il contropiede senza foga, per non fare il loro gioco. Saranno partite simili a quelle che abbiamo giocato con l’Efes. Poi ci sono i duelli individuali, che in questi casi contano tantissimo».
Contano gli uomini. Gente come Bodiroga.
«Un giocatore che ammiro, ha una grande personalità e sa mantenere la calma. In campo è un gentleman, sempre. Ha una grande fiducia nei suoi mezzi e la trasmette ai compagni. Sarà il pericolo pubblico numero uno».
Idee su come marcarlo?
«Abbiamo alcuni giocatori che possono farlo. Ma se lo marca uno piccolo e meno potente lui va sotto canestro, se lo marca uno più lento lo attacca uno contro uno. Non ho ancora deciso, di sicuro non lo marcherà un solo giocatore».
Finale inattesa, dice Messina. Perché ci arrivano due squadre tormentate durante la stagione?
«Anche per l’entusiasmo con cui erano arrivate qui Maccabi e Benetton. Il Pana si è dovuto reinventare una partita dal punto di vista tattico, senza Johnson. Noi abbiamo momenti in cui dimentichiamo Griffith e Andersen, perché per tre mesi abbiamo giocato, e bene, con un assetto diverso, più perimetrale. Con la Benetton siamo stati bravi a riappoggiare il gioco sotto canestro nel momento più delicato».
A Monaco il derby in semifinale costò parecchio.
«Ma in finale quella Virtus recuperò una quindicina di punti nell’ultimo quarto, a dimostrazione che le gambe non c’entravano. Lì ci fu un appagamento per aver conquistato la finale, e lo pagammo più del logorio di giocatori importanti come Danilovic e Rigaudeau. Ecco perché credo che conterà l’aspetto mentale prima ancora che quello fisico. Per tutti, perché anche Zelimir e i suoi giocatori ieri hanno giocato senza poter pensare alla finale. La nostra vita poteva finire contro la Benetton o proseguire dopo la Benetton, per loro era lo stesso contro il Maccabi. Abbiamo entrambi il problema di recuperare energie nervose e preparare al meglio la partita. Non sarà facile».
Le finali della Virtus di Messina. Similitudini, differenze?
«Sono una diversa dall’altra. A Barcellona siamo andati convinti di essere favoriti. Il Partizan lo avevamo battuto nettamente nella stagione regolare, e ci sentivamo superiori all’Aek. I giocatori si erano portati i sigari e i coloranti per tingersi i capelli, per dire quanto nemmeno la scaramanzia avesse valore in quel caso. A Monaco arrivammo convinti che quello fosse già un grande risultato, giocando tante partite senza Danilovic, e la semifinale con la Fortitudo prosciugò le energie di entrambe le squadre. Questa è ancora diversa. All’inizio c’erano quattro squadre conscie che tutto sarebbe potuto succedere».
Venerdì si diceva che l’ostacolo più alto era la semifinale con la Benetton.
«Ce lo siamo detti anche noi, prima di andare in campo. Ma ora il Panathinaikos è un ostacolo altissimo».
Marco Tarozzi
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